Il futuro (e il presente) di Isole e Olena è scritto nel passato. Perché non è necessaria una rivoluzione, perché quella era già stata fatta da Paolo De Marchi cinquant’anni prima, al suo arrivo in azienda nel 1976. Basta proseguire su quella strada, inserendo solo piccoli cambiamenti.
Isole e Olena è sicuramente una delle realtà più famose e celebrate del Chianti Classico. Ma tutto nasce da un’intuizione di Paolo De Marchi, che cinquant’anni fa aveva capito le potenzialità di quella che, in realtà, era la tradizione della Toscana: il Sangiovese. In purezza.

La tenuta vista dall'alto
Se ora è molto più frequente parlare di
Chianti Classico realizzato con il 100% di
Sangiovese, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta non lo era affatto.
Dal passato al futuro. Perché il Gruppo Epi, della famiglia Descours, nel 2022 ha acquistato l’azienda da De Marchi, con un cambiamento che – come detto – non ha portato a una rivoluzione, bensì a un’evoluzione, seguendo la strada tracciata negli anni e valutando, nel caso, piccoli accorgimenti.

Il direttore Emanuele Reolon
Da due anni, poi, alla guida della cantina come direttore è stato chiamato l’enologo
Emanuele Reolon, arrivato in Toscana dopo diverse esperienze in Italia e in Europa. «Abbiamo 56 ettari vitati, dei quali 42 a
Sangiovese. Oltretutto ci troviamo in una situazione unica, perché non abbiamo nemmeno una vigna adiacente ai vigneti di un’altra azienda».
L’impresa di Paolo De Marchi inizia nel 1976, ma è dal 1980, con la nascita del Cepparello, che avviene la versa svolta. «Il Cepparello – spiega Reolon – non è mai stato un vino da singola vigna, ma un Sangiovese in purezza, frutto della selezione delle parcelle all’interno delle vigne. Raccogliamo a mano, fermentiamo in tini troncoconici di rovere francese le singole parcelle, poi affinamento in legno per 18 mesi. All’inizio era 100% in barriques, dall’annata 21 abbiamo iniziato ad allargare il parco legni con botti e tonneaux, ma stiamo studiando per il futuro il legno più adatto, valutando la foresta di provenienza, la grandezza della botte e la dimensione doga. Stiamo cercando il giusto abito per il Sangiovese».

Uno scorcio della cantina di affinamento
Ogni anno vengono realizzate circa 50mila bottiglie di
Cepparello, che rappresentano il 25% del
Sangiovese, e 150mila di
Chianti Classico.
«Abbiamo moltissime vigne di Sangiovese, con diverse esposizioni, altitudini da 350 a 500 metri sul livello del mare, e grande varietà di suolo: a Olena c’è più galestro, e anche calcare e roccia, mentre a Isole c’è alberese con più argilla. Ogni anno abbiamo la possibilità scegliere in funzione dell’annata e della qualità delle uve, che nelle annate si esprimono meglio».
«Ci sono diversi stadi di selezioni: luglio e agosto per invaiatura, poi una “scrematura” delle uve, finita la fermentazione, un’altra scrematura, poi dopo un anno di affinamento in legno, altra scrematura, per arrivare poi al taglio finale, botte per botte e vigna per vigna».
Nel Cepparello, quindi, il fil rouge non è il comportamento del singolo vigneto, ma il poter seguire l’annata, con le sue diverse sfaccettature.

La verticale di Cepparello
Un’interessante degustazione all’
Autem di Milano ha permesso proprio di scoprire l’evoluzione di questo grande vino, a partire da un’annata 2005 complessa e balsamica, passando da un’ottima 2010 ampia ed elegante, ma anche speziata, una sorprendente 2014, molto verticale, un’ottima 2015, dove spunta l’eleganza. E ancora: una 2016 un po’ più rotonda, una 2019 calda e ricca, una 2020 già dalla buona ampiezza, con note agrumate, e infine una 2021 che, nonostante la gioventù, dimostra un ottimo equilibrio, con una bella prospettiva per il futuro.
Un futuro che passa anche dalla cantina, con il progetto per la realizzazione di una nuova area dove poter ancora di più lavorare sulle singole parcelle, con vinificazioni mirate.
Durante il pranzo ad Autem, abbiamo assaggiato anche lo Chardonnay 2023: un vino moderno, intrigante, mai banale. Come tutti i vini di Isole e Olena, d’altronde.