Avete presente quando, in certe trasmissioni tv – tipo 4 Ristoranti – il concorrente che attende il giudizio degli avversari sulla qualità di una sua proposta in corso d’esame si mette in un angolino, la telecamera lo inquadra mentre sbircia di sottecchi, origlia quello che può, magari gioisce silente se intuisce che le cose stanno andando per il meglio? È finzione televisiva. Ma abbiamo notato Donato Marzolla un po’ così, quando all’ora di colazione gli ospiti del Villa Cimbrone del quale è manager – è meraviglioso luogo d’alta hôtellerie incastonato a Ravello a strapiombo sulla Costiera Amalfitana – s’avvicinano al tegame colmo di delizioso ragù napoletano sobbollente, intingono il mestolino per condire di sapore le fette di pane tostato, poi si portano tutto quanto al tavolo ma che soddisfazione quando non resistono e già addentano sul posto, in piedi…


Donato Marzolla è manager del Villa Cimbrone da due stagioni. Un suo piccolo vanto - che dimostra l'attenzione che riserva alla proposta food&wine - è aver introdotto l'idea di proporre un golosissimo ragù napoletano a colazione. Marzolla, brindisino, è stato maître del Rossellinis di Palazzo Avino, nel 2014 è passato a Londra, come restaurant manager dell'Hotel Baglioni, quindi il ritorno a casa con lo stesso ruolo al Borgo Egnazia, a Savelletri di Fasano, e tanti altri incarichi in giro per il mondo. Nel 2014 la Guida di Identità Golose la ha scelto come miglior responsabile di sala dell'anno
Piccolo aneddoto, questo, per farvi capire quanto l’offerta golosa, qui al
Villa Cimbrone, sia curata fin dal mattino, con chicche come appunto il ragù napoletano. E quanto valga la pena arrampicarsi lungo i tornanti che conducono da Amalfi a Ravello per godersi una gran cena a
Il Flauto di Pan, il ristorante gastronomico guidato da
Lorenzo Montoro, una bella sorpresa (attenzione: manca poco alla chiusura stagionale).
Diciamo subito: Montoro dimostra limpidezza rara nel trattare la materia prima; fa mangiare polvere a molti altri indirizzi in strutture di questo tipo, perlopiù vocate a una golosità piaciona e standardizzata. I suoi piatti sono invece puliti, essenziali, eleganti, soavi. Nemmeno troppo belli esteticamente, ma eccellenti al palato. Certo: aiuta anche il contesto, l’ambiente. Perché qui si è davvero circondati dalla bellezza: Villa Cimbrone è un albergo iconico, un grande scrigno dove si viaggia nel tempo, tra viali e pergole in fiore, saloni e camere dalle volte affrescate dove hanno soggiornato artisti e viaggiatori del Grand Tour. Ridisegnati agli inizi del Novecento con il contributo della botanica inglese Vita Sackville West, i giardini di Villa Cimbrone – con la celebre terrazza dell’infinito - si estendono per circa sei ettari e sono tra gli esempi più importanti che la cultura paesaggistica e botanica anglosassone abbia generato al Sud d’Europa. Sono aperti tutto l’anno e visitabili ogni giorno con ticket di ingresso.

Dunque, siamo davvero al cospetto del
Bello. Incontriamo
Giorgio Vuilleumier: in rappresentanza della famiglia (sono sei fratelli) amministra
Villa Cimbrone che il padre
Marco rilevò nel 1975, quasi mezzo secolo fa. Ci racconta: «Il palazzo, le cui origini risalgono al XI secolo, per secoli appartenne alla nobilissima e potente famiglia
Fusco, imparentata con i
Pitti, gli
Angiò, gli
Sforza. Venne perso a carte nel 1864 dall’ultimo discendente dei
Fusco, per una bellissima donna!
Villa Cimbrone finì in mano a bottegai: a salvarlo dalla rovina intervenne
Ernest William Beckett, in seguito nominato
Lord Grimthorpe, che lo fece suo. Passarono gli anni, i nipoti del Lord persero interesse, le istituzioni pure, quindi arrivò mio padre...».
Giorgio e i suoi fratelli rappresentano la quarta generazione di
Vuilleumier albergatori, il bisnonno
Pasquale Palumbo aprì il primo albergo di Ravello nel 1874, la figlia
Jessy convolò a nozze con
Edwin Aristide Vuilleumier e, dal 1928 al 1978, la piccola
Pensione Trattoria Palumbo si trasferì a
Palazzo Sasso (oggi
Palazzo Avino), dove ospitò
Paul Valéry, Maurice Rostand, Curzio Malaparte, André Gide, Truman Capote, Pietro Badoglio, Palmiro Togliatti, Umberto di Savoia, Humprey Bogart, Gina Lollobrigida, Roberto Rossellini con
Ingrid Bergman, Eduardo de Filippo, Arturo Toscanini, il generale
Dwight Eisenhower, Jackie Kennedy, Grace Kelly e principi di mezzo mondo.

