La cucina spagnola contemporanea non è solo figlia della lezione tecnica di Ferran Adrià e della sua avanguardia, non presuppone cioè unicamente l'acquisizione e la riproposizione delle innovazioni di quel periodo, che hanno comportato un nuovo approccio scientifico nei confronti del cibo, incorporando nozioni postulate dalla chimica, dalla fisica, e in generale procedimenti prima esclusivo appannaggio dell'industria, non solo alimentare. È stata e continua a essere, piuttosto, uno sguardo libero sulla realtà - e quindi anche sul territorio e sulla sua storia - che viene poi raccontata ai fornelli; un cambio di paradigma generale, un impulso infinito alla ricerca e alla creatività che si rivolge al futuro ma scandagliando anche il passato: non si spiegherebbe altrimenti il lavoro della successiva generazione dei cuochi spagnoli, da Angel León a David Muñoz, tanto per citarne due tra i più celebri.

La facciata XIX secolo del Caro Hotel

All'interno, molti resti antichi di varie epoche
Meno conosciuto (ancora) in Italia di questi ultimi è
Miguel Ángel Mayor (Barcellona, 1984), una stella Michelin conquistata al volo dopo poco più di un anno dall'apertura - marzo 2016 - del suo ristorante
Sucede, all'interno dello splendido
Caro Hotel di Valencia.
Mayor ha nel curriculum molti tra i grandissimi di Spagna, da
Ferran Adrià (2009-2011 a
elBulli, ma ha collaborato con
elBulliFoundation fino al 2015) a
Sergi Arola all'
Arts di Barcellona (2011-2013, e prima ancora
Andoni Aduriz (2003) e
Quique Dacosta (2007). Si è ritrovato a lavorare in un indirizzo - il
Caro Hotel, appunto - assai stimolante: il
Palacio Marqués de Caro ha una facciata del 19° secolo, ma nelle sue viscere vanta elementi autentici risalenti fino a 2000 anni fa, tra cui un mosaico romano del II secolo, alcuni resti delle mura cittadine arabe duecentesche e archi gotici. Lo chef ha avuto dunque un'intuizione brillante, diremmo anzi geniale: tranne spunto da questa situazione particolare, per avviare una ricerca profonda sulla cucina valenciana prima di
Cristoforo Colombo, ossia su prodotti, piatti e tecniche del periodo romano e arabo, tra le cui vestigia si trova appunto a operare.
Abbiamo parlato di "ricerca profonda": che è tale, perché l'idea iniziale non è solo stato l'input per una felice iniziativa di marketing gastronomico, o per qualche defatigante approfondimento isolato, fine a sé stesso.
Mayor, al contrario, ha attivato una collaborazione continua con l'Università locale, creando quindi un vero e proprio gruppo di studio e di ricerca storica che va a scandagliare tradizioni alimentari lontane nel tempo, per molti versi dimenticate, e che pure mantengono un legame profondo con l'attuale realtà gastronomica.

Miguel Ángel Mayor nella sala dedicata allo studio delle ricette antiche. Alla sua destra uno schema dei periodi storici della Valencia precolombiana, con le rispettive caratteristiche anche alimentari: Hispania romana, Cristianesimo, Giudaismo, periodo visigoto, periodo del Priscillianesimo (dal nome dell'eretico spagnolo Priscilliano, 340-385), fino ad Al-andalus, ossia l'Andalusia araba
Il team, una ventina di elementi, si riunisce in uno spazio attiguo alla sala principale del
Sucede; tanto quest'ultima è caratterizzata dagli elementi architettonici del passato, in particolare le mura arabe, soggette a un perfetto restauro conservativo, quanto il primo risulta invece fitto, letteralmente tappezzato di schemi, grafici, progetti e dossier. Un vero e proprio laboratorio scientifico-culturale che esamina nel profondo lo stile alimentare romano e arabo, dando linfa continua, in questo modo, alla creatività dello chef, che proprio quei gusti, pur mediati dal pensiero e dal palato dell'oggi, vuole riproporre.

