05-10-2024
Massimo Piccin mostra con orgoglio e felicità il suo Le Secche, prodotto sull'Isola del Giglio
«A me l’Ansonica non piace. Ma poi quando sono arrivato sull’Isola del Giglio e ho visto quella vigna mi sono innamorato. E non ho saputo dire di no».
Massimo Piccin, prima che ingegnere e successivamente produttore di vino, è una persona profondamente amante del bello. Ed è per questo motivo che si è innamorato di quel pezzetto di terreno, solo 3mila metri quadrati, che si inerpicava sul fianco dell’Isola del Giglio, sul versante Ovest, a breve distanza dal Faro di Punta Fenaio. Da qui nasce il vino Le Secche.
Il vigneto incastonato tra la macchia mediterranea
Qui nasce Podere Sapaio, nel 1999: «Gli anziani proprietari della tenuta mi hanno venduto 8 ettari, dove c’era una piccola parte di vigneto a Trebbiano e a Sangiovese, seminativi e poi terra nuda. In pratica dovevo iniziare da zero». Ma Piccin è un ingegnere, non un enologo o un agronomo. «Fu Luigi Veronelli che mi mise in contatto con l’enologo Carlo Ferrini. Da lì iniziò la nostra collaborazione».
Il faro di Punta Fenaio
Massimo Piccin non è un produttore per passione, ma lo fa perché fare vino lo rende felice. E questa felicità cerca di trasmetterla non solo nelle bottiglie, ma anche in tutto quello che realizza.
Così, nel 2015, arriva sul Giglio e gli propongono una vigna di Ansonica. «A me, però, l’Ansonica non piace. Non è il mio vitigno, non sono i miei vini. Però poi mi portano a vedere la vigna, solo tremila metri di terreno. Quando arrivo non posso fare altro che stupirmi della bellezza di quel luogo».
Massimo Piccin mostra la sua vigna
Anche il vigneto ha avuto una sua evoluzione. «C’erano molte fallanze, che abbiamo dovuto colmare. Poi mi proposero un altro pezzo di terreno di quattromila metri appena sotto al vigneto originale. Lì abbiamo dovuto fare un nuovo impianto, ora le vigne giovani stanno iniziando a dare i loro frutti».
Il momento della vendemmia: quante difficoltà per portare l'uva in cantina
D’altronde, a quel vigneto si accede solo attraverso uno stretto sentiero, con una mezz’ora di cammino. La lavorazione è esclusivamente a mano e anche la vendemmia diventa una impresa, per portare le cassette di uva fino a un luogo dove si può utilizzare un mezzo per trasportarle. Poi vengono portate a Bolgheri, per la vinificazione e l’affinamento.
La serata con gli chef: al centro Massimo Piccin
Con tutti i tre piatti dai sapori ben decisi, Le Secche ha dimostrato di essere un bianco “anomalo”, per certi versi più vicino a un vino rosso, dove la parte aromatica fruttata, ma anche di erbe officinali e di macchia mediterranea, era supportata da una struttura notevole, con una leggera parte tannica conferita dai raspi, e una grande profondità. Quindi il vino ha saputo perfettamente reggere il confronto con le ottime preparazioni dei tre bravi chef.
E il sorriso di Massimo Piccin, alla fine, arriva come giusto coronamento di una serata speciale. «Questo è il nostro non-regno, dove il mare cerca di somigliare alla terra».
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
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giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo, dando voce a grandi blasoni, insomma delle vere e proprie istituzioni, ma anche a piccole aziende: tutto questo è In cantina.