«Parma è una città più pronta di tante altre a una pizza di livello, “da degustazione” come si dice. Qui c’è una radicata cultura del cibo, siamo al centro della Food Valley...». Gongola Massimo Gatti, classe 1983, ora impegnato nella città ducale ma con radici più a monte, a Borgotaro per la precisione, patria di splendidi funghi porcini in una valle chiusa tra i primi rilievi dell’Appennino, sul fiume Taro.
Era il 2005 quando decise di chiudere nel cassetto il proprio diploma di ragioniere conquistato qualche anno prima e seguire piuttosto una passione che sentiva fin da quando era bambino: la cucina. Coinvolse tutta la famiglia e aprì così, alle porte del proprio paese, la prima insegna I Due Gatti, con riferimento esplicito quanto ironico all’attività sua ai fornelli (e al forno) e del padre Dino Gatti in sala. Senza contare che molti altri felini presero a frequentare le sale: sotto forma di ninnoli d’ogni provenienza.

Massimo Gatti con la fidanzata Elisa dietro al bancone del suo nuovo locale a Parma
L’inizio di un’avventura, dunque: perché
Massimo è un ragazzo ambizioso, non intendeva accontentarsi e la perifericità di Borgotaro alla lunga non poteva che stagli stretta. Quindi: tanto studio all’
Alma, la Scuola Internazionale di cucina Italiana guidata da
Gualtiero Marchesi nella vicina Colorno, altrettanti approfondimenti delle tecniche di lievitazione e impasto ed ecco quindi farsi largo nuove prospettive legate a una evidente vocazione alla pizza di qualità che ora trova pieno sfogo nella seconda insegna di famiglia, aperta da pochi mesi appunto nel centro di Parma.
Qui non c’è cucina – in paese ai fornelli è rimasto il cognato Samuele Magro a impiattare un menu semplificato, con in sala Chiara Gatti, sorella di Massimo, e papà Dino a dare una mano a entrambi. Per la verità non c’è neanche posto a sedere, se si eccettuano alcuni sgabelli: siamo in un locale soprattutto vocato al take away. Ma la risposta della città è arrivata comunque, per le ragioni che Gatti jr spiegava prima. O soprattutto perché, semplicemente, la pizza che fa è proprio buona. Tre le tipologie in carta, in base al formato, sempre in teglia: bassa (tonda e croccante), alta (al trancio e leggera) e chisolino, la focaccina farcita di queste parti. Tutti gli impasti sono a lunga lievitazione naturale. Per il topping, si va dalle proposte classiche a quelle speciali, più innovative. Le materie prime sono selezionatissime, c’è persino un dépliant che indica i fornitori uno a uno, con tanto di distanze chilometriche.

Il Due Gatti di Parma, particolare del bancone
Noi abbiamo voluto spaziare: esordio col chisolino
Da Anselmo, con burrata pugliese e culatello
selezione Lucedio Bocchi, grande eleganza. Secondo assaggio, altro chisolino, il
Gattone, con prescinsoa, pesto genovese, cotto e pomodoro, a ricordarci che la Liguria è vicina. Poi altre fette di bontà: quella denominata
Fragno presentava un sontuoso topping con fiordilatte, fontina, uovo biologico e tartufo nero di Fragno; pizza, questa, eminentemente stagionale come quella rappresentata dallo spicchio successivo,
Puntarella di luna, con fiordilatte, alici, olio agli agrumi e aglio nero: eccezionale la croccantezza e l’aromaticità. Poi
Don Camillo, inno al
genius loci, apoteosi di golosità: fiordilatte, crema di parmigiano, cipolline borettane cotte nella fortana, spalla cotta di San Secondo
Antica Ardenga. Infine una proposta
strong da altri lidi:
Aspromonte, con pomodoro, fiordilatte, provola affumicata, ‘nduja e cipolla.
Massimo d'altra parte ha studiato da chef e si vede, nell'armonia degli accostamenti; e non gli manda la fantasia, tanto da proporre a getto continuo pizze "a tiratura limitata", legate a un determinato ingrediente d'eccellenza di cui ha solo momentanea disponibilità (tenete d'occhio il suo
profilo Facebook).
A Borgotaro rimane il laboratorio dove viene impastata la biga (con lievito madre); da lì arrivano i panetti che riforniscono anche Parma. Un modello di business che potrebbe far lievitare altre insegne, quasi fosse un format: e infatti questa è l’intenzione. Il ragionier Massimo Gatti, oltre alle pizze, sa far anche bene di conto.