Ci sono tanti ingredienti che rendono unica la vita professionale di un sommelier; esperienze precluse a molti e, allo stesso tempo, sacrifici che in pochi sono in grado di sostenere. Eppure non tutte le carriere sono particolarmente insolite e curiose come quelle di Matteo Ghiringhelli.
Dopo la formazione all’Istituto Carlo Porta di Milano e con un docente del calibro di Giuseppe Vaccarini, presidente ASPI e miglior sommelier del mondo 1978, Ghiringhelli lascia il ristorante di famiglia – il Piatto d’Oro di Furato d’Inveruno (MI)- e si concentra su se stesso, investendo nel proprio futuro.
Dal 2005 la sua nuova patria diventa la Francia e il George V di Parigi, un tempio sia per la cucina sia per il mondo della sala. Sotto la guida di Enrico Bernardo, miglior sommelier del mondo nel 2004, ha inizio una carriera spumeggiante tra scuola italiana e francese applicata all’apertura di locali e occasioni di degustazione uniche.
È solo nel 2013, che il nostro sommelier decide di tornare a Milano grazie al suo ex-compagno di classe Alberto Piras e in forza da Carlo Cracco. Viene chiamato per la pre-apertura e poi il successivo anno e mezzo di Palazzo Parigi.

Le grandi esperienze a curriculum nel campo della ristorazione, lo spingono a cimentarsi in qualcosa di diverso e più vicino alla vita di cantina. La prestigiosa famiglia
Gaja è il suo nuovo banco di prova, dove ha modo di entrare in contatto con la distribuzione di vini esteri e la degustazione nelle aziende di famiglia tra Piemonte e Toscana.
La vera grande sfida arriva però nel novembre 2015 e da un insospettabile
Claudio Liu, patron dell’unico ristorante stellato giapponese in Italia,
Iyo a Milano. Per il sommelier lombardo è un cammino di scoperta della cultura nipponica a 360°, che parte dalla conoscenza dei piatti fino alla cultura del tè, del sake e della birra.
Non solo ma a rendere ancora più unica l’avventura, è la decisione di
Liu di affiancare al maestro sushi,
Haruo Ichikawa, il giovane
Michele Biassoni e dar vita a un lavoro di continuo approfondimento in cui la sala e la cucina si confrontano costantemente non limitando gli abbinamenti solo al vino ma estendendoli al tè, al sake e alla birra. Quest’ultima è particolarmente apprezzata dai giapponesi per la sua freschezza, che ben si presta a dei matrimoni interessanti con i piccoli piatti che caratterizzano i pranzi e le cene nipponiche.
Per questo di fronte alle nuove referenze di
Birra Moretti, dedicate all’alta ristorazione, la collaborazione tra
Ghiringhelli e
Biassoni è diventata un gioco entusiasmante soprattutto nel trovare un punto di incontro tra i metodi di produzione di ciascuna birra e le lavorazioni degli ingredienti dei piatti abbinati.

Asado di manzo italiano sukiyaki (foto Taddei)
A
Birra Moretti Lunga Maturazione ben si sposa un
Gin dara, un pesce grasso ma delicato che viene marinato 72 ore in salsa miso e poi cotto in forno. La salsa porta note di tostatura e leggermente caramellate, che si accordano con i sentori di cereali e malto d’orzo della birra e la freschezza della birra sgrassa il palato.
Un piatto che racconta della tradizione nipponica, così come il gran classico quasi kaiseki, scelto per
Birra Moretti Grand Cru. Si tratta del
Gunkan di wagyu e del
Nigiri Toro, arricchito dalla ventresca di tonno scottata con una crema di hoba miso, shitake e cipollotto e una spruzzata di pepe Sansho per richiamare le note speziate della birra.
Per
Birra Moretti Grani Antichi, invece, spazio alla creatività di
Michele Biassoni grazie all’intensità della stessa pari quasi a un vino rosso. La creazione italo-giapponese prevede un
Asado di manzo italiano sukiyaki cotto in una salsa a base di soia, sake , mirin, verdure e alga kombu per 4 ore e servito con una crema di mais tostato, il cardoncello, crudo e affumicato con legno di sakura e, a completamento, della salvia in tempura che dà un tocco brioso in abbinamento alle note di pepe nero, zenzero e chiodi di garofano della
Birra Moretti Grani Antichi.

Al lavoro nella cucina di Iyo
È il gioco di freschezza, intensità e potenza gustativa che diverte
Ghiringhelli e rende speciale il suo lavoro al ristorante
Iyo. L’importanza della sua formazione e una curiosità caratteriale sono gli ingredienti di un professionista che, nonostante la giovane età, racconta un approccio molto complesso alla sommelerie con la scomposizione puntuale delle note aromatiche della birra, le sue lavorazioni e gli ingredienti utilizzati. Con la medesima precisione, i tre piatti proposti sono stati scelti con lo stesso criterio di analisi e valorizzazione delle tecniche di cottura.
La scoperta di un mondo che è già avvezzo alla birra a tavola, ha portato
Ghiringhelli a trovare il giusto spazio per l’innovazione e la sperimentazione, nonostante l’“apparente rigidità” di alcune preparazioni tradizionali nipponiche. Ciò dimostra che è possibile e meraviglioso il matrimonio tra Italia e Giappone, tanto quanto tra birra e cucina!