Al Vinitaly, che si svolge da ieri (e fino a mercoledì) a Verona nell’abituale sede della fiera, la vigilia era stata soprattutto all’insegna dell’incertezza: gli importatori verranno? Che pubblico ci sarà? E gli espositori? E le norme anti-Covid?

Stand meno affollati del solito nel primo giorno di Vinitaly 2022, ma gli operatori sono comunque soddisfatti: «Così si lavora meglio, è questo il futuro della kermesse»
Bene, le nuvole all’orizzonte, man mano che passava la prima giornata di lavori, sono parzialmente scomparse. Come conferma
Werner Waldboth, responsabile vendite e marketing di
Abbazia di Novacella. «Non c’è la grandissima affluenza degli altri anni, dove certe volte ci riducevamo solo a versare vino nei bicchieri. Ora c’è tempo di spiegare, di raccontare. Ed è meglio, è un bel segnale. Per quanto riguarda i mercati internazionali, in questi due anni di pandemia ci siamo organizzati e comunque siamo riusciti a trovare otto nuovi importatori con canali differenti a quelli delle fiere. Il
Vinitaly, invece, ci restituisce un aspetto fondamentale che è il contatto umano. Diciamo la verità: se non si facesse più il
Vinitaly, non casca il mondo. Però mancherebbe il fondamentale aspetto del rapporto diretto».
Sensazioni positive anche per
Luca Fanti, enologo e titolare della
Palazzetta di Montalcino: «Questo
Vinitaly funziona. C’è voglia da parte di tutti di ripartire, è il primo grande evento della nuova era, del dopo-Covid. Siamo abituati a una domenica di
Vinitaly molto affollata: non è stato così, ci sono state meno visite, ma di maggiore qualità. C’è grande interesse da parte di tutti».
Quindi il Vinitaly dovrebbe guardare avanti, al futuro, anche su questo aspetto. «Penso che le fiere come questa siano state molto importanti – conferma Andrea Moser, kellemeister di Kaltern – Ma ora devono evolvere. Penso che un evento siffatto, adesso, debba fornire un’esperienza diversa a chi viene, che non è il semplice assaggio dei vini al bancone. Ci deve essere uno scambio più culturale, anche per attirare più clienti». Visto che anche il consumatore è cambiato. «Il cliente ormai si muove per degustare sul posto: abbiamo avuto un aumento di visite in cantina, in Alto Adige, che è stato esponenziale, con ristoratori, enotecari, appassionati, blogger... Il fatto di avere questa voglia di muoversi deve dare uno stimolo alle fiere, perché c’è voglia di conoscere, prima di tutto».
Assaggiare meno e fare più comunicazione: si potrebbe sintetizzare così l'idea di un
Vinitaly prossimo venturo: «Deve essere un momento per fare cultura in maniera generale, anche e soprattutto da parte dei consorzi», conclude
Moser.
Quindi, evviva il ritorno del Vinitaly. Chissà che i due anni di stop forzato, per assurdo, abbiano fornito uno spunto di ripartenza reale. Ce lo auguriamo.