La sala del Sucede con le mura arabe e gli archi gotici
Mayor, figlio del proprio percorso professionale, è molto tecnico. Ma supera i limiti di un tecnicismo fine a sé stesso, lo innerva con le infinite suggestioni della ricerca continua che vi abbiamo appena descritto (al
Sucede si desina a pochi passi da un
triclinium latino, «mangiamo oggi nello stesso luogo dove mangiavano gli antichi romani, due millenni fa»), e focalizza - in piena adesione con le tendenze dell'alta cucina contemporanea - sulla materia prima locale. Ci spiega: «Può essere la base di un brodo o di una sferificazione; ma in un caso e nell'altro, l'importanza sta tutta nell'eccellenza del prodotto. Noi vogliamo valorizzare la grandezza dell'ingrediente locale».
Jesús Terrés è un noto giornalista, direttore della
Guía Hedonista, il più importante riferimento per la critica gastronomica locale. Ci racconta: «Qui in città si sperimenta sempre più quella che possiamo definire una
tercera via, una terza strada, tra quella di pura creatività avanguardista e l'altra, il riflusso che inquadra il prodotto. Per un gastronomo spagnolo d'oggi questo è il punto centrale, il pensiero della contemporaneità: e il modello che ne deriva risulta forte proprio a Valencia.
Técnica y temporalidad».
Mayor, come abbiamo visto, innesta in questa tendenza generale un proprio personale progetto creativo e di ricerca. Analizza alimenti come il caffè di ceci («Il caffè dei poveri») e l'acqua di rose, l'idromele e gli agrumi, fino alla
chufa - conosciuta da noi con i nomi di
zigolo dolce, cipero e
babbagigi, in inglese
tigernut – ossia un tubero dolce ottenuto dalla pianta
Cyperus esculentus, che è la base della più tipica bevanda valenciana (le cui prime tracce documentabili risalgono all’Antico Egitto. Uno studioso dell’università di Valencia ha infatti scoperto che nella tomba di un alto funzionario egiziano ci sono raffigurazioni che lasciano intendere come dolci a base di
chufa, incorporata a burro e miele, fossero una prelibatezza a cui egli non riusciva a resistere. Ma c’è addirittura chi sostiene che la
chufa fosse un alimento già conosciuto e consumato dal nostro progenitore
Australopithecus boisei, vissuto più di due milioni di anni fa). In questo lavoro, il nostro chef si avvale della collaborazione di studiosi come la professoressa
Charo Marco, che vive a Segovia, non a caso antica colonia romana, a circa 30 km dal capoluogo della Comunidad.

I due menu: Sucede e Valentia
Da questo fermento nasce la splendida proposta gastronomica del
Sucede. Non c'è carta, ma solo due menu degustazione, uno più lungo a 90 euro denominato
Valentia e uno più corto,
Sucede, che è una selezione del primo, a 70 euro. In entrambi i casi, la proposta è divisa anche visivamente in due parti distinta: una coi piatti di ispirazione Roma Antica, l'altra con quella araba. Noi abbiamo scelto ovviamente il percorso lungo, lo vedete nella nostra fotogallery.

I numeri giornalieri del Sucede: 30 commensali, altrettanti menu, 9 persone in sala, durata media del menu 2,5 ore, 41 piatti (dunque 1.230 in tutto per i 30 commensali), 14 posate (420) e 8 bicchieri di vino (240)
Alcune annotazioni. Punto primo: quando diciamo percorso lungo, intendiamo proprio lungo: sono la bellezza di 38 piatti (rispettivamente 21 e 17) nel nostro caso, si arriva a 41 a seconda della disponibilità. Punto secondo: anche per questo, ci si diverte tantissimo. Non solo per la qualità del cibo, ma anche perché ogni portata, spesso divisa in più assaggi, sottende un concetto di tipo storico che
Mayor non manca di spiegare al commensale. Ci si trova a sperimentare il
mulsum (una bevanda, ottenuta miscelando vino e miele, tipica appunto della latinità) e una salsa olandese al
garum (il
garum, di suo, è proprio ostico per i nostri palati, come ci spiega
Mayor ma può testimoniare anche
Pasquale Torrente, che pure ha provato a ri-produrlo); di orecchie di coniglio croccanti (deliziose) e di
arnadì, dolce arabo-valenciano a base di zucca e pinoli.

Parte di una ricostruzione storico-gastronomica di Valencia. «La struttura del menu Valentia segue lo schema del banchetto romano che è durato fino ai nostri giorni: in primo luogo, sono serviti vari antipasti, volti a stimolare l'appetito; poi i piatti principali, spesso a base di verdure, cereali, uova, legumi, carne e pesce; e infine dolci e frutta come dessert. Con varianti e micromenum indipendenti all'interno della proposta principale, il nostro filo conduttore rispecchia fedelmente questo spirito storico»
Punto terzo, e ultimo:
Mayor è un grande chef. I piatti che cucina non sono "vittime" del progetto che si è messo in testa; al contrario, sfruttano le suggestioni che li animano per raggiungere armonie originali attraverso combinazioni diverse, con il frequente superamento del confine dolce-salato e la proposta di elementi insoliti ma prelibati. In generale, il degustazione è una caleidoscopica carrellata di bontà, double face: è squisita e in più figlia di una ricerca straordinaria, oppure è figlia di una ricerca straordinaria e in più è squisita. Come si preferisce.
«Lo scopo dei nostri menu degustazione è quello di onorare la memoria culinaria locale con assoluta libertà creativa. Valentia, il nostro maggiore menu di degustazione, prende il nome romano della città come tributo alle nostre origini e si estende fino alla tappa arabo di Balansiya (il nome arabo della città, ndr). Abbiamo studiato le basi di entrambi i periodi, conosciamo i loro principi culinari e cerchiamo di iniziare da loro per fondere spazio e tempo e abbracciare la cucina del XXI secolo» (Miguel Ángel Mayor)
Sucede del Caro Hotel
Almirall 14, Valencia
Tel. +34 963 155 287
www.sucede.com
Aperto a pranzo e cena, chiuso domenica e lunedì
Solo menu degustazione a 70 e 90 euro