Le temperature diminuiscono, cambiano i colori dei boschi e delle vigne, la vendemmia ormai si conclude dopo un anno di lavoro.
Ci siamo: l’autunno è arrivato, non solo come stagione ma anche a tavola. E pure nel mondo del vino: se nei mesi più caldi si andava alla ricerca di vini freschi e beverini (ma abbiamo visto anche come si possano trovare dei rossi adatti all’estate, come potete leggere qui), ora si va alla ricerca dei profumi, che si accostano alle materie prime della stagione: zucca, funghi, tartufi, i primi cavoli, ma anche la selvaggina. Così, come redazione di Identità di Vino, abbiamo puntato proprio sull’abbinamento tra vini che incontrano il nostro gusto e piatti particolarmente golosi dell’autunno.
La nostra regola, come sempre, è cercare di non essere banali. E speriamo di esserci riusciti anche questa volta.
Raffaele Foglia
I CONSIGLI DEI NOSTRI ESPERTI PER IMPERDIBILI ASSAGGI D'AUTUNNO
Barbaresco Asili di Giacosa e Lepre al civet
Il
Barbaresco Asili di
Bruno Giacosa è un vino icona del Piemonte, apprezzato e ricercato dagli amanti dei rossi di Langa e ricercatissimo dai collezionisti di tutto il mondo, con le vecchie annate che raggiungono quotazioni ormai elevate nelle aste di tutto il mondo.
Bruno Giacosa - scomparso a quasi novant’anni nel 2018 - è stato uno dei più importanti protagonisti della scena vinicola italiana, un vero e proprio maestro che ha saputo interpretare in maniera autentica e personale al tempo stesso il terroir delle Langhe. La sua filosofia produttiva, basata sul rispetto della tradizione enologica e sulla ricerca della massima qualità in vigna e in cantina - se un’annata non soddisfaceva i suoi criteri, non la imbottigliava! - si ritrova pienamente nel
Barbaresco Asili. Questa etichetta è prodotta con le uve
Nebbiolo coltivate nello storico
Cru di
Barbaresco e la sua caratteristica distintiva risiede in una eleganza senza tempo, che consente al vino di invecchiare divinamente, rivelando dalla sosta in bottiglia sfumature sempre nuove e complesse, che fanno venir voglia di riassaggiarlo negli anni. Al naso si ha un bouquet ampio, con note golose di frutta rossa matura, spezie dolci, fiori secchi e sentori minerali. Al palato, un'armonia pressoché perfetta fra i tannini setosi, acidità vibrante e una lunga persistenza gustativa. Grazie a queste sue caratteristiche, viene naturale pensarlo in accoppiata con un piatto della tradizione langarola come la Lepre in civet
: una preparazione dal mondo della selvaggina, che unisce il sapore deciso ai vini del territorio, utilizzati per stufarla lungamente e per condirla al momento del servizio, addensati in una salsa saporita.
