L’Amarone deve cambiare, evolvere e cercare di stare al passo con i tempi. A dirlo è il vicepresidente del Consorzio Vini della Valpolicella Andrea Lonardi, durante il talk “Clima, produzione e mercati: la Valpolicella alla prova del cambiamento”, durante Amarone Opera Prima, l’anteprima del grande vino rosso veneto, che si è svolta nei giorni scorsi a Verona.
L’allarme viene lanciato dai numeri presentati dall’Osservatorio dell’Unione Italiana Vini: nel 2023 l’Amarone ha subìto una battuta d’arresto nei volumi esportati (-12%), a circa 75 mila ettolitri, dato comunque in linea (+1%) con il 2019. Ma la situazione dell’Amarone rientra in un quadro complessivo non positivo per quanto riguarda i vini rossi, con un calo generalizzato che ha riguardato anche l’export dei rossi francesi, che nell’ultimo biennio si è contratto del 15%, e anche quello spagnolo di oltre il 20%. Lo scorso anno i consumi globali della tipologia hanno fatto segnare un -7% rispetto al 2021, con forti ridimensionamenti negli ultimi 12 mesi nei principali mercati di sbocco, a partire da Usa (-9%), Canada (17%) fino ai Paesi Scandinavi, alla Cina e alla stessa Italia (-5%).

Il presidente del Consorzio Vini Valpolicella Christian Marchesini con il vice (e Master of Wine) Andrea Lonardi
Ma qual è la soluzione?
Lonardi, che è anche
Master of Wine con una conoscenza globale del mondo del vino, indica una strada: «L’
Amarone è stato in passato un vino che ha soddisfatto una domanda di mercato – premette il vice presidente del
Consorzio - I produttori della Valpolicella sono stati tra i più bravi, soprattutto in alcuni mercati, a capire che c’era la necessità di un vino morbido, caldo e piacevole. Questo ha consentito un grande successo volumetrico. Per farlo si è, però, ecceduto con l’appassimento e con la necessità di rincorrere uno stile che questo segmento del mercato richiedeva. Oggi quel segmento non cresce più e regala molte più ombre che sicurezze per il futuro. Dobbiamo quindi cambiare ed evolverci. Per farlo occorre, anche ma non solo, un cambio stilistico. I vini commercialmente solidi sono infatti i
fine wines, quelli che hanno un profondo legame con il territorio di origine, vini che hanno valori e un
wording comunicativo specifico tali da renderli identitari. Occorre pensare a un
Amarone che rimetta in equilibrio i suoi fattori produttivi: il metodo (la messa a riposo), il territorio (suolo, vitigni, clima), le persone (produttori, imprese) e la comunicazione».

L'intervento del presidente Christian Marchesini
Un concetto piuttosto simile a quanto raccontato in precedenza a riguardo della New Wave dell’
Amarone (
qui l’articolo).
«Come Consorzio - ha detto il presidente Christian Marchesini - crediamo che il modo migliore per continuare a crescere sia quello di analizzare con serietà e puntualità le sfide che i cambiamenti climatici, le nuove dinamiche di consumo e gli sviluppi sui mercati pongono alla denominazione. Dobbiamo, vogliamo e possiamo fare un Amarone sempre più competitivo, più contemporaneo».

Il confronto è avvenuto durante Amarone Opera Prima
A questo punto la parola deve passare ai produttori. L’annata 2019 è stata definita dal panel di degustazione del
Consorzio a 5 stelle, per la «qualità sensoriale elevata, con profili olfattivi e gustativi che rispecchiano le caratteristiche della denominazione in modo centrato e moderno. Per quanto riguarda la prospettiva di longevità, l’annata 2019 presenta un grande potenziale di invecchiamento senza difettare in freschezza e bevibilità, collimando perfettamente con gli odierni trend di consumo».
Nei bicchieri, come detto nel nostro articolo, con l’assaggio di 72 campioni, questo cambio stilistico non sembra ancora esserci stato completamente. Certo, è necessario tempo, ma bisogna stare attenti, perché il mercato, i consumatori, spesso non hanno pazienza e, soprattutto, hanno molte alternative tra cui scegliere. In pratica, il futuro indicato da Lonardi, deve diventare prestissimo il presente.