La
Spagna punta su
Expo 2015 per rafforzare la propria immagine di Paese capace di coniugare forse come nessun altro tradizione e innovazione; di proporre materie prime di qualità, prodotti d’eccellenza, una biodiversità iscritta in un territorio variegato, radici culturali molteplici che affondano nella storia della Penisola Iberica e trovano sfogo nel sistema delle autonomie, cui buona parte del programma dei sei mesi è dedicato. Il tutto sotto il cappello della
nueva cocina española: ossia con l’apporto dei grandi chef creativi, alcuni assurti ormai all’Olimpo mondiale dell’alta cucina, tanti altri più giovani che spingono dal basso per dimostrarsi degni eredi.
Pochi altri padiglioni possono vantare così tante “firme” illustri. La Spagna a Expo significa
Joan Roca a Milano per una
ponencia di circa un’ora sotto gli stucchi pregiati di Sala Alessi, a Palazzo Marino (ne abbiamo parlato
qui) o la Settimana del cava (ne abbiamo parlato
qui). La lezione di
Carme Ruscalleda in occasione della Giornata Nazionale della Spagna a Expo Milano 2015, lunedì scorso, o il
cooking show di
Ricard Camarena ieri sera a Eataly Smeraldo. E tanto altro ancora.
Ma del padiglione parliamo, innanzi tutto. Ispirato a una serra, è progettato dallo studio
b720 Fermín Vázquez Arquitectos, ha una superficie di 3.300 mq. E’ una struttura a doppia navata che rappresenta la fusione delle eccellenze che rendono la Spagna famosa in tutto il mondo: tradizione e innovazione.
La parte centrale di Expo Spagna 2015 è costituita dalla mostra “Il linguaggio del sapore” e si sviluppa attorno ad alcune parole chiave: salute (con molteplici riferimenti ai benefici della dieta mediterranea), qualità (spazio ai prodotti, che sono anche acquistabili in una
tienda interna), efficienza (“Siamo l’orto d’Europa”), sostenibilità (del quale sono simbolo i beati maiali neri iberici che grufolano indisturbati nella
dehesa extremeña, lo abbiamo raccontato
qui e
qui), e poi tradizione e avanguardia, che si guardano da pareti contrapposte dell’esposizione narrando i riti di ieri e le tecniche dell’oggi e del domani, la grattugia e il sifone, il territorio e la sferificazione.
L’immaginazione di un cuoco e il suo quaderno di appunti guidano i visitatori in un viaggio attraverso i paesaggi e gli allevamenti, le coltivazioni, i sistemi produttivi, i laboratori gastronomici e le cantine vinicole del Paese. Un percorso audiovisivo di scoperta e di creazione, che ispira il nostro cuoco a preparare una grande festa gastronomica, alla quale siamo invitati.
Tutto trova una naturale sintesi, in Spagna, proprio come a Expo Spagna 2015. Qui c’è la
taperia dove arde una
parrilla pronta a grigliare grandi carni basche, e un
chiringuito all’aperto che richiama un
patio de naranjos (giardino degli aranci), elemento tipico della cultura iberica. Bisogna salire all’ultimo piano per accedere invece al ristorante gourmet, dove si susseguono
los cocineros invitati via via da ciascuna
comunidad autonoma. Bisogna ridiscendere, invece, per ammirare l’installazione “Il viaggio del sapore”, creata da
Antoni Miralda: una ventina di valigie multimediali, più una grande, esterna al padiglione, per raccontare i percorsi storico-geografici di alimenti selezionati per il loro significato culturale, l'iconografia popolare, la loro inevitabile presenza nei processi culinari che fanno parte della ricchezza della cucina spagnola: riso, maiale, patata, baccalà, pepe, cacao, uva, bovino, agnello, uova, polipo e così via.
Il tutto, si diceva, col supporto dei grandi chef. Come la
Ruscalleda, l'unica donna al mondo che vanta sei stelle Michelin (tre per il ristorante
Sant Pau a Sant Pol de Mar, Barcellona; due per il ristorante
Moments a Barcellona e una per il ristorante
Sant Pau a Tokyo), che ha raccontato la sua cucina originale e creativa, in grado di ottenere sapori puri e di creare una sintesi sorprendente fra tavola locale e internazionale, senza tralasciare gli aspetti antiaging e legati alla salute.
O come
Camarena, testimonial di quella Valencia che è meta tra le predilette dei viaggiatori italiani, lo ha ricordato
Maite de la Torre Campo, direttrice dell’
Ufficio spagnolo del turismo a Milano: «Il nostro Paese è visitato ogni anno da 65 milioni di turisti. Ben 7 di loro sono attratti dal turismo enogastronomico», un comparto sul quale Madrid ha puntato da tempo, con esiti lusinghieri. Imparassimo anche noi…

La chef Carme Ruscalleda l'altro giorno al padiglione spagnolo
Lo chef all’Eataly Smeraldo, sotto gli occhi di
Viviana Varese, ha preparato tra l’altro degli squisiti
Nastri di cipolla mantecati con acciughe, caffè (l’italiano
Lavazza, del quale è “ambasciatore ufficiale”)
e aglio nero: ottimo l’ortaggio utilizzato come fossero spaghetti, sorprende come il cuoco abbia quasi rinunciato, nella sua cucina, all’uso del sale a favore di una colatura di alici valenciana la cui tradizione locale, dimenticata da secoli, proprio lui ha voluto rinverdire, «ho scoperto questo prodotto a
Terra Madre, una decina di anni fa. Erano 400 anni che in Spagna veniva considerato uno scarto». Ora un’azienda produce tre tipi di colatura, a differente stagionatura: 5, 3 o un anno. Sarebbe bello un confronto con
Pasquale Torrente e la sua colatura tradizionale di Cetara.
A fine luglio è slittata invece la lezione di
Óscar Velasco, prevista inizialmente nei giorni scorsi, in cui lo chef del
Santceloni si propone di esaltare la gastronomia attraverso la qualità dei prodotti utilizzati, che danno vita a piatti come
Insalata di pomodori con gambero bianco, sedano, mela e eucalipto o
Pollo con ratatouille, paprika, pan grattato e nocciole.