Il Cava è all’Expo e forse anche a un bivio. Il noto vino spumante spagnolo è protagonista di una settimana di degustazioni (fino a venerdì sempre alle 17) ed esperienze multimediali ospitate dal padiglione spagnolo a Expo 2015. Nel medesimo tempo, cerca di trovare un giusto posizionamento sul mercato, e lo fa sperimentando nuovi blend di vitigni che vadano oltre i tre tradizionali: Macabeo (che dà acidità e struttura), Xarel-lo (consistenza e grado alcolico) e Parellada, responsabile della qualità aromatica.
La Settimana del Cava durerà fino a domenica 31 maggio. Obiettivo dichiarato dagli organizzatori – in primis il Consejo Regulador del Cava, per bocca del suo presidente Pedro Bonet Ferrer – è quello di promuovere il vino mettendone in luce la versatilità a tavola e la sua piena appartenenza alla dieta mediterranea, con i vantaggi che ne derivano. Dunque un vino fruttato, piacevole, non necessariamente impegnativo, senza sentori troppo forti di lievito.

Un vigneto nel Penedès, area della provincia di Barcellona che è la più vocata per il Cava. Lo spumante spagnolo si produce però anche in numerose altre comunidades, sempre con la stessa denominazione
Propositi ammirevoli, che vanno a braccetto con una tendenza interessante: la sperimentazione di nuovi vitigni nell’assemblaggio. Sempre più, infatti, altre uve trovano posto in bottiglia: Chardonnay, Malvasia Riojana, Pinot Noir, Trepat, Garnacha tinta, Monastrell. «Curioso - racconta
Alessandro Maietta, presidente dell’
Associazione italiana sommelier – Le nostre bollicine sono nate guardando alla Francia, usando quindi Chardonnay, Pinot nero e Pinot meunier, poco a poco però è emersa la tendenza a focalizzare l’attenzione sulle nostre uve. In Spagna sembrerebbe accadere l’opposto». E c’è chi ha fatto notare le critiche che molti enologi riservano all’uso del Macabeo, responsabile di certi sentori finali di petrolio che il Chardonnay invece neutralizzerebbe.
Una valutazione che ha trovato Bonet Ferrer solo particolarmente d’accordo: «C’è un’evoluzione che implica anche qualche innovazione. Ma siamo quasi al livello di “curiosità”, la gran parte della produzione si rifà ai vitigni classici. E poi c’è da dire che anche un Cava con un’alta percentuale di Pinot nero prenderà una qualche personalità “pinotera” ma rimarrà pur sempre, chiaramente, un Cava».

Cava Experience è l'esperienza multimediale che è stata allestita presso il padiglione spagnolo a Expo 2015
La ragione? «Il Cava è dotato di una netta identità, il che lo avvantaggia ovviamente sui mercati internazionali», racconta
Hosam Eldin Abou Eleyoun, vicepresidente di
Ais Lombardia e delegato Ais Milano, tra gli ospiti d’onore insieme al presidente nazionale
Maietta di un pranzo apparecchiato nel ristorante gourmet del padiglione spagnolo, proprio in onore delle migliori bottiglie di bollicine iberiche.
Il Cava gode infatti del vantaggio della denominazione unica, laddove gli spumanti italiani sono parcellizzati tra Trento, Franciacorta, Oltrepo Pavese, senza contare le varie metodologie. In Spagna è tutto, invece, metodo classico (circa 250 milioni di bottiglie, contro i 25 milioni di questo stesso metodo, in Italia), ed ha un’area Do – la nostra Doc – che abbraccia svariate comunidades e province spagnole: Barcellona, Tarragona, Lleida, Girona, Saragozza, La Rioja, Alava, Navarra, Valencia…
Resta il fatto che oltre il 97% della produzione viene dalla “capitale del Cava”, Sant Sadurnì d’Anoia, provincia di Barcellona, nell’alto Penedès, e dintorni. E’ questa l’area più vocata, dalla quale perlopiù provengono i 30 milioni di bottiglie di “Cava Premium”, l’eccellenza di un vino che ha poca penetrazione commerciale in Italia, mentre trova spazi molto maggiori soprattutto nell’Europa del Nord. Un motivo di più per assaggiarlo, a Expo 2015.