Dal 1986 è il vino simbolo di Cesarini Sforza: l’Aquila Reale è l’esempio di come si possa fare un grande TrentoDoc, utilizzando a proprio favore il fattore del tempo, l’attesa.
Ma soprattutto l’Aquila Reale è un progetto ambizioso: valorizzare una singola zona di produzione. Nel caso specifico il cuore di questo spumante è nel Maso Sette Fontane, a 500 metri di altitudine, circondato dalle Dolomiti e da un microclima ideale.

Enrico Zanoni, direttore generale di Cavit
Ripercorrere la storia di questo vino è anche un modo per ricordare il conte
Lamberto Cesarini Sforza, fondatore della cantina, scomparso poche settimane fa.
L’azienda dal 2019 è stata acquisita dal gruppo Cavit, ma il direttore generale Enrico Zanoni ha specificato che le strade sono parallele ma distinte. «Cesarini Sforza rimane una realtà autonoma – ha ribadito – che realizza esclusivamente bollicine. Da parte nostra stiamo investendo molto sulla produzione, per ridare al marchio la sua importanza. Inoltre abbiamo ingaggiato un giovane enologo trentino, Andrea Buccella, per puntare sempre più in alto».
Per comprendere il potenziale di questo grande vino, è stata fatta una particolare verticale di
Aquila Reale, dal 2001 fino al 2018, con le bottiglie lasciate sui lieviti a riposare fino all’inizio di settembre, quando sono state
degorgiate tutte insieme solo per l’esclusiva degustazione che si è tenuta a Milano, all’ultimo piano di un edificio storico con vista su Castello Sforzesco. Ricordiamo che l’
Aquila Reale è una
Riserva,
Chardonnay in purezza, prodotta solo negli anni migliori che esce solo dopo 10 anni dalla vendemmia: l’ultima edizione è stata la 2011, ma a breve uscirà la 2012. Per esempio,
Buccella ha annunciato che non usciranno le annate 2014 e 2019.
La degustazione, accompagnata dalle creazioni dello chef Alessandro Gilmozzi, ha avuto un piccolo e interessante fuoriprogramma: l’assaggio dell’annata 2021, ancora vino fermo. «Lo abbiamo fatto – spiega l’enologo – per far capire la base dalla quale partiamo per arrivare poi al prodotto finito».

Le bottiglie in affinamento
E poi si è passati alle bollicine, partendo con la 2018, che ha solo 36 mesi sui lieviti. In questo caso si nota la spinta acida del vino, anche se la complessità è ovviamente ridotta, visto il breve periodo di affinamento.
L’Aquila Reale 2015, anche questa ovviamente in anteprima, arriva da un’annata siccitosa per la zona. Eppure, grazie al microclima del Maso Sette Fontane, è un vino che esprime un’ottima freschezza, quasi inattesa viste le premesse, e una buona tensione. Anche questa, come detto, è un’anteprima.

L'enologo Andrea Buccella
Molto più verticale si è rivelata l’annata 2013, che è risultata mediamente fredda: un vino di grande finezza, e i 98 mesi in bottiglia sui lieviti gli donano una discreta complessità. La 2012, invece, è di prossima uscita, prevista proprio per l’inizio del 2023. È l’unico caso di sboccatura differente (in primavera) rispetto agli altri vini assaggiati, con 103 mesi sui lieviti. Note agrumate e grande freschezza sono le caratteristiche principali di un vino che ha un’ottima complessità e un buonissimo equilibrio.
L’Aquila Reale 2010, 137 mesi sui lieviti, è un vino più generoso, con una maggiore presenza di frutta, note di candito, e una maggiore rotondità in bocca. Bel finale, particolarmente lungo. Nell’annata 2009 stupisce il perfetto connubio tra freschezza ed eleganza: affinamento di 146 mesi sui lieviti, per un vino dalle tantissime sfaccettature.
La 2007 è stata invece un’annata caratterizzata soprattutto dalla maggiore presenza di legno. «In quegli anni – spiega
Andrea Buccella – coerentemente allo stile di quel periodo, c’era un maggiore utilizzo delle botti per avere vini più opulenti. In questo caso oltre il 50% del vino veniva lasciato in legno, prima della spumantizzazione». E il vino racconta proprio questa differenza, con un colore più carico, una maggiore intensità al naso, con le note di vaniglia che si fanno sentire, e una minore finezza: 164 mesi sui lieviti, in bocca ha comunque un’ottima bevibilità.
Le note di pasticceria sono invece la caratteristica dell’annata 2004, che è rimasta in bottiglia per 188 mesi, oltre 15 anni. L’affinamento in legno si fa sentire, con un vino particolarmente morbido ma ancora sostenuto dall’acidità.
Non spaventi il fatto che l’annata 2003 sia stata piuttosto calda, con vendemmia anticipata: in questo caso, con i sui 216 mesi di affinamento, il vino si esprime maggiormente su note balsamiche, con sentori di sottobosco. Al sorso ha una buona lunghezza e ancora un’ottima bevibilità.
L’annata 2001, infine, regala emozioni: 243 mesi di affinamento, quindi oltre 20 anni, è uno spumante particolarmente complesso, ricco ma non invadente, ancora splendidamente in forma.
Emozioni, appunto: l’Aquila Reale in queste “versioni speciali” ha regalato grandi emozioni, con la consapevolezza di avere di fronte un TrentoDoc di grande spessore che negli anni ha saputo evolversi e migliorare sempre di più.