L'uomo di montagna incede con passo lento e sicuro. Sa che raggiungere la vetta è questione di tempo, di determinazione, di conoscenza del circostante, anzi quasi di simbiosi con la natura. Non è consigliabile correre per avanzare nel proprio progetto, ma essere costanti.
Norbert Niederkofler ha impiegato tanto tempo per elaborare il proprio, di progetto, il noto Cook the mountain. Ora che è definito e celebrato, lo persegue con perseveranza. E ne rispetta principi e tempistiche. Lui ne è il custode, l'ideatore, il pensatore. Ha fatto da tempo un passo indietro in cucina: oggi il suo ruolo è soprattutto quello di diffondere i valori che ha fatto propri: quasi un idologo gastronomico. Come spiega:
Per trovare le risposte sono partito dalle mie radici per poi prestare ascolto anche alle tendenze attuali di riscoperta del locale, rispetto della biodiversità, diffusione di prodotti biologici e a km 0, della mentalità del vivere lento seguendo la stagionalità. Ecco che l’obiettivo è diventato subito chiaro: ripensare allo sviluppo economico-sociale indagando i rapporti tra produzione, prodotto, territorio e consumo. Punto di partenza di questo cambiamento dev’essere la cucina, intesa come “catalizzatrice di processi culturali” per la diffusione di un modello di sviluppo sostenibile. In quest’ottica il cuoco deve assumersi il ruolo di “educatore emozionale”, capace di promuovere un nuovo stile di vita.
Alla nostra ultima visita al St. Hubertus, qualche settimana fa, il menu era sorprendentemente simile a quello da noi gustato tempo addietro. Staticità? Ripetitività? Tutto il contrario: fase di passaggio nello sviluppo pieno del progetto.
Cook the mountain cresce piano piano con il diffondersi del suo verbo. È uno sviluppo che passa anche attraverso gli addii, come quello recente di Michele Lazzarini, che Norbert aveva formato e cui da anni era affidata sostanzialmente la cucina: oggi è protagonista di una nuova sfida, in Lombardia, a Contrada Bricconi, ne abbiamo parlato qui.
È una perdita per il St. Hubertus ma un avanzamento per Cook the mountain, per dirla così. Niederkofler è garante e punto di riferimento ma l'espansione deve camminare con le proprie gambe, diffondersi ovunque a macchia d'olio, e non solo in montagna. Deve coinvolgere soprattutto le nuove generazioni di cuochi, quindi spersonalizzarsi (il passo indietro di Norbert) per guardare al futuro, perché non sia - e possiamo dire: certamente non sarà - la pensata di una singola toque, seppur eccelsa, ma una sorta di scuola di pensiero stabile, radicata nei territori. Non è dunque un caso che il prossimo Care's vedrà come protagonisti proprio gli allievi (di Niederkofler? No, di Cook the mountain): Lazzarini certo, ma anche Andrea Tortora, e poi chissà se pure Giacomo Sacchetto, Nicola Laera, Matteo Metullio, Nino Rossi, lo stesso Diego Rossi, tanto per citarne alcuni... Son tutti figli a vario titolo di questa nidiata.

Jacopo Lucini Paioni e Mauro Siega
Ma dicevamo: menu sorprendentemente simile (non uguale! C'è evoluzione, c'è qualche novità. Ma simile) a quello da noi gustato tempo addietro: perché quello era il degustazione pensato da (e affidato a)
Lazzerini, alter ego di
Norbert, che aveva grande libertà creativa nel perimetro tracciato dal grande capo. Oggi sono due i nuovi "aiutanti sul campo", promossi dall'interno della brigata: si tratta di
Jacopo Lucini Paioni, classe 1991 da Castelleone (Cremona), già al
Daní Maison con
Nino Di Costanzo, al
Metropole di Venezia e al
Combal.Zero; qui è ora responsabile della cucina. E poi di
Mauro Siega, classe 1992 da Maniago (Pordenone), con esperienze pregresse alle spalle in mezzo mondo, Francia, Australia, Inghilterra, Germania: lui è il nuovo referente della creatività.
Tocca a loro due. Ne vedremo delle belle.

