14-10-2024
La tenuta di Romano Dal Forno a Illasi
Ve lo immaginate Romano Dal Forno, uno dei produttori simbolo di Amarone, a guidare un autobus di linea a Verona? Non è uno scherzo, ma è quello che poteva avvenire una quarantina di anni fa.
Si tratta del più classico caso di “sliding doors”, quando un “fallimento” (si fa per dire) si trasforma in una grande occasione di rivincita, di successo.
Romano Dal Forno mentre racconta la sua storia
Proprio Romano Dal Forno, durante un pranzo a Milano dove presentava i suoi vini, ha raccontato la sua storia. «Quando ero giovane, ho fatto il concorso per autista del bus, a Verona. Ma sono arrivato 27esimo, quando i posti erano solo tre».
Quindi quella strada era chiusa. «Mio padre aveva l’azienda agricola a Illasi, che però lavorava per conto terzi, con circa 7,5 ettari. Per me voleva qualcosa in più e mi spingeva a uscire – racconta Dal Forno – Ormai il concorso era andato male. Allora ho parlato con mia moglie Loretta, per cercare una soluzione, perché non volevo essere di peso a mio padre: così abbiamo fatto un po’ di vino. Andavo a venderlo porta a porta, ma anche nei cantieri degli operai. Il mio vino piaceva».
I vigneti in Valpolicella
Ma Romano Dal Forno non voleva assolutamente fermarsi. «Mi imbatto in una bottiglia di Quintarelli – racconta ancora – Così chiedo al sugheraio chi era questo Giuseppe Quintarelli, perché volevo conoscerlo. Un giorno una persona, Celestino Gaspari, che poi diventerà il genero di Quintarelli, mi dice che può organizzarmi un incontro. E così fece, e fu amore a prima vista. E lui vide in me quel figlio maschio che non aveva mai avuto. Comunque non ho mai lavorato insieme a Quintarelli, ma c’è sempre stato un rapporto di amicizia e supporto».
Così, dall’idea di fare il vino per evitare di essere di peso al padre, nasce il progetto che, negli anni, porterà Romano Dal Forno a essere uno dei produttori simbolo dell’Amarone, svincolando quel preconcetto – evidentemente ingiustificato – che si potesse fare un Amarone di grande livello solo nella zona Classica, e non in quella “allargata”.
«Questa è la mia vita – ribadisce – ci ho scommesso l’anima in quello che ho fatto. Anche se questo non è sempre stato giusto, perché ho avuto meno tempo per famiglia e per la serenità, ho vissuto fin troppo intensamente questa avventura. Alla fine comunque sono soddisfatto, perché è andata bene».
Romano Dal Forno durante una vendemmia di qualche anno fa
Ma Romano Dal Forno guarda anche al futuro, non solo dell’azienda, ma anche della sua famiglia. «Lascio sempre più spazio ai figli… Che tu sia su un bus o su un’auto, uno solo uno deve guidare. Come fondatore ho la tentazione di dire “so io cosa fare”. Ma i giovani sanno cavalcare il momento, e il futuro è loro. È un po’ come nel calcio: meglio uscire per tempo dal campo, prima che ti caccino… E questo fa bene sia a chi esce sia a chi entra».
«I miei figli hanno respirato in toto l’azienda, fin da bambini. Sono sempre stati presenti. Marco ha preso in mano dall’azienda alla vendemmia 2020, non ho mai avuto un tentennamento. Vorrei spegnere l’immagine di Romano e accendere quella di Marco».
I vini presentati a Milano in anteprima
Così ha presentato in anteprima i suoi Valpolicella Superiore “Monte Lodoletta” e Amarone “Monte Lodolotta” 2018. E premette: «Anche il 2018 è una “sarà”… Sono vini giovani, da attendere negli anni». Per quanto riguarda la tecnica, Dal Forno tiene moltissimo alla vigna, ma anche al processo di appassimento. «Abbiamo un sistema a binario che porta areazione a tutte le cassette, e un altro ventilatore che diffonde l’aria nella parte bassa del fruttaio. Questo per avere una diffusione omogenea su tutti i grappoli». La botrytis? «No, assolutamente no! A Romano Dal Forno la botrytis sta sulle… scatole».
«Quando apro una bottiglia che non è quella che mi aspetto, a me fa male, non mi va che sia sottotono. È un aspetto che ho sempre vissuto con troppa ansia»
Mai sottovalutare il Valpolicella Superiore “Monte Lodoletta”: 60% Corvina, 10% Corvinone, 5% Rondinella, 15% Croatina e 10% Oseleta, appassimento di più di un mese e poi affinamento in barriques. Si tratta di un vino certamente più immediato, con note fruttate, ma che poi si apre sempre di più nel bicchiere. Il sorso è avvolgente, ma ancora con una spinta di acidità e una fine trama tannica.
L’Amarone della Valpolicella “Monte Lodoletta” è il fratello maggiore: stesse uve del Valplicella Superiore, ma con tre mesi di appassimento e affinamento sempre in barriques. Profumo ampio, che spazia dal fruttato dolce al balsamico, ancora erbe officinali, un tocco di vaniglia dettato dal legno, presente ma perfettamente integrato. In bocca è ricco ma non opulento, mai pesante nonostante una gradazione alcolica non indifferente. Sicuramente giovane, ma già molto piacevole, soprattutto con i giusti abbinamenti, mantenendo un’ottima bevibilità nonostante la grande struttura. «Credo che la 2018 sia una grande annata» commenta Romano Dal Forno.
Nell'ordine, Valpolicella Superiore “Monte Lodoletta”, Amarone “Monte Lodolotta” 2018 e 2010, e Vigna Seré 2004
Infine, una piccola chicca: si tratta del Vigna Seré 2004, in sostanza il Recioto di Dal Forno. «Questa è l’ultima annata prodotta. Nei vari anni della mia azienda, l’ho realizzato solo sei volte». Una vera perla enologica, con una dolcezza mai stancante che si abbina a sentori speziati e di confettura di frutta, anche qui con un finale balsamico e ampio.
A dimostrazione del fatto, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che i vini di Romano Dal Forno sono tutt’altro che banali, e raccontano la sua fantastica avventura.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
di
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
La conferenza che ha aperto Amarone Opera Prima a Verona
Marco Speri ha fondato la sua azienda Secondo Marco nel 2008
La storica villa dove ha sede la Burato Wines
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo, dando voce a grandi blasoni, insomma delle vere e proprie istituzioni, ma anche a piccole aziende: tutto questo è In cantina.