09-08-2015
Il "campo verticale" è certo la maggiore attrazione del padiglione d'Israele a Expo 2015: riso, frumento e mais coltivati grazie all'irrigazione a goccia, con risparmio di spazio, acqua ed energia
“Nutrire il pianeta” è il focus di Expo 2015. Un padiglione sviluppa il tema raccontando la storia di un Paese lungo circa 470 chilometri – poco più di quanti ne corrono tra Milano e Ancona – e largo 135 km nel punto più ampio, con un territorio in gran parte desertico: poche aree coltivabili e pochissima acqua. Nonostante tutto ciò e le turbolenze ben note (con le tante conseguenti contraddizioni, nelle quali questo non è certo il luogo per addentrarci), tale Paese è riuscito a trasformare in meno di 70 anni il terreno arido in un fiorente giardino, che dona splendide frutta e verdura. Ecco: Israele si presenta a Expo raccontando sé stesso come case history e modello possibile di agricoltura avanzata e sostenibile.
Il “miracolo israeliano” è riuscito grazie alla caparbietà, certo; ma quest’ultima non sarebbe certo bastata se non fosse stata affiancata dall’introduzione continua di metodi innovativi per la coltivazione: «Il padiglione d’Israele a Expo Milano 2015 è un granaio della conoscenza che intendiamo condividere con le nazioni del mondo; è un tributo a quelle donne e quegli uomini che quotidianamente operano questo miracolo», ci raccontano.
Il padiglione israeliano all'imbrunire
Tutta la struttura è a impatto zero e sarà riciclata al termine dell’esposizione. Racconta in altre parole una delle grandi trovate israeliane in campo agricolo, quell’irrigazione a goccia che, insieme alla desalinizzazione delle acque (o l’irrigazione con acqua salata, per determinate colture) e il loro riciclo, è riuscita a rendere coltivabile ciò che prima era solo sabbia.
E che coltivazioni! Quelle di pomodori ciliegini, che in Italia sono anche un’Igp made in Pachino: sconosciuto fino a tutti gli anni Ottanta, l'ortaggio non appartiene però all'agricoltura tradizionale siciliana, essendo una varietà introdotta nel 1989 dalla multinazionale israeliana HaZera Genetics. O, ancora, il super-frumento, una “invenzione” datata 2010 di un’équipe d’agronomi del Volcani Institute, il centro sperimentale del ministero dell’Agricoltura di Tel Aviv. E poi, ancora: fragole (ne è stata ottenuta una tipologia che cresce tutto l’anno), olive, mille spezie diverse…
I pomodori "ciliegini" sono un'invenzione dei ricercatori israeliani
E proprio “Fields of Tomorrow” si intitola il padiglione. Vi si narra quanto abbiamo appena detto, ma non solo: si parla dei programmi computerizzati per la produzione lattiero-casearia, che Israele vende alla Cina; o della rete di controllo satellitare a distanza che va forte in Australia, monitora ogni tipo di coltivazione e scova se vi è qualche falla sistema d’irrigazione, e dove, magari a centinaia di chilometri di distanza.
Un particolare del "campo verticale"
Gli israeliani sono 8,3 milioni, lo 0,0015% della popolazione mondiale: eppure esprimono il desiderio di condividere col mondo le loro conoscenze innovative, in grado di sostenere lo sviluppo del pianeta. “Feeding creativity”, la chiamano. Creatività per la vita.
Linea diretta con l'Esposizione Universale 2015
di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera