«Mi sto divertendo da matti». Brillano gli occhi a Elisa Semino, mentre al ristorante milanese Altriménti di Pantaleo D’Addato e Damian Piotr Janczara presenta i Timorasso “Derthona" e “Montino”, oltre ad Alice (Malvasia Moscata e Moscato bianco) che rompe il ghiaccio e alla sua Croatina “Archè” per chiudere il pranzo.
Il piacere di ricercare, produrre il Timorasso in omaggio alla tradizione con un’anima sincera, di aprire le porte e di offrire un’avvincente narrazione, che sia nella sede della Colombera o nella metropoli, si avverte tutto: dai racconti di Elisa fino al bicchiere. «A me piacciono i vini puliti – sottolinea – e significa che emerge il vitigno, la mineralità, che è una sua caratteristica». Peculiarità che il tempo non fa avvizzire, anzi valorizza.

Un momento della degustazione a Milano
La passione è un vento buono che unisce la famiglia, anzi la squadra famiglia come amano dire qui sulle colline di Vho, nel Tortonese. E come in ogni team che si rispetti, ciascuno ha un talento speciale, un ruolo a favore di tutti. Papà
Piercarlo segue la parte agricola e meccanica, con l’altro figlio
Lorenzo, campione di snowboard della Nazionale Italiana, che sceglie di dedicarsi a sua volta alla vocazione familiare, affiorata già quasi un secolo fa. Nel 1937, infatti, i bisnonni
Pietro e Maria prendono in affitto la cascina sulle colline e coltivano grano, ceci, erba medica, fino a dopo la guerra.
Renato poi sposa
Giuliana, viene alla luce
Piercarlo e intanto si acquista il primo trattore, si impiantano i vigneti.
L’anima cerealicola regna e non scomparirà mai, anche quando negli anni Ottanta Piercarlo decide di vinificare le uve, invece di conferirle altrove, e imbottigliare il proprio vino. Tra le curiosità, la scelta di coltivare il coriandolo. Un must, poi, la farina di ceci per preparare la classica farinata, oltre ad altri prodotti che deliziano i turisti.

Elisa Semino in mezzo ai grappoli di Timorasso
Ma il protagonista di questa storia resta il
Timorasso, il primo a far brillare appunto gli occhi di
Elisa. Lei, enologa e allieva di
Attilio Scienza, appartiene anche a un’altra, agguerrita squadra oltre a quella della famiglia: i giovani viticoltori dei Colli Tortonesi che negli anni Novanta vogliono recuperare quella vocazione sul viale del tramonto. Invece, capiscono, capisce, che può essere una nuova alba, un grido di vitalità e di futuro da parte del territorio.
La prima vendemmia di Timorasso alla Colombera risale al 1997: tre anni dopo debutta il Derthona, termine che rafforza questo concetto di territorio conducendo al nome antico della città di Tortona. Dietro, dentro, c’è la fitta ricerca in cui si immerge Elisa, che vuole le piante madri nelle vigne storiche e seleziona il luogo adatto per questa avventura: una vigna a circa 250 metri, con un terreno che alterna strati di arenaria e marne con tessiture franche argillose. È il punto che ritiene ideale sia per quella mineralità prima citata, sia per l’elemento non meno rilevante della finezza, che si fa apprezzare anno dopo anno.
Se è bello invecchiare per il
Derthona, figurarsi per un vino come il
Montino, che al pranzo ci accompagna con autorevolezza con l’annata 2018: la prima annata è del 2006. Un conquistatore, fin dal colore, un giallo dorato di un’intensità che fa presagire le note fruttate e floreali, biancospino in testa. È con l’incedere del tempo che spicca quella mineralità con sfumature balsamiche e pietra focaia. Il “viaggio” in acciaio preserva quella pulizia cara a
Elisa e spinge a mettere alla prova del tempo. «Io suggerisco di non aprirla prima di tre anni, ma entro otto e poi magari…».
È piacevole portare a Milano questa esperienza di identità di un territorio tutto da vivere e rilanciare la promessa di una visita nella cantina, dove è stata realizzata una sala degustazione, in bio edilizia, per l’accoglienza. Anche per l’opportunità di incontrare la cura della terra e del dettaglio, cari allo stesso locale milanese: piatto clou il risotto Carnaroli con topinambur, maggiorana, nocciola di Mondovì e melograno.

Elisa Semino in mezzo ai vigneti
Dopo Milano, Vho. Perché qualche giorno dopo c’è stata l’occasione, grazie alla manifestazione
Derthona Due.Zero, di andare direttamente in cantina da
Elisa Semino, che per la parte agronomica si affida al compagno
Davide Ferrarese, consulente anche per diverse aziende piemontesi. «Dopo
Walter Massa, siamo stati tra i primi a credere nella rinascita del
Timorasso» ha ricordato
Elisa.
Dagli inizi del Duemila a oggi, vendemmia dopo vendemmia, la Colombera ha potuto perfezionare sempre di più la produzione del Timorasso, esaltandone le caratteristiche uniche di longevità. Così, assaggiando in verticale sia il Derthona che il Montino, l’annata 2021 sembra davvero giovanissima, con un naso quasi introverso ma anche molto fine.

La verticale durante le giornate di approfondimento di Derthona Due.Zero
Proseguendo nelle annate successive, si può notare come il Timorasso vada ad assumere una maggiore complessità aromatica, dove si scopre una piacevole analogia con il
Riesling Renano, soprattutto legato agli aspetti di profumi terziari, in particolare alle note di idrocarburi che si sviluppano nel tempo. Acciaio – e solo acciaio – sia per
Derthona, sia per
Montino, la verticale affiancata mostra anche come il primo vino sia un po’ più immediato, mentre il
Cru tenda a uscire alla distanza, con complessità ed eleganza.
L’annata meno recente assaggiata è stata la 2006 di Derthona, che ha mostrato vitalità e armonia quasi inaspettate, con un naso complesso che, oltre alla già citata “fase terziaria”, manteneva un frutto maturo accompagnato da erbe aromatiche, e in particolare timo. Se poi questi vini sono accompagnati anche dai salumi e dai piatti tipici della zona (la Colombera nel fine settimana è aperta anche per le degustazioni), allora l’abbinamento è praticamente perfetto. Magari con uno sguardo ai vigneti adiacenti alla cantina stessa.