Vista da qui, Istanbul è pura magia. Serata di qualche giorno fa: ci si accomoda al tavolo del nuovo ristorante Gallada, su un grande terrazzamento a pochi passi dal ponte di Galata, ossia in quel tratto di penisola che, delimitata dal Corno d'Oro da un lato e dal Bosforo dall'altro, è parte della città storica e guarda sull'altra sponda quella ancora più antica, ossia il quartiere di Sultanahmet che è poi il luogo dove sorgeva Costantinopoli e adesso è impreziosito dai monumenti che vediamo illuminati davanti ai nostri occhi, la Moschea Blu, Santa Sofia, nell'oscurità invece il Palazzo di Topkapı, che fu residenza dei sultani ottomani. Il Gallada è il nuovo indirizzo goloso del The Peninsula, sfavillante hotel a cinque stelle in cui il "the" iniziale fa la differenza, a cercarlo su internet si rischia di incappare nel "Peninsula" senza l'articolo davanti, altro luogo d'ospitalità, poco distante, ma tutt'altra cosa, è struttura più modesta, in questi giorni potreste prenotare una stanza a 60 euro mentre per il The Peninsula decuplicare la cifra non basta neppure.

The Peninsula con, al rooftop, il ristorante Gallada

Lo chef Fatih Tutak, due stelle Michelin appena confermate al Turk e ora protagonista anche al Gallada, qui ritratto sul palco del recente Gastromasa 2023, il congresso di cucina giunto alla sua ottava edizione
Comunque:
Gallada è il nuovo ristorante di
Fatih Tutak, nostra vecchia conoscenza, è stato anche relatore a
Identità Milano nel 2022, ossia due congressi fa; lui, che ha ottenuto le due stelle Michelin con la sua insegna principale,
Turk (
leggi), qui all'hotel ha messo in moto da pochi mesi una macchina poderosa:
Gallada è luogo da grandi numeri per la Istanbul bene, ma è davvero una meraviglia e si mangia splendidamente. A noi - i soliti raccomandati! - han riservato un posto buono, proprio sul delimitare della terrazza e quindi con la vista migliore, ogni tavolo è comunque intimo, ben separato dagli altri da piante e spazi ampi, praticamente una cena tête-à-tête con la collega
Anastasia Avramenko.

Pomodori, cipolla, pomodori affumicati, soia e peperoncini kil. Sulla destra s'intravvede il Carpaccio di tonno di Smirne, tahina, pomodoro e yuzu, uno dei signature del Gallada, in effetti molto buono
Insomma: non ci si può certo lamentare, ma il cibo non è da meno di atmosfera e compagnia. Noi abbiamo assaggiato piatti buonissimi e intelligentissimi, meno tecnici e complessi di quelli che
Tutak propone al
Turk, ma perfetti per il
Gallada, perché più inclusivi e davvero goduriosi. Non abbiamo assaggiato l'
Anatra tandoori, che è la preparazione signature del locale, che è intera e quindi consigliata per almeno 3 persone, meglio ancora 5, dipende dall'appetito. Ma ci piace ancora di più che lo chef abbia saputo meravigliarci con un piatto di pomodori, spettacolari (
Pomodori, cipolla, pomodori affumicati, soia e peperoncini kil), ci sono venuti in mente gli indimenticabili
Tomates en salsa, hierbas aromáticas y fondo de alcaparras di
Josean Alija al
Nerua di Bilbao, per un paragone possibile.
Ma il top è stato lo Shashlik di agnello, aceto di cipolla, delizia assoluta: lo shashlik è un piatto d'origine caucasica e diffuso in tutta l'Asia centrale, praticamente un kebab di carne allo spiedo con un tocco cinese dato dalla marinata con salsa di soia. In questo caso Tutak cuoce alla brace 18 strati d'agnello, compattati in una forma a parallelepipedo e inframmezzati ognuno con cipolle, grasso d'agnello, funghi e aromi. Come fosse una millefoglie coricata: spettacolo puro, che bontà.

Shashlik in versione tradizionale
In origine lo
shashlik (o
šašlyk) è più semplice, spiedini di carne tagliata a cubo, marinata, infilzata e arrostita con spezie. Come preparazione ha origine in Georgia, dove è conosciuta come
mtsvadi, ma è cucinata in tutti i paesi dell'ex Unione Sovietica ed anche in quelli confinanti quali la Polonia (lì si chiama
szaszłyk) o l'Ucraina, come pure in Medio Oriente, Pakistan, Mongolia, Iran... E in Turchia, certo:
n
elle lingue turche, la parola shish significa spiedo e shishlik è letteralmente tradotto come "spiedino". La carne - originariamente d'agnello, poi via via pure di montone, pecora, maiale o altri animali, a seconda di gusti od osservanze religiose - viene cotta come detto su lunghi spiedi. Ma soprattutto ancor prima viene marinata: in una presunta ricetta archetipica, questo avviene in acqua minerale molto salata, cipolla e foglie di alloro, per uno o due giorni. Qualcuno aggiunge un po’ di vino, gli amanti dei sapori intensi pure della senape. Ma le fonti in questo senso si dividono, si tende a pensare che serva sempre l'apporto in marinatura di un liquido ad alta acidità, che può essere aceto, succo di frutta, kefir, yogurt, oppure vino come abbiamo già visto.
Gli shashlik erano popolari nei ristoranti di Mosca e San Pietroburgo alla fine del XIX secolo e, da punto fermo dei menu di raffinati ristoranti, dopo il 1920 divennero un cibo di strada di successo in tutte le città della Russia. In Iran il termine shishleek si riferisce a pezzi di agnellino alla griglia (di solito pezzi della zampa), marinati in una maniera tipica; in Palestina a pezzi di agnello alla griglia; in Israele al tacchino alla griglia. Sarebbe bello se la realtà s'avvicinasse alla cucina, saremmo tutti un po' più legati agli altri.