Domenica prossima, 6 aprile, avrà inizio a Verona il Vinitaly, un’edizione numero 57 che si concluderà mercoledì 9. Raffaele Foglia, nella sua introduzione, lo presenta bene, evidenziando i quattro temi sui quali soffermarsi per riflettere. Sostenibilità anche economica, un enoturismo al passo con i tempi, i vini senza alcol e la bomba dei dazi imposti dalla nuova amministrazione Trump.
Credo che tutti gli imprenditori del pianeta vino abbiamo cerchiato sul calendario, prima ancora del 6 aprile, la data del 2 quando dovrebbero entrare in vigore dazi pari al 200 per cento. Da una decina di giorni non partono più container verso gli Stati Uniti e anche se il presidente statunitense dovesse dire che scherzava, ha comunque terremotato questo settore (e non solo questo) perché ha tolto certezze e linee di sviluppo imprenditoriale. Ogni credibilità, comunque, è già venuta meno.
Sono molto curioso di seguire anche gli sviluppi del vino dealcolato perché proprio non riesco a farlo mio, anche se le motivazioni che vi stanno dietro sulla carta hanno senso. Certo non basta dire che vi sono numerose alternative al vino come lo abbiamo sempre prodotto e conosciuto, vedi la kombucha. Il punto è che tutte sottraggono volumi ai produttori vitivinicoli, anche a quelli che si sono sempre impegnati nel coinvolgere, con iniziative mirate, i loro clienti per un consumo intelligente e misurato, senza quegli eccessi che portano solo danni.
Paolo Marchi
Vinitaly a Verona, guardando al futuro
Per il vino, in Italia e nel mondo, è un periodo complesso, dove affiorano tanti dubbi e dove, soprattutto, bisogna cercare di decifrare il futuro. Proprio per questo il Vinitaly, che si terrà a Verona dal 6 al 9 aprile, diventa un importante momento di confronto e di comunicazione.
Tanti i temi di riflessione per quanto riguarda questa 57esima edizione. Uno di questi è sicuramente la crescita dei Low Alchol, dei dealcolati, anche per andare incontro alle esigenze di un pubblico più giovane, oltre che per cercare di limitare i problemi per le uscite a cena, con i limiti prestabiliti per guidare in sicurezza, senza creare rischi per nessuno. Altro tema fondamentale per l’Italia è lo sviluppo consapevole e strutturato dell’enoturismo, dove le aziende non possono più trovarsi impreparate rispetto alle sempre maggiori esigenze di un turismo più attento. E poi c’è la questione legata alla sostenibilità, non solo ambientale ma anche economica. Infine ci sono i dazi, che rischiano di essere un grande freno al mercato del vino.
Insomma, mai come quest’anno lo sguardo verso il futuro è ricco di incertezze. Noi, nel frattempo, in questa edizione della newsletter, vi indichiamo quelli che, secondo noi, sono gli assaggi da non perdere.
Vinitaly, fiera dedicata agli operatori del settore, aprirà il 6 aprile e chiuderà il 9, dalle 9.30 alle 18. Tutte le informazioni su www.vinitaly.com.
RF

L'ingresso di Summa a Magré
Gli altri appuntamenti: Summa, ViniVeri, VinNatur
Non solo
Vinitaly. Tutto pronto a Magré per la nuova edizione di
Summa, l’appuntamento voluto dalla famiglia Lageder. I produttori presenti condividono la stessa filosofia: qualità, agricoltura sana (biologica, biodinamica o in conversione), voglia di sperimentare e la passione per il vino. Appuntamento sabato 5 aprile dalle 10 alle 18 e domenica 6 dalle 10 alle 17.
