Mettiamo per la prima volta il naso fuori dal nostro temporary restaurant per avvicinarci al padiglione della Corea, a pochi passi dal nostro Identità Expo. Due i motivi principali: il 21 maggio prossimo saremo a Seul per un Gourmet Festival che si annuncia importante (e che include nel programma le lezioni dei nostri Massimo Bottura e Giorgio Nava da Città del Capo). E soprattutto perché la struttura, non lontano dall’ingresso della Fiera, aveva calamitato il nostro sguardo per le sue linee ovali e arrotondate, di un nitore elegantissimo.
Scopriamo che le ha dettate all’architetto il Vaso Luna, una ceramica tradizionale coreana in tutto somigliante al satellite terrestre, storicamente utilizzata per conservare cibi fermentati come i jeod-gal (frutti di mare sotto sale) o i jang (salse e paste). Le fermentazioni, uno dei leitmotiv in irresistibile ascesa nella cucina mondiale, sono ciò che distingue da sempre la cucina coreana. Per questo l’articolato e scintillante percorso multimediale che trovate dentro al padiglione Corea (chiamato così, senza divisioni tra Sud e Nord perché chi sta sotto al 38° parallelo non contempla chi sta a nord) è costellato di decine e decine di onggi, le giare entro cui avvengono tradizionalmente i processi di fermentazione, che qui sono illustrati per quello che sono: scomposizioni di materia organica che danno inizio a processi di sintesi di nuovi elementi.

Al ristorante del padiglione Corea si trovano specialità come Bibimmyeon & kimchi soban, un quadro di ardesia che include, in senso orario, porridge di funghi (nel bicchierino), insalata, kimchi (cavolo fermentato), noodle coreano con kimchi bianco (bibimmyeon) e pollo grigliato in salsa di soia
Centinaia di
onggi, grondanti stimoli audovisivi, illustrano l’alternarsi delle stagioni e la conservazione del cibo, architettate in modo che prevalga l’equilibrio e l’armonia tra gli alimenti, che sono un microspecchio del mondo. Un concetto che riassumono con
Hansik. Il quale è anche il nome del ristorante, al piano terra del padiglione, assai frequentato nei primi 3 giorni. E sì che i tre sostantivi con cui gli animatori lo spingono, non sono una calamita per i golosoni nostrani: armonia, guarigione, salute. Ma sono le direzioni che sta prendendo l’Occidente, che in proposito ha molto ancora da imparare da certa saggezza asiatica (per approfondire, chiedere lumi a
Pietro Leemann).

Onggi, le giare multimediali ospitate dal padiglione Corea
Perché, allora, non approfittarne per ordinare del
Bibimbap, la classica scodella coreana di riso al vapore, sormontata da
namul (verdura marinata), uovo (crudo o fritto), tranci di carne? Magari la versione con accanto le costole di manzo grigliato in salsa di soia (
galbijjim), il cavolo
kimchi (=fermentato con spezie, un contorno che definisce un universo affascinante, di cui vi documenteremo a lungo da Seul) e il porridge di funghi, uno shot sorprendente. O per chiedere in cosa i
mandu, i dumpling coreani, differiscono dagli omologhi cinesi o asiatici. Ancora, per definire la natura a prima vista insondabile dell’
haemul pajeon, una sorta di pancake tondeggiante con peperoncini verdi e frutti di mare. La chiamano anche "pizza coreana" e talvolta si accompagna al
makgeolli, il tradizionale riso al vino.