Della querelle se la pizza sia nata in Italia o in Cina non ne vogliamo parlare. Di Marco Polo che tornando a Venezia si ispira ai segreti culinari della terra del Kublai Kan è già stato scritto abbastanza e da antropo-gastronomi titolati a sufficienza. Quello che qui vogliamo mettere in luce è una bella sorpresa, che unisce italia e Cina all’insegna dell’impasto tricolore per eccellenza: c’è un giovane venticinquenne di Tianjin che ha dedicato la sua carriera proprio alla pizza e per questo vuole lasciare un segno nel suo paese.
Si chiama Liu Ya Qi ed è stato eletto “Bisa Shifu” (tradotto liberamente “pizzaiolo campione nazionale”) alla fiera dell’Hotelex di Shanghai nelle selezioni nazionali fatte dal 2 al 6 aprile, e lo scorso 24-25-26 maggio ha rappresentato la Cina al Campionato Mondiale della Pizza a Parma ottenendo ampi consensi anche da pizza-maker italiani nati tra palette e lieviti madre.
La competizione mondiale, alla sua 22esima edizione, e che ha visto gare di velocità e di free style nelle categorie “pizza classica”, “pizza in teglia”, “pizza napoletana” e “pizza senza glutine”, è avvenuta contestualmente alla prima edizione del Pizza World Show, una kermesse tenutasi al quartiere fieristico della città emiliana che riunisce la più grande rappresentanza di professionisti correlati a tutta la filiera produttiva della Pizza.

Foto di gruppo della delegazione cinese a Parma
Ma come avviene che un giovane di Tianjin raggiunga tali consensi in un settore ritenuto italian quintessential? (Perchè è vero che Tianjin era la città italiana in Cina per eccellenza, con le guarnigioni del Duce e
Galeazzo Ciano a capitanarle, tanto che ancora oggi è rimasto il cosiddetto “quartiere italiano”, ma è anche vero che per il cinese medio la pizza è quella di
Pizza Hut e non quella di Napoli Vecchia).
Il segreto si chiama
Samuele Rossi, un ragazzo sempre sorridente della bassa padana (nato a Badia Polesine, Rovigo) chef executive del ristorante
Bella Vita appena fuori Tianjin, che pazientemente e con devozione ha formato
Liu Ya Qi per tre anni.
«Il
Bella Vita è un ristorante molto particolare – ci racconta
Samuele Rossi – perchè situato dentro a un outlet village costruito in perfetta architettura italiana e gestito da italiani (Il
Florentia Village Luxury Outlet Store, operato da una JV del gruppo
Fingen di Firenze), per cui sembra di passeggiare tra i portici, le piazze e gli edifici di una piccola cittadina italiana, come quelle della mia cara Bassa, con le insegne di Prada, Gucci e Ferragamo a far sberluccicare gli occhi, l’odore di caffè buono sotto ai volti, e il carrello del gelato per le strade ciotolate. Fare buona cucina in un contesto del genere è stato il prerequisito voluto da tutti noi perchè siamo e ci sentiamo fortemente i messaggeri dell’italianità in questa zona. E sto parlando dell’italianità vera, non quella d’esportazione».
E
Rossi lo può dire a ragione visto che prima del
Bella Vita Restaurant era chef executive al
MGM di Macao, trionfo a stelle strisce del Las Vegas style. E’ così che i prodotti del
Bella Vita provengono per la maggior parte dall’Italia, è così che la cantina è un vanto del ristorante e una vetrina della ottima enologia italiana (tra gli shareholder di
Fingen ci sono le famiglie toscane
Fratini e
Mazzei, rispettivamente produttori di
Tenuta Argentiera e di
Castello di Fonterutoli), ed è così che il giovane
Liu Ya Qi ha assorbito il savoir fair e la perizia del mastro pizzaiolo.

Il Florentia Village Luxury Outlet Store di Tianjin, dove c'è il Bella Vita Restaurant di Samuele Rossi
E ora quali sono i piani futuri?
Samuele Rossi ha aperto a gennaio 2015 un secondo
Bella Vita a Shanghai, seguendo la apertura del secondo
Florentia Village in Cina a Pudong, appunto, vicino all’aeroporto internazionale di Shanghai. E a settembre aprirà il terzo ristorante a Foshan, vicino a Canton, in quello che sarà il terzo
Village del gruppo.
Liu Ya Qi invece continua la sua attività di mastro pizzaiolo a Tianjin alternando il lavoro al forno a quello anche di trainer dei nuovi pizzaioli a venire. Chissà che a ogni
Bella Vita non emerga un nuovo venticinquenne cinese pizza-maker di talento. E chissà che tra un talento e l’altro non si riesca a far capire a queste latitudini che la vera pizza italiana non è
Pizza Hut.