www.summa-al.eu/it
Dal 4 al 6 aprile, invece, si terrà a Cerea il classico evento di ViniVeri, all’Area Exp “La Fabbrica”. La regola dei produttori che fanno parte di questa associazione è: «Quanto stabilito non tratta metodi “bio” o “non bio”, ma indica semplicemente le azioni che permettono a una produzione di esprimersi pienamente e raggiungere l’obbiettivo di ottenere un vino in assenza di accellerazioni e stabilizzazioni, recuperando il miglior equilibrio tra l’azione dell’uomo ed i cicli della natura». Orario di ingresso dalle 10 alle 18. www.viniveri.net
Infine VinNatur, che invece si terrà dal 5 al 7 aprile a Gambellara, al Margraf Show-room, anche in questo caso dalle 10 alle 18. «Produrre vino naturale significa agire nel pieno rispetto del territorio, della vite e dei cicli naturali, limitando attraverso la sperimentazione, l’utilizzo di agenti invasivi e tossici di natura chimica e tecnologica in genere, dapprima in vigna e successivamente in cantina. L’associazione intende preservare l’individualità del vino dall’omologazione che chimica, tecnologia e industrializzazione hanno portato nelle attività vitivinicole». www.vinnatur.org
RF
Appius 2020, l’eccellenza di San Michele Appiano
San Michele Appiano è uno dei luoghi più vocati per la produzione enologica in Alto Adige. E lo si vede dalla qualità dei vini che la locale Cantina da oltre 100 anni sforna – da oltre un ventennio su standard qualitativi di enorme eccellenza – grazie al lavoro di Hans Terzer, del suo discepolo Jakob Gasser e della loro squadra. Vini moderni, attuali e ben radicati nella tradizione enologica della regione. Alle porte delle Dolomiti, con un importante numero di conferitori – oltre 300 – la Cantina esprime l’evoluzione del terroir, legata ai cambiamenti climatici, delle tecniche di produzione e affinamento e della commercializzazione. Fiore all’occhiello della produzione Appius è una cuvée ottenuta dalla selezione delle migliori uve di Chardonnay (in percentuale maggiore), Pinot Bianco, Pinot Grigio e Sauvignon provenienti da vigneti storici impiantati fra i 25 e i 40 anni fa nel Comune di Appiano. Un bianco che stupisce olfatto e palato con eleganza e carattere grazie al sapiente mix di uvaggi scelti.
Ad Appiano è stata costruita una nuovissima cantina dedicata proprio a questo fuoriclasse dei bianchi italiani. Dei giorni scorsi la presentazione di un progetto legato all’arte, in collaborazione con l’artista bolzanino Robert Pan, che ha firmato un’opera di 1,5 metri x 1,2 metri, scomposta poi in 10 elementi unici che sono riprodotti in etichette in vetroresina applicate su altrettanti Mathusalem di Appius. Una chicca per collezionisti d’arte e, soprattutto, di ottimo vino. Padiglione 6, Stand D1.
Maurizio Trezzi

Da sinistra, il Vermouth di Pisoni, Appius di San Michele Appiano e Amarone di Secondo Marco
Pisoni presenta Clessidra e Vermouth
Non solo vini.
Clessidra Stravecchia 20 Anni e il
Vermouth Valle dei Laghi di
Pisoni 1852 faranno il loro debutto in anteprima a
Vinitaly 2025.
Clessidra Stravecchia 20 Anni, dopo la 10 e la 15 Anni, completa la gamma delle grappe super invecchiate: prodotta in sole 400 bottiglie mediante la distillazione di pregiate vinacce trentine in alambicchi di rame con il metodo Tullio Zadra, riposa per più di 20 anni in barrique di rovere francese. «Con
Clessidra Stravecchia 20 Anni – spiega
Giuliano Pisoni, mastro distillatore di
Pisoni 1852 che assieme ad
Andrea,
Elio e
Francesco conduce l’azienda di famiglia – prosegue un progetto ambizioso, in cui crediamo fortemente. Raramente infatti le grappe riposano per un tempo così lungo, ma il trascorrere degli anni dona al prodotto sensazioni uniche. Anche l’alta gradazione alcolica è frutto di una precisa scelta aziendale: in questo modo riusciamo a mantenere integre struttura e composizione».
