16-08-2024

Tenuta Mazzolino, sulla collina del Pinot Nero tra tradizione e nuovi progetti

Sguardo all'Oltrepò, con il rilancio partito negli anni Ottanta. Ora arriva anche un'altra bollicina, un Blanc de Noirs pronto a stupire. Francesca Seralvo: «Valorizziamo la nostra terra»

Francesca Seralvo nella cantina di affinamento di

Francesca Seralvo nella cantina di affinamento di Tenuta Mazzolino

Per comprendere l’importanza del Pinot Nero in Oltrepò, non bisogna fermarsi all’assaggio dei vini, ma è assolutamente necessario andare sulle colline pavesi e guardarsi intorno.

Così ci possiamo anche immaginare l’arrivo di Enrico Braggiotti in queste terre con la volontà di fare vino, alla Tenuta Mazzolino, dove c’era tutto da ricostruire, dai vigneti fino alla casa che era stata da tempo abbandonata, su quella che era chiamata la collina del Pinot Nero.

Braggiotti, origini francesi, aveva anche due amici importanti, che gli diedero una mano. «Devi fare come la Francia» gli dissero praticamente in coro Luigi Veronelli e Giacomo Bologna, due simboli del rinascimento del vino in Italia. Un suggerimento che però andava in controtendenza rispetto a quello che stava accadendo in Oltrepò, che faceva grandi affari con la piazza di Milano (e non solo) grazie alla vendita del vino sfuso, in damigiana, per il consumo quotidiano.

Francesca Seralvo e l'enologo Stefano Malchiodi con una mappa dei vigneti dell'azienda

Francesca Seralvo e l'enologo Stefano Malchiodi con una mappa dei vigneti dell'azienda

Ma non era quella la strada di Braggiotti. «Mio nonno – racconta la nipote Francesca Seralvo, che ha preso in mano l’azienda da qualche anno e che è stata recentemente eletta presidente del Consorzio Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese – era assolutamente convinto della sua scelta, tanto che nel 1985 uscì con il Noir a 17 mila lire a bottiglia». Un prezzo, per una bottiglia di Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese, che ai tempi era stato visto come fuori mercato, o meglio, fuori dagli standard della zona. Ma la scelta era precisa: valorizzare zona e vigneto.

Successivamente si rese conto che era necessario un altro passo in avanti: «Nel 1999 – spiega ancora Francesca Seralvo - dopo diverse prove di vinificazione, legge su “Le Figaro” di un giovane enologo greco che sta rivoluzionando la Borgogna, Kyriakos Kynigopoulos. Un enologo che oggi segue più di 200 cantine in Borgogna. L’approccio di Kyriakos fu molto rispettoso del territorio. Dieci anni fa, poi sono arrivata io in azienda e subito dopo ha fatto il suo ingresso l’enologo Stefano Malchiodi».

La visita alla cantina

La visita alla cantina

Come detto, per comprendere il Pinot Nero in Oltrepò Pavese è necessario guardarsi attorno. E magari inoltrarsi in qualche stradina tra le colline. Dalla Tenuta Mazzolino si può avere uno sguardo su questa parte delle colline: «I terreni sono formati particolarmente da marne gessose, coperta da uno strato di argilla – spiega Malchiodi – Qui siamo a 280 metri di altitudine, i vigneti vanno dai 220 ai 340 metri sul livello del mare. In totale ci sono 22 ettari vitati, ma c’è anche un’alta percentuale di boschi nella zona. Il vigneto è a conduzione biologica, ma siamo andati anche un po’ oltre, eliminando anche le fertilizzazioni: usiamo il sovescio su tutte le vigne (per fornire azoto al terreno), mentre utilizziamo un po’ di letame per le vigne giovani».

Non solo Pinot Nero, anche se questo rappresenta il 70% dei vigneti: perché, come sosteneva Enrico Braggiotti, dove c’è Pinot Nero viene bene anche lo Chardonnay. «Avevamo chiesto a Kyriakos un aiuto anche per le bollicine – racconta Francesca Seralvo – ma lui, con grande professionalità, ha voluto consigliarci qualcuno che fosse esperto nella spumantizzazione. Così ci siamo affidati a Dominique Leboeuf».

