Chi si attendeva la folla e la confusione nella domenica del Vinitaly si è dovuto favorevolmente ricredere. Perché, se è vero che i visitatori della più importante fiera del vino in Italia e una delle principali d’Europa non sono affatto mancati, è altrettanto vero che la scelta di cambiare i giorni di apertura sembra aver dato ragione agli organizzatori: la domenica per la massa, da lunedì a mercoledì per gli operatori. Un’apertura all’insegna dell’ottimismo, quella di ieri, considerando anche i dati relativi all’export delle bottiglie made in Italy, che hanno registrato un incoraggiante +3%, mentre si contrae il mercato nostrano.
Alla ricerca delle curiosità e dei vini buoni, ci si può imbattere in uno stand multi-regionale molto interessante, quello che riunisce i produttori e i vini delle piccole isole. Si tratta di 10 isole differenti, dal Giglio all’Elba, da Ponza fino a Lipari passando anche dall’Isola di San Pietro, in Sardegna, con 17 cantine riunite sotto il comun denominatore di piccola viticoltura affacciata sul mare, con vigneti e terrazzamenti a pochi passi dalla costa se non addirittura a riva.
La volontà di questi piccoli produttori è quella di far vedere che oltre al turismo c’è dell’altro. Che non si fanno vini solo per accontentare il turista alla caccia di “prodotti del luogo”, ma perché c’è storia e qualità. Fa piacere, quindi, trovare produttori dell’isola del Giglio che vogliono far vedere che non ci sono solo gli inchini mal riusciti delle navi da crociera, ma anche vitigni coltivati su terrazzamenti dalle pendenze impressionanti, vini prodotti con l’anima e con buon gusto. È il caso dell’azienda Fontuccia: «La nostra – spiega il titolare Giovanni Rossi – si può di diritto considerare viticoltura eroica. Abbiamo solo 2 ettari e mezzo e i risultati sono soddisfacenti. Non parlo solo delle vendite, ma anche dell’apprezzamento dei prodotti». Il vitigno chiave è l’Ansonica, vinificato secco, per vini molto minerali e dalla spiccata acidità, ma anche passito dolce.

Renato e Lorenzo Signorini, 9 ettari all'Elba sotto il nome di azienda Cecilia. Uve piantate: Ansonica e Trebbiano
Renato e
Lorenzo Signorini, originari di Milano, hanno puntato la loro rotta sull’isola d’Elba, lavorando per far crescere l’azienda
Cecilia. «Qui il turismo è la nostra croce e delizia – spiega
Renato Signorini – Delizia, in quanto porte gente. Croce perché nasconde un po’ le piccole realtà del vino». Nei loro 9 ettari vitati, buona parte sono occupati da Ansonica e Trebbiano, mentre per il rosso il Sangiovese (clone Sangioveto), il Shiraz e l’Aleatico, utilizzato per un passito molto interessante. I vini, come detto, sono di ottima qualità.
Sull’isola di Ponza, Luciana Sabino ed Emanuele Vittorio portano invece avanti con caparbietà le loro Antiche Cantine Migliaccio. «Abbiamo vigneti a piede franco, che arrivano anche a un’età di 200-250 anni. Qui è stato portato il vitigno Biancolella, originario di Ischia, ma che qui ha preso una propria identità, tanto che è stato riconosciuto come autoctono il Biancolella di Ponza». Il risultato dice vini molto minerali, realizzati nella zona Fieno, da cui prendono il nome.
Ma c’è anche un angolo di Sardegna, con l’Isola di San Pietro: l’azienda è U Tubarka Tanca Gioia Carloforte, i vini sono a base Vermentino su terreno sassoso-vulcanico. Da provare anche questi. Per capire che isola è bello (e buono).