Lukas Gerges e Norbert Niederkofler
Se in cucina si vive quindi una fase di transizione, una certezza sono invece sala e cantina:
Lukas Gerges è un fuoriclasse assoluto, da solo vale il viaggio. Sciorina una serie di chicche senza soluzione di continuità: per noi, il suo pairing è il più interessante di tutti, a questi livelli, almeno in Italia.
E ora la nostra cena, negli scatti di Tanio Liotta.

Tartelletta di grano saraceno, cipolla brasata, sangue di maiale pastorizzato e Delizia di Monte (si tratta del formaggio vaccino BergGenuss, stagionato un anno affinato dal maestro casaro Hubert Stockner in una grotta naturale nonché vecchio bunker della Prima Guerra Mondiale a San Lorenzo di Sebato, Bolzano, diventato così deposito per la maturazione e lavorazione di squisiti caci a base di latte crudo, 99% di umidità, genussbunker.it)

Essenziale questo salmerino marinato (in sale, zucchero e aneto) e affumicato (nelle grotte di coservazione dello speck, da qui le note di ginepro), accompagnato da fiori di timo limone e da intingere in una fantastica crema di panna ridotta fino alla caramelizzazione e servita con una grattata di rafano

Bruschetta di pane di segale con salsa di "pomodoro di montagna" (ossia una riduzione di prugne fermentate)

Insalata dell'orto. È composta da 25-30 tra erbe e fiori, con tre tipologie di lattuga che arrivano da un orto di Kronplatz. Poi chips di segale con semi di lino, di zucca e trifoglio, semi di amaranto, topinambur disidratato e a bagnare il tutto una kombucha di fiori di sambuco. Intensa più che mai. L'abbinamento è con Total Green, ossia un succo di mela verde ed erbe aromatiche

Equilibrio eccezionale e perfezione gustativa in questa Tartare di coregone. Il filetto nel mezzo, le squame del pesce d'acqua dolce sono bollite e fritte così da regalare note croccanti, le carcasse vengono tostate e infuse per ricavarne una salsa arricchita con vino Terlano e olio al levistico. Poi capperi di sambuco. Il piatto risulta insieme intenso e lieve, con splendide note vegetali e armonia totale

Un'altra meraviglia: Anguilla laccata & brodo affumicato. La laccatura è al miele, fieno e saba di soia, poi lardo e foglie di salvia, il tutto sopra la brace. A parte un consommè delle parti di scarto dell'anguilla, tostate, con melissa, menta, verbena e nasturzio

Gnocco di rapa, piatto storico, del 2013: gnocco di rapa rossa e rafano fresco, crema di daikon, alla base una terra di puccia (ossia la classica pagnotta sudtirolese fatta con farina di segale e frumento e semi di finocchio e cumino, aromatizzato alla birra e al carbone). Grande piatto

Ditalini di farro Monograno Felicetti in cremoso di selvaggina, crespino ghiacciato, radice di imperatore (Peucedanum ostruthium)

I ditalini, un capolavoro di bontà

Animella di vitello & larice. L'animella di cuore di vitello è cotta col burro, in padella di ghisa, sopra le braci. Alla base un'emulsione di erbe acide, in accompagnamento un'acqua di fermentazione delle pigne di larice. Molto buona

Trota & ginepro: trota alla brace, acqua di pomodoro e di susina gialla fermentata, olio al ginepro

Carota bbq. È cotta lentamente alla brace e poi sulla griglia, laccata con salsa bbq realizzata con ciliegia, mela bruciata, olio al tuorlo bruciato e cipolla. Umami

Vitello dei nostri masi. Il carrè viene cotto a bassa temperatura sulla brace e accompagnato con erbe acide e insalate di erbe di montagna (tarassaco, lattughino, spinacino, con aceto balsamico maison)

Fungo, o cappuccino di montagna. Diverse varietà di funghi che vengono raccolti e essiccati, da loro viene ricavato un brodo e un'aria di funghi

Gelato allo yogurt, acqua di ribes nero, olio di timo limone, fiori di acacia caramellati, gambi di buon enrico

Fragole, more, ciliegie, uva spina ghiacciata, sambuco, timo limone e ribes nero

Buchteln, le tipiche focaccine dolci di pasta lievitata, qui glassato con sciroppo di sambuco, si condisce con emulsione di cera d'api e fieno