Il
Vermouth Valle dei Laghi, invece, è un altro tassello che si inserisce con armonia e coerenza tra le proposte di
Pisoni 1852, esprimendo appieno lo spirito trentino: qui il
Müller Thurgau della Valle dei Laghi si unisce all’artemisia e alle dieci botaniche che da sempre caratterizzano
Grappamara,
Amaro DonZio e
Gin 7 Laghi. «In questo caso – continua
Giuliano Pisoni – il
Vermouth cattura l’essenza del territorio. È il prodotto che completa la nostra gamma dedicata alla Valle dei Laghi».
Padiglione 3, Stand E3.
RF
Amarone Secondo Marco, visione moderna
La sua filosofia è sempre stata netta, chiara. «I vini della Valpolicella erano quelli delle osterie. Da bere. Ed è quello che dobbiamo fare ancora noi, oggi».Marco Speri è uno di quei viticoltori da conoscere: perché dietro al suo sorriso, c’è anche la consapevolezza che spesso per seguire le proprie idee bisogna andare controcorrente. Ma di questo non ha affatto timore.Se l’Amarone, in generale, si è costruito nel tempo la nomea di un vino strutturato e spesso troppo pesante, con le bottiglie da aprire soltanto nelle grandi occasioni, quello di Secondo Marco ha uno stile molto più moderno, contemporaneo, legato al fattore bevibilità. Ma che in realtà, come spiegato all’inizio, è un’espressione molto ben presente nella tradizione delle osterie venete di un tempo, dove si andava per un buon bicchiere (magari anche più di uno) e quattro chiacchiere.
Il suo Amarone va proprio in questa direzione. Soprattutto ci ha stupito l’annata 2014, dove è riuscito a superare le difficoltà di una stagione non facile, per arrivare a un vino che, dopo oltre dieci anni, ha trovato il suo equilibrio. Padiglione 7, Stand D4.
RF
Peaks & Valleys, le novità di Marilisa Allegrini
Grandi novità a Fumane dopo un anno di vita del Gruppo Marilisa Allegrini ben radicato in terra veronese con un progetto innovativo e di visione internazionale. Marilisa con le figlie Carlotta e Caterina e Andrea Lonardi, grande personaggio del mondo del vino a fianco al nuovo gruppo da quasi un anno, presentano Peaks & Valleys, un progetto di valorizzazione del territorio veronese che unisce e non divide le denominazioni: partendo dalla Valpolicella incrociando i suoli vulcanici di Soave fino alle colline moreniche e le rive del Lago di Garda con il Lugana.
Peaks & Valleys non è solo un nuovo brand siamo di fronte ad un modo di vedere al futuro attraverso una visione esterofila come il modello del “négociant” dove accanto alle vigne nel portafoglio di proprietà ce ne possano essere altre, in collaborazione, con viticoltori locali di fiducia. Quattro vini, 3 bianchi e un rosso: Lugana Selva del Vescovo Doc 2024, Soave Classico Castelcerino Doc 2024, Soave Classico Fittà Doc 2024 e Valpolicella Classico Monte Lencisa Doc 2024. Il nostro assaggio del cuore è il Soave Classico Castelcerino Doc 2024, 100% Garganega da vigne distese su suolo calcareo, a un’altitudine di 328 metri sul livello del mare. Vino salato e agrumeto, teso e con una grande capacità d’invecchiamento. Padiglione 9, Stand B15.
Cinzia Benzi

I vini della linea Peaks & Valleys
Nobile di Montepulciano di Boscarelli: territorio
La storia dell’azienda
Poderi Boscarelli inizia negli anni ’60 e vede nel 1967 la sua prima bottiglia: una storia raccontata oggi dai fratelli
Luca e
Nicolò De Ferrari e dai loro 22 ettari di vigna (per l’85%
Sangiovese) per una produzione di circa 140.000 bottiglie. La cantina si trova in località Cervognano a 300 metri sul livello del mare e immersa tra le dolci colline che scendono da
Montepulciano, guardando la Val di Chiana. Nel 1984 fa il suo ingresso l’enologo
Maurizio Castelli e nel 1991 nasce la prima etichetta de
Il Nocio che abbiamo degustato di recente con risultati sorprendenti.
ll Nocio Vino Nobile di Montepulciano DOCG è una selezione di
Sangiovese Prugnolo Gentile e vengono prodotte circa 5.000 bottiglie all’anno. Non è un vino semplice da trovare vista la quantità esigua ed anche il prezzo non sempre accessibile, per questo vi consigliamo di degustare l’annata 2021 in anteprima al
Vinitaly.
