«L'agnello è abruzzese, che poi passa i confini e va a fare la trasumanza in Puglia. Le erbe selvatiche mi arrivano da Pienza, in Toscana. I piccioni sono quelli di Massimo Greppi, dal Vercellese. Le lumache di Maura Torti, dalla Lomellina...» e così via. Brillano gli occhi a Fabrizio Borraccino, nell'elencare questo paniere di eccellenze, «tutto è italiano al 100%», che diventa la dispensa dalla quale trae ispirazione per i menu de La Veranda, l'insegna gastronomica del Four Seasons di Milano - lussuosa oasi di pace in via del Gesù, nel cuore del Quadrilatero della Moda - che lo vede come protagonista in cucina da neanche un anno, la prima candelina il prossimo 7 febbraio.

La Veranda del Four Seasons
In effetti, se una cosa ci ha colpito in particolare, al termine di un'ottima cena, è la ricchezza - intesa non tanto come opulenza, quanto come varietà e originalità - della materia prima che il nuovo chef sta proponendo. Il difetto di molta ristorazione
a cinque stelle è spesso una certa mancanza di coraggio: l'accontentarsi d'ingredienti mainstream, di quelli che van sempre bene per tutti, rinunciando così alla possibilità di proporre bontà meno scontate, di solleticare le papille gustative con l'insolito.
Borraccino invece osa, non si fa mancare lumache e rane, granchi e scorfani; inserisce tante erbe, le foglie del papavero, le rape, le alghe, le radici, le ortiche, i cappellotti, la polenta fracchiata. E grandi carni da caccia: lepre, germano reale, pernice... «Seleziono piccoli produttori e voglio valorizzare quello che mi forniscono», dice. Non si adagia sui cataloghi, non si accontenta di quello che hanno tutti. Il commensale si diverte, a
La Veranda.
Merito dello chef. Lui, abruzzese di Montesilvano, è allievo di
Antonio Guida,
Pierre Gagnaire e
Gordon Ramsay; vanta una vasta esperienza all’interno dell’hotellerie di lusso che negli anni l’ha visto diventare sous di
Four Seasons Hotel des Bergues Geneva e del celebre hotel
Il Pellicano di Porto Ercole. Più recentemente, sempre in Toscana, si era spostato nel Chianti, dal 2012 al
Castello di Spaltenna e dal 2015 al
Borgo San Felice, nel cui ristorante
Poggio Rosso - oggi nell'orbita di
Enrico Bartolini, con
Juan Camilo Quintero Merchan - aveva ottenuto la sua prima stella come executive nel 2018.

Daniele Bonzi mentre scolpisce il cioccolato nella Chocolate Room
La Veranda si è insomma affidata a un gran professionista dalle mani esperte. Che va ad aggiungersi a uno staff che già vedeva un fuoriclasse brillare:
Daniele Bonzi, milanese, classe 1982, dal 2014 al
Four Seasons dove è approdato dopo essersi fatto le ossa, tra gli altri, da
Harrod’s a Londra, al
The Fat Duck a Bray con
Heston Blumenthal, al tristellato
Da Vittorio a Brusaporto, con
Gennaro Esposito alla
Torre del Saracino e al
Bulgari di Milano. I suoi dolci sono di altissimo livello, di rara eleganza e armonia, pur non rinunciando alla golosità.
La cantina è notevole, come si conviene a un indirizzo come questo; vanta 650 etichette, accudite da Lorenza Panzera, preparata e cordiale lecchese classe 1992, il futuro è suo.
La nostra cena, negli scatti di Tanio Liotta.

Cannolo di barbabietola, mortadella e tartufo nero

Tartelletta con guacamole, lattuga, quinoa soffiata

Cecina con tapenade di olive, alici marinate, crema di pomodoro

Spuma di porcini, nocciole e tartufo bianco

Eccellente questa Capesanta scottata, frutti di mare, puntarelle, zuppa di riccio di mare

Lumache e cosce di rana al tandoori, polenta fracchiata, puntarelle, sfere di patata dauphine, barbabietola. Manca un po' di sapidità. La fracchiata è una polenta abruzzese di farina di ceci, o di cicerchie, o di piselli

Animella di vitello, crema di pomodori verdi, foglia di papavero, briciole di pane e caviale Calvisius

Risotto Gran Gallo Riserva Carnaroli 12 mesi, lumachine di mare, origano, cappellotti grigliati. Molto buono. I cappellotti sono dei cefalopodi, sorta di piccole seppie

Spaghetto Gentile con granchio, scorfano e salicornia

Candele spezzate con radici, funghi e tartufo nero. I funghi (porcini e finferli) sono sia saltati che in crema, poi crema di robiola di Roccaverano. Le radici sono di scorzonera, pastinaca, prezzemolo e cerfoglio. Bella idea, ma anche in questo caso c'è un difetto di sapidità

Ravioli del plin, germano reale, burro e timo, con salsa di cottura

Royale di lepre, garganelli al caprino, cavoletti di Bruxelles, melograno

Di alto livello tutti i dessert: Rabarbaro, la sua acqua, semifreddo alle mandorle, sorbetto all'aceto di mele, cialca di cioccolato bianco

Zabaione, mela, nocciola, tartufo bianco

Finto caco, melograno e pinoli. Il cachi - com'è più corretto scrivere - è in purezza, poi gel e sorbetto di melograno, gel e panna cotta di pinoli, cioccolato bianco e crumble di cioccolato bianco. Una delizia