Di ritorno da Singapore, dove abbiamo seguito la venticinquesima edizione del locale Food Festival, conclusosi giusto tre giorni fa, tante annotazioni sono rimaste impresse sul taccuino, andremo a raccontarvi tutto poco a poco. La storia forse più interessante ha un nome preciso: Chan Hong Meng, ometto piccolo piccolo, classe 1965, peraltro nemmeno singaporese doc, è originario di Ipoh, Malesia, il che non sorprenda affatto, Singapore è identitariamente un melting pot di etnie differenti, domina la cinese (73%) ma poi ci sono appunto la malese (13%), l'indiana (9%) e così via via, compresi non pochi europei e anche la comunità peranakan, "di discendenza cinese", ossia derivante dai ricchi mercanti del Celeste Impero che tra il 1500 e il 1600 si stabilirono nella penisola di Malacca e sugli Stretti che la separano dall'arcipelago indonesiano, sposando donne malesi del luogo e continuando a vivere tradizioni proprie e a incrociarsi all'interno dello stesso gruppo fino ai giorni nostri, così da preservare una cultura originale, anche gastronomica.

Ma torniamo a
Chan Hong Meng. Persona di poche parole, ha raccontato tempo fa: «Sono cresciuto in un villaggio, i miei genitori erano agricoltori, allevavano maiali, anatre e coltivavano i loro raccolti». A un certo punto, quando aveva 15 anni, era il 1980, ha abbandonato la scuola e, con il sogno di diventare cuoco, ha bussato alla porta di un ristorante di Singapore guidato da uno chef di Hong Kong, divenendovi apprendista: esperienza fondamentale, gli ha infatti ispirato i piatti che lo hanno oggi portato sotto i riflettori dell'universo culinario.
Salto temporale, andiamo al 2016. In questi 36 anni dalla tappa precedente il signor
Chan Hong Meng si è messo in proprio, aprendo il suo
Hong Kong Soya Sauce Noodles (l'insegna era un tributo al maestro hongkonghese), un chiosco come tanti ve ne sono a Singapore (pare circa 6mila), e in Asia, per sfamare per pochi dollari gli avventori con semplici piatti tipici, da consumare sul posto. Nel 2009 aveva anche cambiato sede, andando a occupare lo stand 126 al secondo piano del
Chinatown Food Complex, a Chinatown, una delle molte strutture disseminate di bancarelle alimentari proprio come la sua, si chiamano
Hawker Centre. Nuovo anche il nome, fin troppo complicato:
Liao Fan Hong Kong Soya Sauce Chicken Rice & Noodle. Qui ha incontrato la fortuna.
Anno 2016, dicevamo. Era luglio. Mister
Chan riceve una lettera: un invito per partecipare alla cerimonia di premiazione della prima guida Michelin Singapore, la cui nascita era stata annunciata poche settimane addietro. Pensa a uno scherzo. «Ragionai: perché mai la Michelin dovrebbe essere interessata al mio chiosco?» ha poi narrato. Contatta quindi un rappresentante della Guida Rossa, per capirne di più: questi gli conferma che l'invito è reale. Il dialogo si svolge così.
Chan: «Non ho mai sentito di ispettori della Michelin impegnati a provare il cibo nelle bancarelle di street food. Davvero può essere premiato un venditore ambulante come me?». Risposta secca: «Giudichiamo solo in base al cibo, non al locale». Il 21 luglio 2016 il nostro
Chan prende la metropolitana e si reca al lussuoso
Resort World Sentosa, dove riceve una stella Michelin. Inaspettata, inaspettatissima.
Parla anche, emozionato, sul palco. Dice: «Che tu sia uno chef o un venditore ambulante, bisogna comunque fare il massimo sforzo in ogni momento, come se avessi sempre un ispettore della Michelin sul posto, ad assaggiare il tuo cibo». E sottolinea che si deve trattare ogni singolo cliente quasi fosse la persona più cara della propria vita; e prosegue paragonando la professione del cuoco a quella del medico, in quanto l’obiettivo è provvedere al benessere e alla salute dei propri commensali.

