"Come sarà il supermercato del futuro?" Sembra essere questa la domanda a cui Coop ha cercato di rispondere con il suo store a Expo Milano 2015: per farlo è stato creato un vero e proprio negozio, dove chi entrerà vivrà una reale, ma innovativa, esperienza d’acquisto. Il progetto è stato affidato all'architetto Carlo Ratti, che insegna al Massachusetts Institute of Technology di Boston, dove dirige il Senseable City Laboratory, gruppo di ricerca che esplora l'idea di “real-time city” studiando il crescente sviluppo di sensori e di dispositivi elettronici portatili, e le loro relazioni con l’ambiente.
Ratti, fondatore dello studio internazionale Carlo Ratti Associati e nominato nel 2011 da Fast Company tra i 50 designer più influenti in America, introduce il lavoro fatto per la presenza di Coop a Expo partendo dalla sua percezione di quello che rappresenta un'Esposizione Universale: «L'Expo è una specie di città istantanea: negli Stati Uniti c'è questo Festival che si chiama Burning Man, in cui ogni anno migliaia di persone vanno nel deserto per costruire e smontare nel giro di pochi giorni una città temporanea. In un certo senso anche Expo, quello di Milano come i precedenti, ha lo scopo di creare qualcosa di temporaneo che attiri milioni di persone, per poi essere smontato. E' stato così fin dal 1851, con il primo Expo di Sir Joseph Paxton, ed è quindi una splendida occasione per sperimentare ed esplorare delle possibilità».

Carlo Ratti, nato a Torino nel 1971, è uno degli architetti e designer più apprezzati e stimati al mondo
L'esperimento che ha guidato si chiama Future Food District. Quale è stato il punto di partenza di questa esplorazione?
Expo ha voluto coinvolgere il nostro studio per realizzare qualcosa che avesse come oggetto proprio il futuro. Avevamo un vincolo, in partenza: ovvero che lo spazio, il padiglione che avrebbe ospitato questo esperimento, era già esistente. E una possibilità di collaborazione:
Coop aveva vinto un bando pubblico per portare la grande distribuzione all'interno del sito di
Expo ed era stato deciso che ci sarebbe stato un vero supermercato. Per noi è stato importante poterci applicare a un progetto molto concreto.
Per quale motivo?
Il tema del futuro è molto delicato: è difficile, se non impossibile, raccontare il futuro. Il primo gennaio del 1900 il giornale della città in cui vivo, il
Boston Globe, pubblicò un articolo in cui si raccontava come avremmo vissuto nel 2000. Leggendolo oggi viene da ridere, notando come non ne abbiano azzeccata una. Parlare del futuro in astratto serve a poco, quello che è utile è fare degli esperimenti che, in modo collaborativo, ci permettano poi di capire quale direzione prendere. Il ruolo del designer è proprio di esplorare mondi possibili.

Basta un semplice gesto di una mano che si avvicina a uno dei prodotti esposti nel Future Food District di Coop, per attivare gli schermi sovrastanti e far comparire le informazioni relative a quel prodotto
Nel contesto specifico di un supermercato quali sono stati gli esperimenti che avete immaginato?
L'ispirazione per il supermercato
Coop è arrivata dal
Signor Palomar di
Italo Calvino: un giorno il Signor Palomar entra in una
fromagerie di Parigi e - dice
Calvino - gli sembra di essere in un museo, in cui ogni formaggio racconta la storia di un diverso pascolo sotto un diverso cielo. Noi siamo partiti quindi dall'idea che questi prodotti potessero raccontare la loro storia. Oggi ci viene detto tantissimo di molti prodotti, di una bottiglia di vino possiamo sapere la storia del produttore, della vigna da cui nasce e molto altro. Ma al supermercato queste informazioni non le troviamo.
E come avete pensato di renderle disponibili?
Con meno tecnologia possibile, in modo che il cliente semplicemente allungando la mano porti i prodotti a raccontare la propria storia, grazie a degli schermi che proiettano queste informazioni. Questa idea dal nostro punto di vista tiene insieme molti dei ragionamenti che abbiamo fatto sul supermercato del futuro.