L’importante è avere le idee chiare, per perseguire il proprio obiettivo. E uscire dalla “massa”. Le idee chiare ce le hanno sicuramente a Mazzolino, azienda di Corvino San Quirico, in quell’Oltrepò Pavese spesso maltrattato a causa di una produzione che, purtroppo, non sempre è all’altezza di un territorio che nasconde un grande potenziale.
Ma qui, quel potenziale, lo hanno compreso già da anni. «Il fondatore è Enrico Braggiotti – spiega Stefano Malchiodi, direttore ed enologo dell’azienda - che aveva acquistato la tenuta come punto d’incontro per tutta la famiglia. L’avventura del vino iniziò subito dopo e per questo chiese un primo suggerimento a Giacomo Bologna, insieme a Luigi Veronelli». Siamo all’inizio degli anni Ottanta.

Il direttore ed enologo di Tenuta Mazzolino, Stefano Malchiodi
Proprio
Giacomo Bologna disse a
Braggiotti: «Con queste terre bianche dovete fare un
Pinot Nero capace di uscire dagli schermi». «E così avvenne – racconta Malchiodi - Il 1985 è la prima vendemmia del Noir (uscita poi nel 1987). Al dottor
Braggiotti, successivamente, subentra la figlia
Sandra e inizia la collaborazione, in esclusiva per l’Italia, con
Kyriakos Kynigopoulos, celebre enologo di Borgogna e specialista riconosciuto di Pinot Noir. Oltre al
Pinot Nero, si aggiunge anche lo
Chardonnay».
Al momento l’azienda conta di 20 ettari, 12 a Pinot Nero, 6 a Chardonnay e 2 a Croatina da Bonarda. La produzione si attesta attorno alle 150mila bottiglie annue di media.

La cantina di affinamento
«Se la mano è francese, la terra e il clima sono quelli dell’Oltrepò e per questo devono essere rispettate e mantenute le caratteristiche specifiche».
Attenzione in vigna, ma anche in cantina: «Tra i nostri accorgimenti – spiega Malchiodi - c’è quello di utilizzare vasche di fermentazione più larghe che permettono di aumentare il contatto tra bucce e mosto». La conseguenza è quella di avere un’estrazione di colore più rapida, un minor tempo di macerazione e una diminuzione di rischi per il mosto.

I terreni della Tenuta Mazzolino
Per quanto riguarda il
Metodo Classico, invece,
Mazzolino si affida a un’altra consulenza, sempre di stampo francese, con
Dominique Leboeuf. Per il
Blanc de Blancs, lo
Chardonnay in purezza rimane per 36 mesi sui lieviti, mentre per il
Cruasé il
Pinot Nero, dopo un contatto con le bucce di poche ore, viene lasciato a rifermentare in bottiglia per 60 mesi.
«Per quanto riguarda il dosaggio – sottolinea Malchiodi - si è scelto un metodo molto particolare: sono state prese 12 bottiglie, ognuna con un dosaggio diverso, e si è cercato di scegliere quella con l’equilibrio maggiore. Il risultato è di un Blanc de Blancs con un dosaggio di circa 4,5 grammi litro e un Cruasé di 6 grammi».

Blanc de Blancs, mano francese anche in questo vino
Ma il focus rimane il
Noir, che fermenta in legno, poi trascorre circa un anno in barriques, il 20% nuove, il 20% di secondo passaggio, il 20% di terzo e così via. «È stata fatta una zonazione anche sui legni per le barriques: nel caso specifico la tonnellerie realizza delle barrique con dei blend di legni di Vosges e Nevers. Anche per la tostatura, abbiamo una “nostra” ricetta, con una tostatura a bassa temperatura, ma per lungo tempo».
Il Noir quindi dopo le barriques rimane per due anni in bottiglia. Per gli appassionati, 22 annate su 30 di Noir sono a disposizione per la vendita.

Le barriques che custodiscono il Noir
Gli assaggi vanno a confermare quella ricerca di pulizia e territorialità professata dalla
Mazzolino.
Per quanto riguarda i Metodo Classico, il Blanc de Blancs 2014 risulta piacevole, con una buona complessità e bell’equilibrio. Il 2015 è sicuramente più verticale, netto, preciso, con un frutto vivo e con una leggera nota erbacea. Il Cruasé 2012, invece, è vino dalla bollicina estremamente fine, piuttosto elegante, ma anche morbido e avvolgente.
Per i vini fermi, invece, il
Camarà 2018 è uno
Chardonnay molto diretto e piacevole: solo acciaio, con piacevoli freschezza e bevibilità.
Discorso simile, per quanto riguarda i rossi, vale per il Terrazze 2018, Pinot Nero immediato e senza fronzoli, ma dall’ottima bevibilità. Possono essere considerati i “fratelli minori” di Blanc e Noir, ma senza sminuire il loro valore.

Blanc e Noir, ovvero le due anime di Mazzolino
Blanc,
Chardonnay in purezza, con vinificazione e affinamento per 10 mesi in legno, è un prodotto sul quale l’azienda
Mazzolino tiene tantissimo: il 2018 è ancora troppo giovane, deve ancora armonizzare al meglio, ma dimostra un buon potenziale.
Abbiamo assaggiato anche il 2013, dove l’affinamento trasforma questo Chardonnay in un prodotto estremamente ampio, speziato e con note di erbe officinali, ma con un frutto ancora vivo, senza che nessun elemento vada a predominare sull’altro; e al gusto mantiene ancora freschezza e sapidità molto piacevoli.

Annate storiche di Noir: ce ne sono a disposizione 22 delle 30 annate prodotte
Noir 2015 è un “bambino in fasce”. Certo, manifesta già tutti i caratteri di un grande vino, e mantiene anche quell’austerità da
Pinot Nero un po’ introverso, che riesce ad uscire alla distanza negli anni.
La dimostrazione arriva dall’assaggio del 2001: qui il carattere del Noir esce nella sua complessità, mantenendo l’eleganza che contraddistingue questo vitigno. Ad ogni assaggio si trova qualcosa di nuovo: prugna, frutti di bosco, tabacco, cioccolato, pepe nero, ciliegia, erbe aromatiche, sottobosco… In bocca è estremamente piacevole, equilibrato, ma non stanco e ancora lungo.
Ed è l’ennesima dimostrazione che il Pinot Nero, nelle zone maggiormente vocate dell’Oltrepò Pavese, può regalare grandi espressioni. Oltre ogni pregiudizio.