Il Nocio raccoglie l’eredità di anni di studio dei
De Ferrari volti a comprendere come il
Sangiovese trovasse la sua dimensione e la sua espressività in questo territorio. E sembrano proprio esserci riusciti.
Padiglione 9, Stand D5.
Salvo Ognibene

Il Nobile di Montepulciano "Il Nocio" di Boscarelli
Querciabella punta su qualità e ambiente
Querciabella - una delle cantine toscane che ha contribuito a fare la storia della denominazione del
Chianti Classico sin dalla sua fondazione nel 1974 - ha da sempre puntato sulla qualità assoluta delle uve, scegliendo con cura i terreni e le tecniche di vinificazione. La filosofia di
Querciabella va infatti oltre la “semplice” qualità del vino: in azienda si pratica un’agricoltura biologica e biodinamica che guarda alla fertilità dei suoli e che garantisce un’armonia tra la viticoltura e l’ecosistema circostante. Questo approccio permette di produrre vini che rispecchiano il territorio senza fronzoli o forzature, in un ambiente sano e sostenibile.
Il
Chianti Classico DOCG di Querciabella, vino bandiera dell’azienda, viene prodotto con una selezione delle uve provenienti dalle migliori zone di tre delle sottozone più prestigiose della denominazione, lasciate a riposare 14 mesi in botti di rovere fino all’assemblaggio finale, a cui segue l’affinamento in bottiglia. Ed ecco aromi di ciliegia matura, prugna e sottili note speziate, un’eleganza al sorso e un sorprendente equilibrio armonioso dei tannini, sapientemente integrati.
Non soltanto un vino, ma la sintesi di un modo di guardare alla viticoltura, la celebrazione del legame profondo e autentico tra il territorio e chi lo coltiva.
Padiglione 9, Stand D11.
Amelia de Francesco
Fedra, l’omaggio di Tommaso Inghirami
Fedra di Fattoria di Grignano prende il nome da un antenato del produttore, Tommaso Inghirami (1470-1516), letterato e umanista italiano noto per aver scoperto Raffaello, che gli dedicò un celebre ritratto. Professore di retorica all’Accademia Romana, Inghirami conquistò il pubblico con la sua eloquenza, guadagnandosi il soprannome Fedra dopo una straordinaria interpretazione teatrale.
Oggi, di nuovo un Tommaso Inghirami omaggia la famiglia con un vino, che celebra un’eredità legata all’arte e alla moda: il marchio di camicie Ingram, fondato 70 anni fa dal nonno Fabio Inghirami, il cui nome compare in etichetta. L’amore per l’arte, prima espresso nella moda, si traduce ora nel vino, nato da uve Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, raccolte a mano da viti ventennali. Dopo vinificazione in acciaio, il vino matura 18 mesi in barrique e affina 24 mesi in bottiglia. Alla vista si presenta di un rubino luminoso con una bella limpidezza, grazie al colore poco intenso. Al naso colpisce la prevalenza dei frutti rossi, solleticati da note di erbe aromatiche come alloro e dragoncello, con toni freschi di ginepro sul finale. Gradevole l’ingresso in bocca, lineare, pulito, dai tannini integrati e finale succoso e sapido. Padiglione 9, Stand D10.
Leonardo Romanelli

I Chianti Classico di Querciabella, il libro su Villa Bucci e Fedra
Villa Bucci, in un libro la storia e il futuro
Il 6 aprile a Verona ci sarà l’anteprima nazionale, in occasione di
Vinitaly, del libro monografico
Villa Bucci l’iconica
cantina marchigiana fondata da
Ampelio Bucci. Un libro che racchiude la storia di
Villa Bucci tra passato, presente e futuro.