Amelia De Francesco
Barbera di Correggia e risotto porcini e formaggella
L’autunno è la stagione del bosco. Dopo la freschezza e i profumi iodati dell’estate, si entra in una dimensione che sa di muschio, di elementi balsamici, di quel caratteristico sentore di terra bagnata. E ancora i funghi e più in là, a novembre, i tartufi. Profumi decisi, intensi che ritroviamo nei piatti di questa stagione come il risotto preparato con i boleti, secchi o freschi, e mantecato, a lungo già da metà cottura, con una bella dose di burro e con pezzettoni (come quelli dello spot della marmellata) di formaggella d’alpeggio. Facile da preparare a casa, semplice da trovare in molti ristoranti. Uno su tutti il Miramonti l’Altro. La versione di Philippe Leveille è la migliore al mondo. L’abbinamento, va da sé, è con un bel rosso di corpo, struttura, muscolare senza essere invadente. La scelta ci porta in Roero dove la memoria e l’eredità di un grande viticoltore come fu Matteo Correggia, rivivono nei suoi vini, prodotti oggi dalla moglie di Ornella e dal figlio Giovanni. Il Barbera d’Alba superiore Marun nasce sui terreni sabbiosi del Roero, cresce in vigna fino a settembre inoltrato e quindi si sviluppa, dopo la fermentazione di oltre una settimana sulle bucce, con un affinamento di almeno 15 mesi in botti da 30 ettolitri e barrique (è stata uno fra le prime Barbera a passare per le botti piccole), e altri 10 mesi in bottiglia. Ricco, vivo, concentrato, ha bei tannini e una raffinata persistenza. Emergono il tabacco, le spezie, la noce moscata. Un vino che sa rendere speciale un piatto come il nostro risotto ai funghi. Maurizio Trezzi
Pinot Nero SG67 Cordero con tagliolini al tartufo
L’autunno sa avvolgere dei suoi profumi e della sua autorevolezza: noi troviamo questo connubio a tavola grazie a un piatto di tagliolini al tartufo accompagnati da un Pinot Nero dell’Oltrepò che ben incarna i concetti sopra espressi. Si tratta di SG ’67 di Cordero San Giorgio. La tenuta sprigiona aria di storia, dalla torre merlata ai boschi, arrivando al vigneto dove nasce questo vino, il più vecchio, ovvero impiantato nel 1967, con un’esposizione a Sud-Ovest. Il terreno è composto di argilla e rocce calcaree. Tutto da vivere con la piacevole pazienza delle sere autunnali questo Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Doc, con il vitigno che detta la sua gradevole legge al 100%. Accoglie con un rosso rubino scandito da sfumature granata e garantisce un’intrigante esperienza al naso, tra erbe e frutti rosse, specie e caffè tostato. È un vino dalla personalità netta, eppure si rivela versatile negli abbinamenti. Il piacere all’olfatto trova conferma imminente al palato, dove persistono quei primi sentori percepiti e regalano un finale balsamico, da godere a lungo. In generale, questo vino ispira equilibrio e saggezza ed è un degno compagno autunnale, come il nostro piatto di tagliolini fumanti. Marilena Lualdi

Andrius di Andriano si esalta con i porcini
Andrius è probabilmente uno dei
Sauvignon Blanc più profondi e immediatamente riconoscibili dell’Alto Adige. Non si tratta affatto di un vino leggero e beverino, ma è strutturato, ricco, complesso, ma nel contempo estremamente fine, elegante, sapido. Si tratta di uno dei vini più rappresentativi di
Cantina Andriano, la storica cantina sociale dell’Alto Adige nata da 31 soci nel 1893, 131 anni fa. «
Andrius 2023 è un vino teso e strutturato con un frutto brillante tipico dei terreni calcarei - lo descrive l’enologo dell’azienda,
Rudi Kofler - Al colore colpisce il suo giallo paglierino con riflessi verdognoli. Profuma di albicocche, uva spina e sambuco con una piacevole nota speziata. Al palato rivela una struttura corposa e potente, con una bella acidità e un finale lungo e complesso. Un vino sicuramente dal grande potenziale evolutivo». Un vino che fa pensare alla montagna. Grazie alla sua aromaticità, ma anche alla sua profondità e sapidità, ci piace accostarlo a un bel piatto di funghi porcini, trifolati o magari anche fritti. L’annata è 2023: se preferite tenerla in cantina qualche anno, non fate una scelta sbagliata.
