«Fare qualità anche con i grandi volumi è possibile. È questo il nostro obiettivo». Stefano Marzotto, in tal senso, ha le idee molto chiare, e soprattutto vuole superare il pregiudizio secondo il quale dietro ai grandi numeri si celi un livello non adeguato dei vini.
Una dimostrazione di quanto affermato da Marzotto, amministratore delegato di Santa Margherita Gruppo Vinicolo, arriva anche dal riconoscimento ottenuto come più importante azienda vitivinicola familiare d’Italia per fatturato: nella classifica generale, infatti, l’importante realtà dei Marzotto si colloca al sesto posto complessivo, ma è la prima delle imprese familiari.

La cantina di Santa Margherita, nella sede principale
«Il nostro è un gruppo formato da 11 realtà - evidenzia
Stefano Marzotto - L’ultima è quella acquistata in Oregon, non lontano da Portland, dove abbiamo una produzione di 150mila bottiglie, solo
Pinot Nero e
Chardonnay, con un winemaker eccezionale, grande conoscitore delle zone, e un terroir straordinario».
In totale, il gruppo ha una produzione media annua di 28 milioni di bottiglie. Tradotto: ogni giorno, in oltre 90 Paesi del mondo, Italia compresa, venivano stappate oltre 77mila bottiglie prodotte da Santa Margherita Gruppo Vinicolo. Il polo vitivinicolo della famiglia Marzotto ha chiuso il bilancio 2022 attestandosi a 260,4 milioni di Euro di fatturato, con un ulteriore incremento del 18% sui risultati record del 2021.

La mappa della presenza del gruppo in Italia
La parola chiave per
Stefano Marzotto è solo una: investire. «
Santa Margherita è stata fondata da mio nonno
Gaetano, che, da imprenditore del tessile, aveva visto un potenziale nell’agricoltura, ragionando sul fatto che una famiglia non poteva vivere lavorando solo 120 giorni all’anno con i prodotti della terra: così il latte doveva andare nelle bottiglie, le barbabietole dovevano essere trasformate in zucchero, e la frutta diventava succhi. Così è nata la vetreria, anche per portare avanti questi obiettivi, e poi arriva il vino».
La volontà era quella di valorizzare l’agricoltura, anche tramite la tecnologia, ma tenendo la natura come valore fondamentale, da preservare.

Stefano Marzotto, amministratore delegato di Santa Margherita
«Nel 1935 nasce quindi
Santa Margherita – continua
Stefano Marzotto – Il nome è in onore di mia nonna che morì giovane, per ricordarla; nel 1984 c’è l’acquisizione di
Cantine Torresella, nel 1986
Kettmeir, nel 1993 in Toscana
Lamole di Lamole, nel 1994
Ca’ del Bosco, nel 1995 l’unione con
Vistarenni, nel 2017
Ca’ Maiol in Lugana e
Cantine Mesa in Sardegna, e nel 2022
Roco Winery in Oregon».
Cannibalismo imprenditoriale? No, una scelta di investimenti. «Stiamo iniziando a raccogliere i frutti – continua Marzotto - dal 2005 al 2022 abbiamo investito 380 milioni di euro. In assoluto investimenti molto importanti, ancora di più nel mondo del vino, con la gestione di 820 ettari tra produzione e conduzione. Solo in Franciacorta sono 240 ettari. Abbiamo investito in tecnologia, per ottenere il meglio dai terroir. È stato sicuramente un percorso impegnativo, lungo: nel 2005 avevamo un fatturato di 67,7 milioni di euro, oggi siamo a 260 milioni».

Una bella immagine dei vigneti di Kettmeir in Alto Adige
Ma la qualità resta comunque uno degli obiettivi dell’azienda: «
Santa Margherita è considerata industriale perché fa grandi numeri, ma abbiamo investito molto sul territorio. Noi produciamo 12 milioni di bottiglie di
Pinot Grigio, ma per tutte facciamo solo raccolta a mano. E questo sicuramente ha un significato importante».
Per brindare a questi risultati, un calice di Prosecco Superiore Docg Rive di Refrontolo. «Abbiamo rinunciato a quantitativi a favore della qualità – spiega Marzotto – siamo a circa 106 quintali ettaro di produzione e dall’anno scorso siamo anche biologici». Si tratta di un metodo charmat lungo, che riesce ad esprimersi con buona intensità, fragranza, ma anche buona profondità. Un brindisi anche in vista del futuro.