Ampelio Bucci voce narrante attraverso le parole scritte da
Cinzia Benzi, arricchite dalle immagini storiche e affiancate a quelle inedite di
Francesca Brambilla e
Serena Serrani, traccia le tappe salienti della creazione di questo iconico vino delle Marche. Un libro che svela il presente e il futuro di
Villa Bucci. Dal luglio 2024 è
Federico Veronesi a guidare la cantina raccogliendo il testimone di
Ampelio per continuare il suo percorso con la stessa dedizione, lungimiranza e assoluto rispetto del passato. Un giovane si racconterà con la sua formazione e la grande passione incondizionate per il vino.
Una doppia prefazione di
Ampelio Bucci e di
Luciano Ferraro, vice direttore del
Corriere della Sera e una postfazione di
Ampelio Bucci oltre a pensieri autorevoli di
Moreno Cedroni,
Federico Veronesi,
Gabriele Gorelli,
Andrea Amadei,
Jeff Porter,
Enrico Bartolini e
Sebastien Ferrara. Bere
Villa Bucci è riconoscere uno stile di
Verdicchio, una trama inconfondibile, proprio come vuole esprimere questo volume edito da
Seipersei. Prezzo di copertina 60 euro.
Padiglione 7, Stand C1.
Bussoletti, fortissimamente Ciliegiolo
Fortissimamente Ciliegiolo, capace di svelarsi in diverse anime. A Vinitaly una tappa che si preannuncia interessante è in Umbria, dall’azienda Leonardo Bussoletti. A Verona verranno presentate le nuove annate dei vitigni profonda espressione del territorio, dal Ciliegiolo al Grechetto. Ma è proprio il primo che offrirà una particolare novità.
Un passo indietro. La cantina umbra è nata soprattutto per valorizzare questo vitigno autoctono, che sa unire poi nella bottiglia carattere e bevibilità, come richiedono anche i nostri tempi. Pensiamo al Ràmici, il cru della cantina, dal nome intrecciato al toponimo del vigneto ad Alviano. Le piante hanno quasi cinquant’anni e i terreni, sabbiosi, si trovano a 190 metri di altezza e guardano le sponde del fiume Tevere. Ma in questa cornice farà anche la sua comparsa Asla Pet-Nat Umbria Igt Ciliegiolo 2024. Con una storia speciale da raccontare e degustare: si tratta di un rifermentato in bottiglia a tappo corona da uve Ciliegiolo 100%. Un’altra tonalità di espressione, che si presenta con delicatezza fin dal colore ma promette anche personalità.
Le uve, si precisa, provengono da due vigneti a San Gemini, Colle Ozio e Colle Pizzuto, a un’altitudine tra 230 e quasi 300 metri. Padiglione 7, Stand B5.
Marilena Lualdi
Piantagrero di Tabarrini e il vitigno ritrovato
La Cantina Tabarrini è molto più di una semplice azienda vinicola: è il battito di una terra generosa, il respiro della tradizione e il sogno di una famiglia che da generazioni si dedica con amore alla viticoltura. A Turrita di Montefalco, tra colline che sembrano dipinte dalla natura, Giampaolo Tabarrini ha trasformato la passione ereditata in un’arte, dando vita a vini che raccontano l’anima più autentica dell’Umbria. Ogni filare, ogni grappolo è il frutto di un equilibrio perfetto tra il rispetto per la storia e la voglia di innovare, tra la saggezza del passato e il desiderio di guardare avanti.
