Vi capita mai di acquistare un elettrodomestico, ad esempio un forno e non aprire nemmeno il libretto delle istruzioni? Se l’aveste fatto forse avreste scoperto casualmente, come è successo a me, dell’esistenza delle acrilammidi, con quest'avvertenza: “Informazioni sulle acrilammidi – Importante: Secondo le più recenti scoperte scientifiche, se si rosolano alimenti (in particolari quelli contenenti amido), le acrilammidi possono rappresentare un rischio per la salute. Raccomandiamo pertanto di cuocere alle temperature più basse e di non rosolare eccessivamente gli alimenti.”
Ma cosa sono le acrilammidi? Ammidi dell'acido acrilico, ovvero un composto mutageno e cancerogeno, sottoprodotto della reazione di Maillard, che si forma a temperature superiori a 120°C per reazione tra un amminoacido e zuccheri come fruttosio e glucosio. La formazione e concentrazione di acrilammidi non è quindi casuale, ma dipende dal tipo di alimento, dalla temperatura e dal tempo di cottura. Più lunga è la cottura e maggiore è la temperatura, superiore sarà la concentrazione di acrilammidi presenti nell’alimento. Tra le tecniche che maggiormente portano allo sviluppo ci sono la frittura, la grigliatura, la cottura in forno. Gli alimenti in cui è più facile riscontrarle sono caffè (in chicchi 450 μg/kg, 900 per il caffè solubile e fino a 4mila per quello a base di sostituti come l’orzo), le patate (1000 μg/kg nelle chips, 600 in quelle fritte), i prodotti da forno (150 nel pane, fino a 400 nei cereali per la colazione, fino a 1000 in biscotti e cracker).

Le acrilammidi si annidano anche nel caffè...
Possibile che si parli così poco di una sostanza così pericolosa sui cui è sufficiente fare una breve ricerca online per capire la portata del problema? In attesa che esca il parere definitivo di
Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e la Commissione Europea sulla esposizione alle acrilammidi in Europa, atteso per giugno, ho parlato a lungo di questo insidioso composto con
Mimmo Alba (
Cantina San Teodoro, Napoli),
Giancarlo Morelli (
Pomiroeu, Seregno),
Fabio Abbatista (
Leone Felice,
L’Albereta a Erbusco),
Alice Delcourt (
Erba Brusca, Milano),
Marco Ambrosino (
28 Posti, Milano), tutti chef con una particolare attenzione al rapporto tra cibo e salute.
Pur non essendo a conoscenza del problema, si sono detti attenti a seguire gli sviluppi della questione e soprattutto a sviluppare maggiormente piatti preparati con vapore, bassa temperatura, bolliture o con tecniche crudiste proprio per garantire alla propria clientela piatti eccellenti ma anche meno dannosi per la salute. L'olandese
Femke Van Den Heuvel (
Vlam In De Pan, Haarlem) si è poi mostrata particolarmente attenta alla questione anche se scettica su un reale cambiamento da parte della ristorazione, “Ci vorrà del tempo, perché gli chef sono molto fedeli alla formazione ricevuta e novità che non comportano miglioramenti nel gusto o nella presentazione difficilmente vengono recepiti.”
Femke mi ha poi fornito alcuni suggerimenti pratici pe ridurre l’esposizione a questo composto: oltre che abbassare in generale la temperatura, per pani e cracker occorre usare cereali germogliati, per le patate fritte, evitare di raffreddarle sotto gli 8°C e sbollentarle in acqua e aceto prima di procedere alla cottura. Nessun falso allarmismo quindi, ma la necessità di fare cultura su un tema importante che ci tocca tutti da vicino ogni giorno, attraverso il cibo che mangiamo non solo al ristorante ma anche a casa.
Approfondimenti
FAO
Commissione Europea
EFSA