Questa è la seconda sede dell'Hawker Chan Soya Sauce Chicken Rice & Noodle. Più comoda, ha l'aria condizionata
C'è sempre stata la fila, davanti al
Liao Fan Hong Kong Soya Sauce Chicken Rice & Noodle; dal giorno seguente la premiazione, è però ulteriormente aumentata, tanto da spingere
Chan Hong Meng a moltiplicare i propri chioschi, anzi ad aprire veri e propri piccoli ristorantini, a Singapore e non solo, come vedremo. Ma non ad aumentare i prezzi, rimasti invariati: «Non mi sembra giusto farlo solo perché ho vinto un premio. È vero, i miei fornitori li hanno quadruplicati negli ultimi sette anni. Ma io continuerò a cercare di non ritoccarli fino a quando potrò». Ma intanto, cosa vi si mangia?
La specialità della casa è il pollo in salsa di soia, delizioso, accompagnato da semplice riso oppure da noodle, squisiti. Il prezzo? Due dollari di Singapore per la versione col riso, 2,5 per quella coi noodle: al cambio, rispettivamente 1,25 e 1,57 euro. Il pollo viene marinato per almeno 5 ore in una mistura segreta di spezie ed erbe che viene preparata dallo chef ogni mattina; le quantità sono limitate, 180 porzioni, il locale è aperto dalle 10 del mattino alle 8 di sera ma non è inconsueto che il piatto non sia più disponibile già nel tardo pomeriggio.

Pollo in salsa di soia con riso

Cavolo cinese marinato in salsa di soia
Se si preferisce invece la costoletta di maiale, splendidamente glassata, il conto sale a 3 dollari, 1,88 euro, mentre costano 2,5 dollari sia la pancetta di maiale arrosto, una goduria croccante, che il
char siew rice, tradotto significa "forchetta arrostita" con riso, è un piatto dal tradizionale metodo di cottura: strisce di maiale frollate e disossate, infilzate con lunghe forchette e poste in un forno coperto o sopra il fuoco. Piacevole è gustare il tutto con contorno di verdure al vapore marinate in salsa di soia e coperte di granella di arachidi (o briciole di aglio croccante), perlopiù si tratta di cavolo cinese: il conto sale di altri 3 o 4 dollari a seconda della verdura disponibile. Preferite i germogli di soia? Altri 2 dollari. Se volete strafare e ordinate il pollo in salsa di soia intero, sono 14 dollari, 8,8 euro. Insomma, anche a voler finire satolli, è difficile che il conto salga sopra i 10 euro, bevande comprese.
Funziona così: ci si mette giudiziosamente in fila - evitate le ore di punta se non volete incontrare lunghe attese - un po' discostati rispetto al chiosco, per non intralciare il lavoro di quelli vicini, siamo pur sempre in un Hawker Centre (hawker significa "venditore ambulante"); giunto il proprio turno si ordina al bancone il pasto, si aspetta che venga preparato e ci si accomoda infine, vassoio tra le mani, in uno dei tavolacci sparsi attorno. Problema: Singapore è città caratterizzata da clima caldo e umido quasi tutto l'anno, in più il Chinatown Food Complex - struttura coperta, dai soffitti piuttosto bassi - è una sequela di chioschi alimentari dai quali fuoriescono densi vapori di cottura, cosicché i ventilatori sparsi qua e là non sono sufficienti a rinfrescare l'aria.

