Del cambio che ha deciso di fare nell’aprile dello scorso anno si è molto discusso e tuttora si discute, tra addetti ai lavori: in fondo, per questo suo esordio da primo chef, dopo tanti anni al fianco di Carlo Cracco, ha scelto un indirizzo che dire impegnativo è poco, Del Cambio di Torino appunto, un locale onusto di gloria e storia. Non un’operazione semplice, dunque, per Matteo Baronetto, classe 1977, miglior sous chef per la guida Identità Golose 2009; originario di Giaveno (i genitori erano operai Fiat), proprio in piazza Carignano 2, nella città sabauda, aveva svolto uno stage quando muoveva i primi passi nel mondo della cucina. Facile leggere allora nella sua scelta una sorta di riscatto, di affermazione: «Ce l’ho fatta».
Ciò che non è mai stato messo in discussione, invece, è il talento di Baronetto, la classe che riesce a infondere nei suoi piatti. La sua straordinaria capacità di abbinare tecnica e creatività. Per questo non poteva mancare a "Contemporary Italian Chefs", la sezione di Identità Expo per le cene del lunedì e martedì firmate dai migliori nomi della cucina nazionale.
Per l’occasione, fissata il 24 e 25 agosto prossimi, lo chef presenterà un menu che esemplifica al meglio il nuovo stile che si è imposto a Torino, dove è chiamato alla difficile alchimia tra tradizione – doveroso omaggio al luogo che lo ospita – e innovazione.

Il Riso Cavour, seconda portata del menu firmato Matteo Baronetto
S’inizierà con
Insalata di capesante alle alghe, lattuga al moscato e mandorle amare (in abbinamento un calice di Franciacorta Docg Brut
Satèn Riserva 2006 di
Berlucchi): «Cuocio i molluschi al vapore e li condisco con polvere di alga, un lascito della cultura gastronomica giapponese: dona sapidità e anche una sfumatura amara. Scelgo poi il cuor di lattuga, ossia quella parte ancor giovane e tenera, e lo irroro di moscato, lasciandolo un poco macerare in modo da mantenerne la croccantezza e la freschezza, ma con una carica aromatica che viene dal vino, una nota dolce e alcolica. Quindi aggiungo mandorle amare, quelle piccole che si usano per gli amaretti. E’ un piatto piacevolmente estivo».
Dopo un inizio easy, si affronterà l’impegnativo Riso Cavour (abbinato a Sauvignon Friuli Aquileia Doc 2014 di Cà Bolani): si dice che Camillo Benso si facesse riscaldare il riso, ci aggiungesse un uovo in camicia e sopra pomodori cotti e salsa di carne. Baronetto ribalta e modernizza: «In fondo metto una salsa al pomodoro molto concentrata, poi un uovo cotto al vapore, sopra il Carnaroli bollito in acqua profumata ai chiodi di garofano e poi rosolato in padella. Aggiungo una nota croccante con del riso Venere cotto, seccato e fritto; infine sugo di carne e germogli di piselli per dare un tocco vegetale. E’ un piatto saporito, con qualche accenno orientaleggiante, penso al riso alla cantonese». Non c’è grasso a mantecare il riso: quando si affonda la forchetta il tuorlo dell’uovo va a mischiarsi con gli altri elementi, in un tripudio di golosità, «ricorda anche un’insalata di riso calda, potrebbe addirittura essere un piatto unico. E’ uno dei primi che ho ideato al Del Cambio».

Terza portata,
Branzino al vapore e coda di manzo brasata (Sicilia Doc
Nuhar 2012 di
Tenuta Rapitalà): «E’ facile parlare in questo caso di incontro di mare e terra: ormai è una scelta non considerata azzardata come lo poteva essere ai tempi in cui
Alain Chapel propose la sua (all’epoca scandalosa, era il 1972)
Insalata di astice blu, piccione rosato, valeriana e tartufo nero. Però il connubio è tutt’altro che semplice, se si vuole ricercare una certa eleganza».
Baronetto – già autore, in tema, del celebre
Rognone e ricci di mare, quando era ancora con
Cracco - la trova mettendo insieme la diversità,
yin e
yang, la nobiltà del branzino e la rusticità della coda di bue, la delicatezza e la sapidità. Equilibrio raggiunto? Il pesce è appena scottato al vapore; al contrario la coda viene cotta a lungo nel brodo, come fosse un brasato senza vino, in modo che si sfaldi e il suo collagene diventi gelatinoso. Così ridotta, viene messa sopra il branzino: «Copre, ma non sovrasta», assicura lo chef.
Finale dolce con Bonét, latte al caffè e caramello (abbinato a Bonaventura Maschio Orange): un dolce classico, «che un poco trasformo: il bonét è a forma di semisfera, che viene glassata alla base e poi coperta sopra di cioccolato e granella di amaretto. Accompagno il tutto con panna al caffè e caramello salato». La tradizione con creatività, appunto.