Si fa presto a dire Montalcino. Perché purtroppo spesso si ha un’idea univoca di un vino, di un territorio, senza sapere che in realtà dietro a una denominazione si celano terroir molto differenti, che caratterizzano in modo significativo il vino nelle sue sfaccettature.
Montalcino è un incredibile mosaico di terroirs, dove a distanza di pochi metri si possono trovare condizioni molto diverse tra loro, con vigne che riescono a esprimersi in maniera differente, seguendo l’andamento stagionale. Una tavolozza di colori differenti, per arrivare a un meraviglioso quadro che è il territorio di Montalcino.

Il direttore Andrea Lonardi durante la degustazione in cantina. Alle sue spalle il presidente e amministratore delegato Ettore Nicoletto (a sinistra) e l'enologo di Val di Suga Pietro Riccobono
La volontà di valorizzare i singoli terreni e le peculiarità territoriali delle varie zone è l’obiettivo di
Val di Suga, azienda che dal 1994 fa parte del gruppo
Angelini Wines&Estates, di proprietà di
Angelini Industries, gruppo composto da sei cantine, per un totale 460 ettari vitati e una produzione complessiva di circa 4 milioni di bottiglie l’anno. Oltre a
Val di Suga a Montalcino, le altre aziende si trovano in Veneto (
Bertani), in Friuli (
Puiatti), a Montepulciano (
TreRose), nel Chianti Classico (
San Leonino) e nelle Marche (
Fazi Battaglia).
Val di Suga nasce nel 1969, ma negli ultimi anni sono stati fatti importanti investimenti sia in cantina che nei vigneti proprio con l’obiettivo di puntare sulle singole caratteristiche dei terroirs, ancor più accentuate da un vitigno come il Sangiovese che si adatta ai terreni, seguendone ed evidenziandone pregi (e difetti).

La cartina racconta i territori di Val di Suga
Così nel 2009 nasce il progetto legato proprio ai versanti, anche grazie all’entrata in cantina del direttore operativo del gruppo,
Andrea Lonardi, diventato da poco anche
Master of Wine, il quale a sua volta si è affidato all’enologo
Pietro Riccobono.
«Ho iniziato a riflettere – spiega Lonardi – su quanti posti al mondo possono vantare di così tanti cambiamenti in uno spazio piccolo. Così abbiamo iniziato questi dieci anni di studio, grazie anche al supporto che è stato dato da un punto di vista tecnologico dal gruppo Angelini, per un progetto visionario sulle nostre tre vigne».

Una bella immagine della Vigna del Lago
Quindi
Val di Suga si è concentrata su
Vigna del Lago, che si trova nella parte Nord di Montalcino, con le vigne a ridosso della stessa cantina,
Poggio al Granchio, che si trova nell’area Sud-Est, e infine
Vigna Spuntali, che è invece a Sud-Ovest. Tre zone diverse, che seguono un percorso differente sia, ovviamente, in vigna, ma anche in cantina. «L’obiettivo – sottolinea nuovamente
Lonardi – è quello di esaltare le loro caratteristiche, determinate da questi terroirs così vicini e così incredibilmente vari».
Una prima decisione è stata quella di limitare l’influenza del legno, soprattutto delle barriques, aumentando di conseguenza la permanenza in bottiglia, per cercare di non incidere sull’espressività delle singole uve di Sangiovese. Anche perché una delle intenzioni era quella di rendere il Brunello di Montalcino moderno, al passo con i tempi, più fresco ed espressivo.

I vini degustati delle annate 2009, 2010, 2016 e 2019
Quindi il team di
Val di Suga si è particolarmente dedicato agli aspetti agronomici.
Vigna del Lago, 18 ettari complessivi nella parte Nord a un’altitudine di 280 metri sul livello del mare, ha suoli prevalentemente argillosi, un clima continentale, e può avvalersi della vicinanza del lago, dalla quale prende il nome.
Poggio al Granchio, invece, si trova nella zona a Sud-Est, nelle vicinanze dell’abbazia di Sant’Antimo, ad un’altitudine compresa tra 320 e 380 metri, è invece caratterizzato dal galestro, particolarmente “amato” dal Sangiovese, e gode della vicinanza del Monte Amiata che lo protegge. Infine
Vigna Spuntali, a circa 300 metri di altitudine sul versante Sud-Ovest, ha invece una maggiore presenza di sabbie ed è caratterizzata da importanti escursioni termiche tra giorno e notte.
Se già da un punto di vista agronomico ci sono differenze importanti, queste variabilità sono successivamente “accompagnate” in cantina, in particolare con l’utilizzo del selettore ottico per avere la maggior sanità possibile dell’uva e il ricorso a lunghe macerazioni (ma delicate da un punto di vista estrattivo). In cantina, poi, ogni vigneto ha una propria area dedicata nell’affinamento. Ma in contenitori diversi: per il Brunello di Vigna del Lago si utilizzano botti di Slavonia da 40 ettolitri, per Poggio al Granchio botti di rovere francese da 60 ettolitri, mentre per Vigna Spuntali è necessario l’utilizzo delle barriques.

In cantina affinamenti diversi: qui l'area dedicata alla Vigna del Lago
L’assaggio delle annate 2009, 2010, 2016 e poi dell’ultima nata 2019, con l’attenta guida di
Andrea Lonardi, ha permesso di avere una traduzione “nel bicchiere” delle variabilità territoriali dei tre diversi vigneti, con una
Vigna del Lago che si caratterizzava soprattutto per l’ottima eleganza e un corpo meno possente, ma comunque con un’ottima verticalità.
Poggio al Granchio, invece, è il
Brunello di Montalcino che negli anni ha avuto una “escalation”, giocando su una grande precisione e freschezza olfattiva, coniugata a complessità e ampiezza.
Vigna Spuntali è forse il vino che ha bisogno di più tempo per esprimersi, andando maggiormente a sviluppare sensazioni di spezie e tabacco, mantenendo comunque un frutto caldo e piacevole.
Ecco quindi il Brunello di Montalcino declinato secondo tre terroirs differenti, che ovviamente variano a seconda dell’andamento climatico delle annate. Il migliore? Quello che uno preferisce, a seconda del proprio gusto e della propria sensibilità: in tal senso non c’è una scelta sbagliata. Ma sarebbe sbagliato non avere la possibilità di scegliere, uniformando tutti i prodotti e non esaltando le singole identità. E a Val di Suga ne sono convinti.