Noi abbiamo assaggiato anche la wonton soup
Esiste però una soluzione, con una premessa. Dopo il raggiungimento della stella - confermata per il terzo anno consecutivo proprio una settimana fa -
Chan Hong Meng ha ricevuto molte proposte da parte d'imprenditori interessati a mettersi in affari con lui. Ha valutato anche la possibilità di mettere in vendita la ricetta del suo pollo in salsa di soia, per 2 milioni di dollari singaporiani. Alla fine ha fatto una scelta diversa: nell’ottobre del 2016 ha stretto un accordo con
Harry Chua, a capo di
Hersing Culinary, colosso culinario locale allora proprietario del brand
Tim Ho Wan, dal 2010 una stella Michelin a Hong Kong per i suoi dim sum, a sua volta concorre per il titolo di "ristorante stellato meno costoso del mondo", i prezzi sono paragonabili a quelli di
Chan; oggi
Tim Ho Wan è un marchio con 45 locali tra Hong Kong, Cina, Taiwan, Singapore, Filippine, Australia, Vietnam, Malaysia, Thailandia, Stati Uniti e Cambogia (l'altro colosso
Jollibee Foods Corp, filippino, e appena atterrato anche a Milano in piazza Diaz, ha acquisito da poche settimane il brand per 33,4 milioni di dollari). Da questa alleanza è nata la catena di ristoranti
Hawker Chan.

La sede "comoda" dell'Hawker Chan, a pochi metri da quella storica
Oggi il
Liao Fan Hong Kong Soya Sauce Chicken Rice & Noodle è stato dunque ribattezzato
Hawker Chan Soya Sauce Chicken Rice & Noodle. E proprio a due passi (anzi, 50 metri) dalla sede storica è stato aperto nel novembre 2016 un primo nuovo
Hawker Chan in puro stile
McDonalds: non più un chiosco ma un locale a tutti gli effetti, con tanto di aria condizionata, solita fila alle casse, vassoi e tavoli dove mangiare. Con un paradosso: il cibo è lo stesso, non abbiamo registrato alcuna apprezzabile differenza, ma risulta più costoso del fratellino stellato - qui invece l'insegna si fregia "solo" di un
Bib Gourmand. Comunque prezzi popolarissimi, per il famoso pollo in salsa di soia con riso si spendono 3,8 dollari, che è il quasi il doppio dei 2 originari ma sono sempre la miseria di 2,38 euro. Noi lì abbiamo assaggiato anche un combo delle tre specialità di maiale (pancetta arrosto, costoletta e char siew) a 10 dollari.

Il piatto combo con le tre preparazioni a base di maiale
Due annotazioni finali. Dopo questi primi due punti vendita, molti altri ne sono sorti, l'ultimo inaugurato a Manila proprio pochi giorni fa; ma insegne
Hawker Chan si trovano ormai sparse tra Taiwan, Giacarta in Indonesia, Bangkok e Pattaya in Thailandia, Melbourne in Australia. E il progetto è di espandersi ulteriormente. In tutti i casi, la mistura segreta per la marinatura del pollo viene preparata nella sede centrale e poi spedita nei vari locali.

Chan Hong Meng alla premiazione della Michelin Singapore 2016, quando ha ricevuto la stella
Seconda annotazione. Ammesso che, per riprendere le parole dell'ispettore Michelin al quale
Chan Hong Meng chiese chiarimenti, il giudizio della Rossa è «solo in base al cibo, non al locale», concetto ribadito dal responsabile italiano
Sergio Lovrinovich («La stella è esclusivamente nel piatto»): ma allora, perché
stella sì - e meritata, intendiamoci - per un afoso chioschetto e
stella no per le nostre migliori ed eleganti pizzerie? Neanche vale l'obiezione che la pizza «di fatto è un prodotto singolo, è una base singola con una serie di ingredienti che sono abbastanza limitati», le parole sono sempre di
Lovrinovich: c'è certamente molta maggiore varietà di scelta nel menu di
Simone Padoan o di
Franco Pepe, per dirne due, che in quello di un
Hawker Chan, dove la proposta si limita in sostanza a 5 o 6 piatti, pollo o maiale, e un paio di contorni. E allora, perché? Mistero.