Il mio punto di vista sulla “gestione della sala” è quello di una persona che, dopo essere stata cliente per anni, ha avviato un’attività ristorativa particolare: l’offerta al tavolo è infatti completata dalla bottega, dalla macelleria e dalla gastronomia.
La nostra filosofia prevede che il “rispetto per il cliente e per la materia prima” siano al centro di ogni azione e quindi abbiamo cercato di impostare la sala valorizzando il punto di vista dell’ospite. Abbiamo dato importanza, in particolare, alle sue esigenze. In sostanza, ho cercato di capire cosa mi piacesse e cosa non mi piacesse nella gestione delle sale dei ristoranti che frequentavo. Sono arrivato alla conclusione di voler creare un ambiente confortevole, in grado di trasmettere un certo “calore domestico” perché – per me - il massimo è stare nella sala di un ristorante con tutti i confort di quando sei a casa.

NON SOLO SALA. Gian Pietro Damini
Per quel che riguarda la gestione del personale, mi sono reso conto che spesso i ragazzi delle scuole alberghiere ricevono una formazione anacronistica, non conforme alle dinamiche dei ristoranti contemporanei, dai format di nuova concezione. Ad esempio, nel nostro caso il cliente è seduto al tavolo del ristorante, ma deve sentirsi libero di alzarsi e passeggiare nello shop in ogni momento in cui lo desidera, persino scegliendo a scaffale prodotti che vorrebbe assaggiare sul momento. Questo implica che il cameriere deve seguirlo nel suo percorso d’acquisto, dev’essere in grado di spiegare tutti i prodotti in vendita e avere doti che superano quelle del tradizionale operatore.
Saper gestire il cliente anche quando non è seduto al tavolo, significa infatti essere tempestivi nel fermare le comande in cucina, cercando di evitare che i piatti escano mentre il cliente non è seduto al tavolo (fatto che interromperebbe bruscamente il suo acquisto, oltre a raffreddare la portata). Questo implica anche che gli operatori di sala devono essere in grado di lavorare in gruppo e non in ranghi, perché se un collega si assenta per seguire un cliente, gli altri devono saper compensare la sua assenza, monitorando tutta la sala e non solo un pugno di tavoli.

Oltre a saper spiegare i piatti, l’operatore di sala deve saper spiegare, al tavolo, il locale nella sua complessità e nelle sue dinamiche. Deve essere il primo promotore e sostenitore del brand. Anche noi gestori, infatti, dovremmo farci un esame di coscienza e capire se motiviamo a sufficienza il personale, se effettivamente riusciamo a far sentire tutti i membri come parte di una squadra. Condividere con i collaboratori esperienze formative fuori dalle mura del ristorante, far conoscere loro i fornitori, coinvolgerli in eventi di settore sono tutte strategie che possono aiutare il team a condividere con i clienti il valore aggiunto di cui siamo portatori. Gli operatori di sala non devono sentirsi solo dei “porta-piatti” ma persone grazie alle quali il lavoro dello chef viene valorizzato in quanto è proprio grazie a loro che cucina e sala riescono a dialogare.
Nei nuovi format di ristorante/shop non dobbiamo poi dimenticare che è necessario agire in modo sostenibile, cercando di abbattere spese superflue di personale. Nella pratica, la nuova figura dell'operatore di sala deve fare molte cose rispetto a un cameriere tradizionale, incluso accompagnare i clienti in auto con la merce, laddove richiesto. È una nuova accezione di sostenibilità: all’interno di una squadra, alla stessa persona, possono e devono competere più ruoli.
In un momento in cui l'attenzione è concentrata sugli chef, noi patron dobbiamo aiutare gli operatori di sala a crescere emotivamente: in questo momento anaffettivo dobbiamo aiutarli a instaurare con il cliente un rapporto corretto, capire quali sono le sue esigenze, se ha fretta o quali sono le sue aspettative.