Raffaele Foglia
Il Nero Magis Riserva abbraccia i fusi al tartufo
I primi freddi e le prime piogge ci spingono a ricercare sapori caldi ed avvolgenti. La scelta sicura di un vino rosso è quasi scontata, ma diviene una scoperta se parliamo di Pignolo, un vitigno autoctono del Friuli Venezia Giulia che mantiene da un lato note fresche, a richiamo dell’estate che sta finendo, e sentori speziati dall’altro, che ci accompagnano all’autunno. Il Nero Magis Riserva 2016 è un esempio brillante di tutte le particolarità di questa uva: il colore intenso rosso granato, racconta di un vino corposo, rigoroso e potente; un vino che va atteso, in quanto particolarmente portato all’invecchiamento, e caratterizzato da una presenza prepotente dei tannini. La sua profondità aromatica bilancia perfettamente la ricchezza del tartufo, in questo caso una qualità croata lavorata in un primo piatto, i fusi. Una pasta rustica ma raffinata, tipica della penisola istriana. I tannini e la complessità del vino contrastano l’untuosità del piatto, mentre le note speziate e terrose del Pignolo si fondono armoniosamente con i profumi penetranti del tartufo. Un abbinamento che evoca la calda intensità delle giornate che si accorciano e il fascino dei colori ambrati delle vigne. Stefania Oggioni
Il Sangiovese di Villa Papiano ideale per il castrato
Villa Papiano è un’azienda vinicola situata a Modigliana, nell'Appennino Tosco-Romagnolo, fondata nel 2001 dalla famiglia Bordini. Il capostipite è Remigio, famoso agronomo operante in Toscana a lungo, ed oggi sono i 4 figli che la portano avanti con grande passione ed energia. La tenuta si estende su terreni di alta collina, tra i 450 e i 550 metri sul livello del mare, con una forte vocazione per la produzione di sangiovese di montagna. I vigneti, coltivati secondo i principi della viticoltura biologica, sono caratterizzati da suoli sabbiosi e calcarei, ideali per vini eleganti e di spiccata mineralità. In questo contesto appare naturale pensare al loro Romagna Superiore Sangiovese Modigliana Vigna Beccaccia 2021 in abbinamento con uno dei piatti tipici del territorio, il castrato al forno. Rappresenta un classico dei pranzi domenicali, anche al di fuori del periodo pasquale: il segreto sta nella cottura, che lo deve mantenere morbido all’interno, con una crosta esterna saporita ed una succulenza invitante. Il vino si presenta con note floreali accennate ed un frutto nitido di ciliegia. Corpo agile, nerbo acido vivace, dai tannini ben distribuiti, sapidità golosa per un finale che si unisce in bella convivenza alla carne. Leonardo Romanelli

San Leopoldo di La Casaccia di Franceschi e anatra
Flavia e
Federico dedicano questo vino al padre
Leopoldo Franceschi che ha lanciato
La Casaccia di Franceschi nel 2015, facendo tesoro dell’antica tradizione familiare di viticoltori che lo hanno preceduto, da fine anni dell’Ottocento. L’azienda oggi interamente gestita dai figli è cresciuta bene aggiungendo alla coltivazione di
Sangiovese a
Montalcino, il
Merlot, il
Cabernet Sauvignon, il
Cabernet Franc e il
Carmenère a Grosseto nel Comune di Cinigiano. Proprio il
San Leopoldo Cabernet Sauvignon Merlot, nasce da un vigneto situato sulle pendici del Monte Amiata e che si affacciandosi sulla Maremma, ed è il vino che ci avvicina all’autunno e che ben si abbina al petto d'anatra con cipolle rosse caramellate: alla carne succulenta, smorzata dal gusto dato dell’ortaggio, vengono incontro la struttura e la morbidezza di questo vino insolito che ben appaga al palato i commensali, esaltandone gusto e piacevolezza. Un vino che porta con sé eleganza e profondità, frutto di un lungo periodo di invecchiamento in barrique di rovere e pronto a scommettere sul valore del tempo.
