Buona parte dell’attesa era per lui, Massimo Bottura, uno degli chef impegnati nella cena organizzata da Identità Golose e Eataly per celebrare la biodiversità italiana di fronte ai rappresentanti degli altri continenti, dopo Nord America e Asia ieri sera è toccato all’Africa, mentre a fine ottobre sarà la volta del Sud America.
Come sempre ci si è ritrovati nei locali al primo piano di Eataly a Expo per celebrare l’incontro perfetto tra il Belpaese e il mondo, ospiti tanti rappresentanti del continente nero, ma anche il commissario Expo Giuseppe Sala.
In cucina, appunto, quattro maestri che hanno interpretato al meglio l’abbraccio tra le due culture:
Bottura ha presentato
Fratello cous cous, ossia la specialità classica nordafricana che incontra tante eccellenze italiane risalendo la Penisola. «E’ un piatto che mi è venuto benissimo: il cous cous arriva dall’Africa all’Italia e man mano si arricchisce di spezie e sapori, dunque capperi di Pantelleria, bergamotto di Calabria, mandorle di Noto, limoni di Sorrento, su su fino alle nocciole delle Langhe». Un abbraccio che diventa in bocca un’esplosione aromatica.
Prima di lui la congolese Victoire Gouloubi, ormai da molti anni in Italia, ha puntato su un antipasto, Mackerel’s mabele. Il pesce azzurro è molto diffuso in Africa, così come nel nostro Mediterraneo, ecco quindi lo sgombro marinato con agrumi e radici (zenzero, vaniglia, l’introvabile radice di papaya…), accompagnato nel piatto da una polpetta di platano in crosta di cocco e da spuma di burrata e burro d’arachidi.

Paolo Marchi con Giorgio Nava
Poi è stata la volta dell’italiano
Giorgio Nava, ormai in Sudafrica da quasi 15 anni e che proprio nei giorni scorsi ha inaugurato là il suo quinto ristorante. Tre si chiamano
Carne, tutti nella zona di Cape Town, e si avvalgono degli allevamenti che proprio
Nava ha creato, incrociando pure bovini di razza romagnola con capi autoctoni. Ieri ha però presentato un
Agnello del Capo che incontra gli aromi italiani: scarola saltata, pinoli, uvetta e un
katsuobushi dello stesso agnello, fatto marinare per una quindicina di giorni e poi affumicato per altri 3 o 4. Il tutto, accompagnato da un medaglione di polentina bianca: «In Sudafrica non usano la polenta gialla, il nostro mais lo danno al bestiame. Tanti anni fa non lo sapevo, avevo ospite
Nelson Mandela e gli servii una polenta gialla: sconcerto dell’entourage, poi lui sorrise e si mise a mangiare tranquillamente, seguito da tutti gli altri», ricorda lo chef sorridendo.

I bellissimi piatti di Victoire Gouloubi e Giorgio Nava
Infine spazio al pasticcere
Luca Montersino, che ha firmato un ottimo
Soft banana bisquit in African fruits and spices sauce, ossia un tortino speziato con anice stellato, vaniglia di Madagascar e altro, farcito di crema di banana su guazzetto di frutta esotica (mango, ananas, banana).
Durante la cena, gli interventi dei padroni di casa Paolo Marchi e Oscar Farinetti, che ha sottolineato il ruolo dell’Africa nella storia: «L’uomo è nato da voi – ha spiegato rivolgendosi ai rappresentanti del continente – Anche l’uso del fuoco è iniziato in Africa: è stata la più grande scoperta, insieme a una più recente, ossia internet».