«La zonazione dell’Alto Adige del vino è realtà». L’annuncio è stato dato direttamente dal vicepresidente del Consorzio Vini Alto Adige, Martin Foradori Hofstätter, incontrato nella sua cantina di Termeno sulla Strada del Vino. Per l’Alto Adige si tratta di un altro importante passo in avanti, sempre nel segno della qualità e della ricerca dell’eccellenza.
Un lavoro voluto proprio per cercare ancora di più di accentuare la forza della diversità di un territorio che, seppur piccolo, ha una grande varietà di vitigni e di vini, con una minuziosa e quasi maniacale attenzione per i vigneti.
Il progetto parte dal lontano. «Dopo 7 anni di lavoro avremo finalmente la zonazione con
le Unità Geografiche Aggiuntive (Uga), ora è ufficiale anche in Alto Adige – spiega
Martin Foradori Hofstätter – Già sui vini di questa vendemmia 2024 sarà possibile utilizzare queste
Uga, sempre che rispettino i parametri stabiliti dal disciplinare. Al momento non sappiamo però quanti colleghi abbiano iniziato a vinificare rispettando le indicazioni della zonazione».
In sostanza il territorio vitivinicolo Altoatesino è stato suddiviso in 86 zona, andando a definire quali siano i terreni, o meglio le parcelle, maggiormente vocati per i singoli vigneti. «Nelle singole Uga – continua il vicepresidente del Consorzio - le varietà consentite possono essere al massimo 5. Queste sono state scelte dai gruppi di lavoro dei singoli paesi, ai quali hanno partecipato tecnici e agronomi. Per esempio, per quanto riguarda l’Unità Geografica Aggiuntiva di Mazon, la varietà consentita è una sola, cioè il Pinot nero».

I vigneti dell'Alto Adige: ci sono grandi differenze anche a distanza di poche centinaie metri
L’iter è stato lungo e laborioso, ma l’Alto Adige ha effettuato un lavoro di grande confronto con i diversi vignaioli, andando a cercare di avere un risultato finale che andasse a rispondere alle diverse esigenze, ma sempre con l’obiettivo di puntare in alto.
«Credo che le Uga siano molto importanti, perché il territorio altoatesino è talmente piccolo che, se vogliamo differenziarci, dobbiamo entrare nel dettaglio. In tal senso, noi siamo stati molto più certosini rispetto alla zonazione del Chianti Classico, la quale in sostanza raggruppa i vigneti secondo parametri legati maggiormente ai confini comunali della zona. Noi, per fare un esempio, solo a Termeno abbiamo sei differenti Uga».
Le 86
Uga andranno così a “incasellare” i venti diversi vitigni coltivati in Alto Adige in ambiti territoriali precisi. Chi vorrà fregiarsi di queste menzioni, però, dovrà anche diminuire le rese per ettaro del 25% rispetto a quanto già stabilito dal disciplinare della
Doc Alto Adige.
Un passaggio che anche il direttore del Consorzio, Eduard Bernhart, accoglie con grande favore. «Lo stiamo aspettando da 7 anni – aveva raccontato poche ore prima dell'annuncio da parte del vicepresidente Hofstätter – ed è un lavoro che permette di approfondire ancora di più il nostro territorio e che va a ribadire la volontà di mostrare come l’Alto Adige sia una regione vitivinicola dove è diffusa la qualità».

Il direttore del Consorzio, Eduard Bernhart
Insomma, se la rivoluzione dell’Alto Adige vitivinicolo è iniziata alla fine degli anni Ottanta/inizio Novanta, con lo storico passaggio che ha portato pian piano a mettere in secondo piano i vini rossi leggeri come la
Schiava (passata da 4mila ettari ai soli 500 attuali) per valorizzare la produzione dei vini bianchi di alta fascia (ma anche del
Pinot Nero), ora siamo a un altro passaggio per certi versi storico, che è da considerarsi un’evoluzione. Il territorio altoatesino è formato da quasi 4.800 viticoltori coltivano circa 5.800 ettari di vigneti in zone climatiche molto eterogenee, su terreni diversi e ad altitudini che variano dai 200 ai 1000 metri di quota.