Scorci di Villa Cimbrone e del suo parco
Insomma, se oggi
Villa Cimbrone è rimasta quel capolavoro che è – palazzo storico, vincolato dal Ministero dei Beni Culturali – lo si deve a questa famiglia, «abbiamo intrapreso negli anni grandi opere di restauro. Senza alcun aiuto pubblico, vorrei sottolineare».
Villa Cimbrone oggi significa 19 camere, 6 ettari di parco, 98 dipendenti.

Lorenzo Montoro nel grande orto di Villa Cimbrone
I
Vuilleumier hanno sempre puntato sulla ristorazione «già quando eravamo a
Palazzo Sasso fummo i primi e partì una sorta di gara a chi riuscisse a proporre il ristorante migliore. Qui a
Villa Cimbrone son passati chef del calibro di
Peter Brunel, Alberto Annarumma, Luigi Tramontano, Giovanni De Vivo…». Dal 2018 tocca a
Lorenzo Montoro, già sous di
Pino Lavarra ai tempi del
Rossellinis: «Da sempre pensiamo che tutto parta da una materia prima eccezionale. E quindi riteniamo che
Lorenzo, chef-contadino, che viene da una famiglia di agricoltori, dunque dalla terra, e conosce il prodotto, ne sia il perfetto interprete». Interviene
Donato Marzolla: «Crediamo però che un fine dining, anche in una struttura come questa, debba proporre qualcosa di diverso, non debba aver paura di presentare piatti originali alla clientela, anche perché quest’ultima è cambiata, oggi il commensale gourmet è molto più alla mano di un tempo, più disponibile e aperto alle novità. È più giovane».
«Il fine dining ha sempre più bisogno di avere alle proprie spalle un grande hotel dal quale attingere parte della propria clientela. Con l’aumento dei costi, un ristorante indipendente va in difficoltà, rischia di non poter coprire i costi» (Giorgio Vuilleumier e Donato Marzolla)
Entrambi concordano: «Il fine dining ha sempre più bisogno di avere alle proprie spalle un grande hotel dal quale attingere parte della propria clientela. Con l’aumento dei costi, un ristorante indipendente va in difficoltà, rischia di non poter coprire i costi e allora lo chef è costretto a darsi alle consulenze, alla televisione, come infatti accade... La ristorazione di qualità inserita in un albergo importante regala invece prestigio alla struttura e porta una serie di benefici in termini di visibilità». Vuilleumier: «Son disposto a non guadagnare sulla ristorazione, per un investimento d’immagine». I due hanno un sogno: «Recuperare l’intervento della sala nel corso della cena. Tagliare il trancio di pesce al tavolo, scaloppare una faraona, preparare un soufflé…».

Il ristorante Il Flauto di Pan
Propositi per il futuro. Nel presente, come detto,
Montoro (da Sarno, classe 1980) riesce a esprimere una cucina di rara eleganza. Questo, specie negli antipasti che abbiamo assaggiato, la leggiadra
Zuppetta di funghi, la raffinatissima
Insalata di limone pane, gamberi di nassa e crema di mandorla, la spettacolare (al palato)
Ventresca di ricciola marinata, biscotto di Agerola e corbarini appassiti. Ma tutta la cena è piacevole, citiamo qualche altro suo protagonista: il sous chef
Carmine Sedino, classe 1982 da Nocera Superiore, e due ravellesi Doc, il maître
Raffaele Mansi, classe 1994, e il sommelier
Diego Apicella, classe 1990.

Crème brûlée al caciocavallo, molto golosa ma (errore tecnico) troppo liquida. Altro appetizer: Mela annurca affumicata, i suoi semi e miele (buonissima)

Zuppetta di funghi (leggiadra grazie all'uso delle erbe aromatiche)

Insalata di limone pane, gamberi di nassa e crema di mandorla. Il limone pane, tipicamente campano e simile al cedro, ha buccia esterna sottile e albedo molto sviluppato. Il suo sapore è delicato e dolce. Il piatto nel suo insieme è eccezionale quanto a equilibri: complesso, sinuoso, un bel contrasto sempre elegante

Ventresca di ricciola marinata, biscotto di Agerola e corbarini appassiti. Grandissimo piatto: la ricciola è marinata alle erbe che conferiscono profondità, la cialda di semola e farina di mais regala crunch, la dolcezza dei pomodorini fa il resto

Spaghettini di Gragnano con cipollotto nocerino, Parmigiano Reggiano, burro, alici affumicate e alghe. Golosissimo ma comunque armonioso. L'uso di un formato di pasta più turgido al morso aiuterebbe la masticazione e dunque la profondità

Spigola in court bouillon, crema di finocchio e finocchietto selvatico, crema di mandorle. Un piatto comfort food con rimandi francesi, tecnicamente molto ben realizzato, con il finocchietto a fare da controcanto

Vitello in crosta di provolone del monaco, noci e pere. Piatto "grasso", facile, piacevolissimo

Melannurca, crumble di arachidi, gelato al fieno, frolla vegana, crema e composta di mandorla