Sono 4 chilometri di distanza. Ma, assaggiando i vini, sembra che Cantina Terlano e Cantina Andriano siano ben più lontane, anche se la qualità di entrambe è elevatissima.
Terreni, o meglio, terroir molto diversi per due realtà altoatesine che dal 2008 sono unite a livello societario, dopo l’acquisizione di Andriano da parte di Terlano.
Prima qualche dato:
Cantina Andriano è considerata un gioiello, con 70 ettari di produzione e 450mila bottiglie annue.
Cantina Terlano, invece, conta di 143 soci attuali che coltivano 190 ettari di vigneti, pari a una produzione annua totale di 1,5 milioni di bottiglie.
A spiegare le due anime della stessa famiglia sono stati l’enologo Rudi Kofler, da 20 anni a Terlano, e il direttore commerciale Klaus Gasser, con alle spalle 27 anni di esperienza nella cantina altoatesina: «Abbiamo voluto presentare i nostri vini più importanti – ha spiegato Gasser – per un viaggio su due terreni e climi molto differenti».

La Cantina Andriano, da qualche tempo diventata un'unica realtà con Cantina Terlano
«Sono due grandi terroir – spiega l’enologo
Rudi Kofler – ma molto differenti. Ad
Andriano abbiamo terreni calcarei e argillosi, con una bella forza e fertilità. Le vigne crescono bene, e ci danno vini più diretti e profumati rispetto a
Terlano: sono esposte a est, raccolgono il sole del mattino, mentre quelle di
Terlano sono rivolte a sud – sudovest e quindi i raggi arrivano nel pomeriggio fino alla sera, su terreni porfirici. Sono distanti solo 4 chilometri, ma c’è una differenza di maturazione delle uve anche di 10 giorni».
Il primo vino in degustazione è di Cantina Andriano, il Doran Riserva 2018, Chardonnay in purezza. «Noi siamo fan della Borgogna – racconta Kofler – e cerchiamo la verticalità e una nota di pietra focaia. Crediamo sia un vino che si evolverà molto bene. Effettua la fermentazione alcolica, ma anche la malolattica, in tonneaux, dove poi rimane per un anno, prima di essere portato per qualche mese in acciaio. Utilizziamo un terzo di legno nuovo, il resto di secondo passaggio. La nostra idea è quella di un vino elegante e potente allo stesso tempo».
E precisa: «Di
Chardonnay nel mondo ce n’è tantissimo, ma per noi la sfida è fare un vino di altissimo livello». Il
Doran è un vino che impressiona subito per la sua immediatezza al naso, senza quelle note calde da
Chardonnay troppo maturo. Eleganza e potenza, come diceva l’enologo
Rudi Kofler.
Al sorso, poi, la spiccata acidità diventa un fattore decisivo a equilibrare una struttura importante, che gli dà una grande prospettiva per il futuro. Se l’idea era quello di realizzare uno Chardonnay importante, sembra che l’obiettivo sia stato centrato in pieno.

Le bottiglie in degustazione
Sull’altro versante, invece, i due vini di punta di
Cantina Terlano sono d’assemblaggio: il
Terlaner I Grand Cuvée 2018, infatti, è il perfetto matrimonio tra
Pinot Bianco (70%),
Chardonnay (27%) e
Sauvignon Blanc (3%). «Così abbiamo l’acidità del
Pinot Bianco, la struttura dello
Chardonnay e l’eleganza e l’aromaticità del
Sauvignon Blanc – spiega
Rudi Kofler – Per noi è il massimo dell’espressione dei vini di
Cantina Terlano, è la nostra essenza. Utilizziamo solo le parcelle migliori, studiate negli anni per darci il massimo, con vigneti che hanno almeno 50 o 60 anni».
Un vino tanto ricco e complesso, che è persino difficile da descrivere: stiamo però parlando di un’ampiezza di profumi che non invade, ma che avvolge, passando dalla frutta alle erbe aromatiche, dalla pera al pepe bianco, con una nota di vaniglia e un tocco fumé. In bocca esprime, tramite la sapidità, l’energia del terreno porfirico, con un sorso profondo ma non aggressivo.

Sebastian Stocker, l'enologo che realizzò il metodo di produzione del Rarity
Il suo “cugino” si chiama
Rarity, che nasce dall’intuizione avuta alcuni anni fa da
Sebastian Stoker, l’enologo di
Cantina Terlano dal 1955 al 1993, scomparso nel dicembre del 2017. «In questo caso il
Pinot Bianco è l’85%, lo
Chardonnay il 10% e il
Sauvignon il 5% - spiega
Rudi Kofler – per la vinificazione segue, all’inizio, la strada del
Terlaner I, con la fermentazione in botti grandi (per la
Grande Cuvée sono da 12 ettolitri, per il
Rarity sono da 30 ettolitri). Il vino, poi, prende la sua strada, con il metodo voluto da
Sebastian Stocker: rimane sui lieviti per 10 anni». O meglio, almeno 10 anni. «In cantina abbiamo ancora sui lieviti un vino del 1979».
L’annata 2008, attualmente in commercio, dimostra tutta la grandezza di questo vino: il
Rarity, come dice il nome, è una vera rarità, un gioiello enologico, il vertice di una produzione ampia e di alta qualità che ha da sempre caratterizzato
Cantina Terlano. Anche qui una descrizione organolettica rischia quasi di “svilire” questo vino vivo ed energico, che continua a mutare nel bicchiere, con variazioni che spaziano nell’ampia gamma di sentori, tra frutta fresca, erbe officinali, tè verde, frutta secca, camomilla, agrumi, pepe, solo per citare alcuni sentori.
All’assaggio l’acidità del Pinot Bianco la fa da padrona, e guida il sorso con una bevibilità straordinaria e con la certezza di una lunga vita davanti.
Si torna ad
Andriano, infine, per parlare di un altro grande prodotto:
Andrius Sauvignon Blanc 2019. Se
Terlano, a soli quattro chilometri di distanza, è l’area ideale per il
Pinot Bianco,
Andriano trova la sua grande vocazione nel
Sauvignon Blanc. È elegante e ricco allo stesso tempo, senza amplificare eccessivamente l’aromaticità tipica del vitigno, ma accompagnandola in un percorso più ampio, da grande vino bianco. Un vino che stupisce anche al sorso: mai invadente o troppo grasso, diventa avvolgente e al tempo stesso di grande bevibiltà, oltre che molto duttile per gli abbinamenti gastronomici.
Terlano e Andriano sono le due facce della stessa medaglia: una medaglia preziosa, di grande valore, che permette di capire appieno le potenzialità non solo delle due cantine, ma dell’intero Alto Adige.