I vigneti attorno alla Tenuta Mazzolino

I vigneti attorno alla Tenuta Mazzolino

Massimo rispetto del vigneto, quindi: un concetto che si trasmette in cantina, dove regna la semplicità, sempre con l’intenzione di mantenere l’integrità del frutto. C’è poi un accurato utilizzo dei legni, con le barriques da 228 litri (meglio dette pièce, come si usa in Borgogna), con la scelta anche delle foreste, come Vosges e Nevers: la prima offre una certa nervosità, la seconda invece è stata individuata perché fornisce risultati più “rotondi”.

La produzione di Mazzolino al momento si concentra su due bollicine, Blanc de Blancs e Cruasé, su due vini giovani da Pinot Nero e Chardonnay, e su due riserve, il Noir e il Blanc.

L'attuale gamma dei vini 

L'attuale gamma dei vini 

Il Blanc de Blancs, annata 2020, riposa per 36 mesi sui lieviti. Sboccatura febbraio 2024, non utilizza legno e non effettua nemmeno malolattica, con un residuo zuccherino di 4 grammi per litro. È uno spumante dal naso piuttosto ricco, con frutta, in particolare albicocca, ma anche un bel floreale, mentre in bocca si sviluppa un retrolfattiva di pesca, con un tocco di erbe aromatiche. Al sorso la sapidità è vincente.

Il Cruasé 2019, spumante rosé da Pinot Nero in purezza con 42 mesi sui lieviti, dopo un naso di frutti rossi ben equilibrati, al sorso è polposo, lungo e piacevole.

Il Camarà 2023 è uno Chardonnay immediato e fresco, che lavora solo in acciaio. E con un piccolo segreto: il 20% delle uve sono di un clone aromatico, detto Chardonnay musqué (attenzione, non ha nulla a che vedere con il Moscato).

Le pièce da 228 litri

Le pièce da 228 litri

Il Blanc è invece la riserva di Chardonnay: «Arriva da una vigna di 60 anni – ricorda l’enologo Malchiodi – dove interveniamo molto poco. Fermenta in barriques e lì rimane per 12 mesi. L’annata 2022 ha sicuramente una grande concentrazione». Ma resta l’elemento tipico di questo Chardonnay: l’eleganza.

Passando ai rossi, Terrazze Alte 2022, Pinot Nero in purezza, va a puntare sui quei vigenti che – appunto – si trovano più in alto e che hanno delle peculiarità uniche. È un vino fresco, piacevole, ma anche lungo con delle leggere note speziate che si uniscono ai classici sentori fruttati del Pinot Nero.

Francesca Seralvo durante la vendemmia

Francesca Seralvo durante la vendemmia

Il Noir, invece, è probabilmente la punta di diamante della produzione di Mazzolino: 12 mesi nelle pièce da 228 litri, per poi riposare altri 24 mesi in bottiglia. L’annata assaggiata è la 2020, che riesce a essere particolarmente fine e profonda. Un vino sicuramente molto buono ora, ma che sa evolversi positivamente anche negli anni. Il naso è ricco ma non invadente, e cambia continuamente nel bicchiere, sorso dopo sorso. Ed è anche particolarmente gastronomico: la sua duttilità in abbinamento è innegabile.

Infine, la novità che non è ancora in commercio, ma che abbiamo potuto assaggiare in anteprima, è una nuova bollicina, il Blanc de Noirs, dove il Pinot Nero è esaltato appieno anche nella sua veste spumantistica.

Uno sguardo al futuro

Uno sguardo al futuro

Una piccola parte di affinamento in legno (circa il 10%) e poi 36 mesi sui lieviti prima della sboccatura, per poi un prodotto finale a 3 grammi litro di residuo zuccherino. I mesi che lo separano dall’uscita sul mercato (si parla dell’autunno 2024) gli permetteranno di smussare quelle piccole spigolature che ha ancora; tuttavia crediamo sia un prodotto che avrà un grandissimo successo tra gli appassionati del Pinot Nero spumantizzato, che esalta le caratteristiche di questo incredibile vitigno. D’altronde, siamo sulla collina del Pinot Nero.

«Volevamo completare la nostra visione del Pinot Nero con questo Blanc de Noirs – ha concluso Francesca Seralvo – Crediamo che questa debba essere la nostra strada, per valorizzare ancora di più non solo la nostra produzione, ma quella di tutto il territorio che ci circonda».


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

Raffaele Foglia

di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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