Fabrizio è un nome popolare, Ferrari lo è ancora di più come cognome. Ironia della sorte, vi sono due chef stellati che si chiamano così, uno ha lavorato a lungo a Bergamo, il secondo è da sempre a Lecco. Ed è di quest’ultimo di cui intendo scrivere ora. Figlio di ristoratori lecchesi con la passione per il mare, da qui un ristorante di pesce di acque salate in una città bagnata dall’acqua dolce,Fabrizio rappresenta un caso raro, quasi unico. Classe 1980, aveva appena quattro anni quando i suoi aprirono il Porticciolo. Era il 1984 e questo spiega il perché della data ripresa nell’insegna:Porticciolo 1984, pur se sulla porta d'ingresso una targa, a voler essere precisi, riporta Al Porticciolo 84, telefono +39.0341.498103, via Fausto Valsecchi 5 l’indirizzo, una via in salita, che punta ai monti e non al lago.

Fabrizio Ferrari e Anna Valsecchi, insieme nel lavoro e nella vita
Le cose per lui sono andate così:
Fabrizio studia, arriva a laurearsi in giurisprudenza, con un primo vero impiego a Londra. Il secondo sarà a Milano, nel mondo dei computer, e il terzo, finalmente, lo riporterà sui suoi passi, diritto e filato nel ristorante di famiglia. Giovane tuttora, aveva 23 anni quando la Michelin, autunno 2003, presentò l’edizione 2004 della Rossa, un’edizione importante perché segnò il debutto del
Porticciolo nel paradiso stellato.
Pochissimi altri chef al mondo, non solo in Italia, possono vantare un traguardo così importante a un’età così verde. Solo che se ne sono accorti in pochi, io per primo sia chiaro. Lecco non ha mai amplificato la notizia, quasi che la cucina della famiglia Ferrari non le appartenesse. Del resto, non aiuta nemmeno proporre piatti di mare tra un lago (e il Lario, tra l’altro, non ha mai brillato per golosità) e i picchi di Grigna e Resegone.
Non è però solo una questione di materie prime in sé e di una tradizione scontatamente inesistente. C’è anche un problema di stile, di idee. Tanto era classico il mare di mamma e di papà (cucinava lei, è tuttora in sala lui con la nuora Anna Valsecchi), una materia prima assoluta lavorata secondo canoni classici, intramontabile in tal senso la grigliata, tanto quello del figlio guarda al futuro e al mondo intero. Stage da Uliassi, quindi Redzepi e il Noma, tra un po’ forse il Regno Unito, nulla insomma in comune con le radici dei genitori se non il mare.

Imbrina al vapore, lenticchie rosse, cavolo nero, chicharrones, pomodoro, un piatto di Fabrizio Ferrari del Porticciolo 1984 in Lecco
E qui nascono i problemi, due mondi in uno. Settimana scorsa, un amico gastronomicamente pronto mi parlava di un indirizzo come del miglior posto per il pesce a Milano. Gliene ho ricordato un altro e lui mi ha risposto: “Grande, ma lì fanno i piattini”. Qualche anno fa avrebbe evocato la
nouvelle cuisine. Ecco, al
Porticciolo coesistono i pesci al forno o alla griglia, il misto di crudo e forse anche gli spaghetti allo scoglio con una cucina d’autore che se fatta altrove avrebbe cento volte più eco. Il primo mondo non spaventa nessuno e risulta gradito alla stragrande maggioranza delle persone perché è così da sempre e ovunque. Per il secondo bisogna invece dedicarsi, entrare in sintonia con chi lo ha creato e prendersi il tempo necessario per goderselo in pieno. Quando hai fretta prendi l’auto, mica vai a piedi specchiandoti nel sole.
1. continua