Cucina – di più: ristorazione – giovane, un format convincente per il futuro. Avevamo conosciuto Lorenzo Vecchia quattro anni e mezzo fa, era quasi un ragazzino (lo è ancora: classe 1992) e aveva azzardato l’avventura precoce da profeta in patria, Volm si chiamava il ristorante, nella sua Pozzuolo Martesana, in provincia di Milano, leggi qui: La scommessa del Volm. Forse il passo era stato fin troppo lungo, forse non era ancora tempo: di sicuro, di buono era emerso ai nostri occhi come lui fosse promettentissimo, un profilo sul quale scommettere. D’altra parte aveva avuto maestri importanti, durante il primo periodo di formazione: Antonia Klugmann, Martin Berasategui, Lorenzo Cogo.
Ora ha spostato il suo talento a Bologna, nel gruppo green e dinamico che al motto di “Make Bologna Great Again” sta poco a poco rivoluzionando la scena golosa della città felsinea, in genere considerata piuttosto tradizionalista. Lorenzo Costa & friends avevano già portato al successo l'osteria contemporanea Oltre, il ramen-gyoza bar Sentaku, l'hamburgeria underground Nasty… Nel difficilissimo 2020 hanno aperto – il 22 di luglio - anche Ahimè, format pensato proprio con Vecchia, cui sono stati affidati i fornelli. Scelta oculata, frutto peraltro di lungo corteggiamento: il ragazzo si esprime a meraviglia, questo è il pane suo.
Dietro ad
Ahimè stanno in realtà in quattro soci: oltre ai due
Lorenzo (lo chef
Vecchia e l'imprenditore
Costa), ci sono anche
Gian Marco Bucci e
Federico Orsi. Il primo è l’uomo della sala e soprattutto della cantina, declinata tutta sui vini naturali, un centinaio di etichette “adottate” per passione e tutte da scoprire, molto stimolante.
Orsi invece è quello della campagna: classe 1975, segue il suo
Vigneto San Vito che sui Colli bolognesi, nella frazione di Oliveto, ad un’altitudine di 200 metri, significa 15 ettari vocati alla produzione di vini in agricoltura biodinamica; ma soprattutto – per quanto ci interessa qui – 2,5 ettari sono dedicati alla coltivazione degli ortaggi, in collaborazione con altri contadini biologici della Valsamoggia. E gestisce anche un piccolo allevamento semibrado di sola crescita e ingrasso di maiali razza Mora romagnola.

I maiali razza Mora romagnola di Federico Orsi
Un ben di dio che
Lorenzo Vecchia non si fa scappare. «Se faccio cucina legata alla tradizione bolognese? Direi proprio di no. Faccio una cucina che si basa su questi straordinari prodotti che ho a disposizione». La scelta è precisa: selezione di materia prima eccellente, cucina espressa, menu che cambia quotidianamente in base al mercato e che è strettissimo, nove piatti dall’antipasto al dessert, praticamente noi li abbiamo assaggiati tutti. Si va dal puro prodotto (l’ostrica
La Perla del Delta, deliziosa, allevata in acqua marina dolce, come primo assaggio) a piatti più elaborati, ma frutto sempre di mente fresca, accostamento creativo, agilità di esecuzione e originalità.
Si mangia oggettivamente benissimo, da Ahimè: Peperone, vongole, shiitake è una prelibatezza; gli Spaghetti alla chitarra, fegato di maiale, cozze sono un poco disarmonici tra le componenti, ma davvero golosi; le Braciole di mora romagnola allo stato semibrado, spinaci, uvetta, senape assolutamente spettacolari, quasi memorabili per qualità, succo, cottura, gusto; persino la parte dolce è azzeccata, mi riferisco in particolare ad Albicocche, rosmarino (albicocche sciroppate al rosmarino e albicocche fermentate, chutney di albicocche, estratto di albicocche), di struggente e deliziosa semplicità.

In definitiva: un tavola intelligente, fresca, godibile, amichevole, no frills (tavoli e sedie in legno, mensole con vini, un bel bancone-bar come alternativa dove consumare i pasti, con cucina a vista). È fine dining? Sì, pur in versione contemporanea, non è il momento ideale per sperimentare nuovi format sostenibili? E dunque niente velluti, approccio easy, piatti di gran fattura accompagnati da calici interessanti. Non chiediamo altro.
E ora la nostra cena, negli scatti di Tanio Liotta.

S'inizia con un'ostrica La Perla del Delta, deliziosa, allevata in acqua marina dolce. A parte il pane, buonissimo, realizzato con farine semintegrali. Si accompagna con un battuto di lardo, strepitoso, e con burro acido

Cetriolo, fico, limone, origano: il cetriolo è lasciato nel succo delle sue bucce e semi, poi crema di limone, polvere di limone caramellato, estratto di foglie di fico e origano

Peperone, vongole, shiitake: il peperone in zucchero, aceto, sale e aglio orsino, le vongole del delta del Po, i friggitelli, la polvere di capperi, i funghi shiitake fermentati... Potenza e armonia insieme, un grande assaggio

Spaghetti alla chitarra, fegato di maiale, cozze: gli spaghetti sono mantecati con burro e fegato di maiale, poi cozze di Scardovari e la loro acqua. Il piatto è buonissimo, spacca, anche se le cozze finiscono con l’essere un poco “deboli”

Sfoglia di rapa, lardo, alloro: le rape sono marinate nel lardo, ne assumono i sentori e vengono alfine condite con sale, alloro e molto pepe. Come mangiare un salume senza che ci sia il salume

Spettacolari queste Braciole di mora romagnola allo stato semibrado, spinaci, uvetta, senape. Il maiale viene ingrassato tra i 6 e i 9 mesi, poi la sua carne frollata per due. È scottata e accompagnata da spinaci selvatici saltati con l’uvetta e maionese alla senape. Grande piatto

Albicocche, rosmarino: albicocche sciroppate al rosmarino e albicocche fermentate, chutney di albicocche, estratto di albicocche. Molto buono e intelligente

Crème caramel alla lavanda. Chiusura in sicurezza