Salvo Ognibene
Coda di Volpe Torama e la classica pasta e zucca
Traerte è l'azienda di Raffaele Troisi, naturale prosecuzione della cantina Vadiaperti, fondata dal papà Antonio Troisi negli anni ‘80 a Montefredane, in contrada Vadiaperti. Oggi Traerte può contare su 10 ettari vitati e persegue da sempre la valorizzazione dei vitigni locali. Tra i 400 e i 600 metri di altitudine, lungo la valle del fiume Sabato, sono allevate viti di fiano, greco e coda di volpe. Passando in cantina, lo scopo principe si ricollega alla filosofia perseguita nel vigneto: far parlare il territorio. Se ad Antonio Troisi si deve il merito di aver saputo valorizzare Fiano di Avellino e Greco di Tufo, al figlio Raffaele va il riconoscimento di aver azzardato la stessa scommessa con l’umile e bistrattata coda di volpe, relegata ad uva da taglio per compensare le spigolosità di gioventù del greco. Era, infatti, il 1993 quando nacque la prima bottiglia di Coda di Volpe Vadiaperti. La Coda di Volpe Torama è prodotta da una selezione di uve raccolte da una vigna di oltre 70 anni. Si apre al naso con note di agrumi e fiori di campo, per poi lasciare spazio a sentori mentolati e soffusi rimandi polvere da sparo. Il sorso è pieno e carnoso, agile e dinamico, con ritorni agrumati nel lungo finale. Una bottiglia perfetta per le sere autunnali, da abbinare alla pasta (rigorosamente mista) con la zucca, leggermente piccante. Adele Granieri
Isesi di Pellegrino, la dolcezza che coccola
Pantelleria è un’isola selvaggia dove la viticultura eroica crea vini intrisi di mediterraneità inimitabile. Le uve di Zibibbo sono coltivate ad alberello pantesco, patrimonio Unesco dal 2014. Impianti che crescono riparati dai muretti a secco, opera delle mani sapienti dell’uomo. Una testimonianza vivente dell’opera umana: viti e uve dorate ben incastonate nel magico panorama viticolo dell’isola, un vero mosaico di bellezza. Venti intensi, pietra lavica, sole rovente e un mare dal colore blu cobalto sono il corollario che rende unica quest’isola situata tra la Sicilia e l’Africa. Proprio 5000 anni fa, una popolazione africana arriva sull’ isola per i giacimenti di ossidiana creando i Sesi, cumoli di pietre laviche. Nomen omen Isesi è lo Zibibbo che la Cantina Pellegrino produce da qualche anno. Un nome palindromo per un bianco secco da uve aromatiche pressate in maniera soffice, solo acciaio, e una buona sosta in bottiglia per affinare e rendere il sorso complesso. Mela verde, fiori di cappero e nota sapida ben integrata a lievi tostature che sfidano un abbinamento audace con la torta di nocciole o un delicato strudel di mele. Cinzia Benzi
Calagranis di Gregu e zuppa: essenza di Sardegna
La Sardegna si è sempre distinta per la sua autenticità, soprattutto se la si visita lontano dal caos estivo e nelle aree più interne, come a Calangianus, contesto incontaminato ai piedi del Monte Limbara, sede del Parco Regionale che porta il nome del monte. Qui si trova la giovane realtà della famiglia Gregu, che si estende per 50 ettari di cui 30 vitati, a pochi passi dalla splendida Costa Smeralda. Una storia che parte da lontano, legata dall’inizio del 1900 alla coltivazione della vite e alla produzione di vino, che oggi ha ritrovato forza e consapevolezza con Raffaele e Federico, ultima generazione di questa famiglia, che dal 2011, insieme al papà Antioco, hanno realizzato quella che oggi è Tenute Gregu.
Partendo dagli insegnamenti del passato, i giovani fratelli hanno strutturato la loro azienda con una visione contemporanea, puntando sull’enoturismo, anche grazie all’aiuto di Marianna Pinna, “experience manager” dell’azienda. Hanno creato diverse “esperienze” legandole alla combinazione dei loro vini con i piatti della cucina sarda tradizionale, interpretata in chiave attuale. Valido esempio è il loro Isola dei Nuraghi Igt 2022 Calagranis della linea Monogram, prodotto con 100% Carignano. Il risultato è un vino slanciato e fresco, con profumi inconfondibili della macchia mediterranea, perfetto con la tipica zuppa gallurese una pietanza intensa e saporita, ideale per le giornate autunnali. Fosca Tortorelli