Tra le sue creazioni più affascinanti c’è il Piantagrero, un vino che nasce dal Grero, antico vitigno autoctono che per troppo tempo è rimasto nell’ombra. Tabarrini lo ha riportato alla luce, riscoprendone l’essenza e donandogli una nuova voce. Il Piantagrero è intenso e misterioso, con il suo colore profondo che cattura lo sguardo e i suoi profumi avvolgenti che parlano di terra, sole e tempo. Al palato è un viaggio sensoriale: la frutta succosa esplode con energia, mentre l’acidità vivace e la trama tannica elegante gli donano carattere e longevità. È un vino che non si lascia dimenticare, che evolve nel bicchiere come una storia che si svela lentamente, sorso dopo sorso. Il Piantagrero è il simbolo di un amore viscerale per la propria terra, un atto di devozione verso quei vigneti che sussurrano storie antiche e che, grazie alla passione della Cantina Tabarrini, continueranno a farlo per generazioni a venire. Padiglione 12, Stand A2.
Stefania Oggioni

Piantragrero di Tabarrini, Asla di Bussoletti, Old John di Pellegrino e cuGino di Spadafora
Pellegrino, Old John 1998 esalta il Marsala
Il 1880 riportato in etichetta è l’anno in cui
Paolo Pellegrino, notaio e viticultore, affiancato dal figlio
Carlo, fondò l'azienda
Pellegrino, creando gli stabilimenti e trasformando una cantina familiare in una grande industria enologica. In oltre 135 anni di storia e di grandi successi, la
Pellegrino ha raggiunto un’estensione di 150 ettari vitati, 4 nuove tenute familiari e 3 poli produttivi.
La sede centrale si trova a Marsala, nel centro cittadino, così come è stato da sempre: risale all'anno di fondazione, infatti, la prima vinificazione del famoso vino siciliano. Ancora oggi nelle storiche cantine
Pellegrino, in oltre mille barrique e botti in legno di rovere, affinano per lunghi anni le differenti tipologie di
Marsala. Il
Marsala Superiore Ambra Semisecco Riserva “Old John” 1998 offre un'intensità aromatica straordinaria con un bouquet ricco di sciroppo d'acero, castagne arrostite, zucchero di canna, caramello, fichi secchi e tabacco da pipa. In bocca il calore si fonde con l'intensità carnosa e la ricchezza della struttura, per dar vita ad un sorso suadente, avvolgente, dal finale delicatamente salino e dai richiami retrolfattivi lunghissimi. Ottimo anche sorseggiare da solo, dedicandogli il giusto tempo.
Padiglione 2, Stand 38D.
Adele Granieri
Il cuGino sfida i cambiamenti climatici
A Virzì, nel cuore della Sicilia, nella parte sudoccidentale del territorio di Monreale, ad ovest di Camporeale, la famiglia Spadafora porta avanti da generazioni una viticoltura attenta, che dialoga ogni giorno con il territorio e le sue sfide. Da questa filosofia fa il suo recente ingresso Il cuGino, il nuovo vino bianco frutto della vendemmia 2024, prodotto da uve Grillo raccolte il 26 luglio su tre diversi appezzamenti. Il cuGino è il risultato di una scelta agricola ragionata, nata per affrontare un’estate torrida e asciutta, trasformando le difficoltà climatiche in opportunità.
Vinificato in cemento con lieviti indigeni, il vino si rivela all’olfatto piacevole e delicato, con note di erbe aromatiche, un delicato floreale e tracce di frutta a polpa bianca; il sorso è snello, sapido e carezzevole, perfetto per chi cerca vini freschi, di facile beva ma mai banali. Sostenibilità e attenzione al dettaglio completano il progetto, da qui la scelta di eliminare la capsula in plastica e accedere con il QR code a tutte le informazioni della bottiglia, facilitandone in questo modo il riciclo. Il cuGino, come suggerisce il nome, è il parente stretto del Principe G, ma con un’anima nuova e decisamente contemporanea; si tratta di un vino che pur essendo differente mantiene uno stretto legame con il Grillo storico dell'azienda.
In questo modo la famiglia Spadafora continua a dimostrare che ascoltare il vigneto, interpretare il territorio e affrontare le sfide climatiche con intelligenza può dare vita a vini capaci di raccontare l’anima autentica di Virzì e proiettarsi verso il futuro. Padiglione 8, Area FIVI C8-C9, Desk 1.
Fosca Tortorelli