«Facciamo vino da sempre. Qui in zona venivano tutti da mio papà Olinto per avere dei consigli, per sapere come fare il vino. E lui non si tirava mai indietro». I Gini, a Monteforte d’Alpone, sono conosciuti per il vino, per il Soave. C’è un legame forte con la storia, con la tradizione, ma che sa anche guardare avanti, che soprattutto sa confrontarsi con il mondo.
A parlare è Claudio Gini, che con il fratello Sandro conduce la storica azienda agricola veneta. «La nostra è una storia che risale al 1500. Fin da allora, la famiglia Gini coltiva i propri vigneti in Monteforte. Per questo possiamo dire di essere tra i più antichi viticoltori nella zona del Soave Classico. Alcuni studi hanno portato alla luce che, in località Contrada Salvarenza, la famiglia Gini possedeva delle terre già dal XVI secolo».

La cantina Gini si trova a Monteforte d'Alpone
Più recente la storia delle bottiglie: «Le conoscenze sono passate attraverso i secoli, di generazione in generazione, fino a nostro padre
Olinto, mastro vignaiolo, che ha trasmesso direttamente a noi le sue abilità e la passione per questo mestiere. Così il nostro agire è diventato, nel tempo, la nostra tradizione. Ora siamo noi, io e
Sandro, insieme alle nostre famiglie, i custodi di questo sapere di conoscenze, di esperienze e di amore per questa terra».
Ma non si tratta solo di teoria, ma anche di pratica, si sporcarsi le mani in vigna. Sandro e Claudio Gini non si sono mai tirati indietro. «Abbiamo i nostri vigneti soprattutto a Monteforte – spiega ancora Claudio Gini - Il Salvarenza è il più conosciuto: in questa contrata circa un terzo dei vigneti sono a piede franco, non innestati poiché sopravvissuti alla fillossera. Una cosa che ci contraddistingue è quella di non aver mai voluto estirpare un vigneto, in 70 anni siamo sempre riusciti a mantenerli e, nel caso, solo a integrarli».

I vigneti di Garganega sui terreni vulcanici
L’azienda conta di 60 ettari vitati, dei quali 30 di
Garganega. Il focus, ovviamente, è il Soave. «Tutti i cru sono vinificati separatamente. Produciamo circa 180mila bottiglie, non imbottigliamo tutto il vino. Siamo biologici da sempre: mio papà mi ha insegnato che in vigna i prodotti chimici non ci devono entrare. Così è stato, e così è ancora».
L’azienda Gini è conosciuta, in particolare, per il Salvarenza e per La Froscà, due delle 33 Uga (Unità geografiche aggiuntive) individuate dal Consorzio di Tutela del Soave ed entrate ufficialmente nel disciplinare di produzione.

Le 4 annate degustate di Soave Classico
Ma noi ci concentriamo sul
Soave Classico, in diverse annate. L’annata 2019 è molto fresca e diretta, con profumi floreali e di frutta gialla, e una spiccata e piacevole acidità. La 2013 è molto piacevole, rotonda, morbida ma non seduta, senza alcun accenno di ossidazione. La 2012 denota una struttura ottima, con un tenore alcolico che si fa sentire appena un po’ in più rispetto alla 2013, e che sviluppa una complessità olfattiva notevole che va dalla frutta tropicale a una leggera speziatura e a una parte di erbe aromatiche. La 2010 stupisce per lunghezza e profondità: è un vino estremamente vivo, quasi scalpitante, con un naso ricco e variegato, e una bevibilità incredibile. Chiosa
Claudio Gini: «È giusto che il vino rimanga in cantina un po’ più a lungo. Bisogna dargli il suo tempo».
Non solo
Garganega. «Dopo gli studi in Borgogna – spiega
Claudio – io e
Sandro abbiamo scelto di piantare
Pinot Nero a 600 metri di altitudine. Da qui facciamo un vino rosso, ma anche uno spumante con
Chardonnay e
Garganega in parti uguali che rimane sui lieviti in bottiglia almeno per 9 anni: lo realizziamo solo nelle annate migliori, in 5mila bottiglie».
Un vino molto interessante, profondo e ricco, ma soprattutto estremamente fine ed elegante. Così Claudio e Sandro Gini, se mai ce ne fosse bisogno, dimostrano la loro bravura anche con le bollicine.