Driiiiiiinnnn! Un giorno d’inizio 2017 ha squillato il telefono di Domenico Schingaro, gran chef di quella rivelazione sulla costa pugliese che è i Due Camini (leggi il nostro racconto di un pranzo splendido, a Savelletri di Fasano: E' esploso Domingo Schingaro). Dall’altra parte della cornetta era Sabrina Vittore, che con il marito Antonio Pappalardo è domina da qualche anno del Tenimento al Castello di Sillavengo, bella struttura persa nella campagna del Novarese: villa padronale del 1700, con sale affrescate, una volta residenza dei signori Caccia Dominioni, discendenti da un grande feudatario locale; i due vi conducono un hotel quattro stelle e 13 camere, che ospita un gran numero di eventi (una sessantina di matrimoni all’anno, per dire). La ristorazione? Così così: modello banchettistica, appunto, più qualche spunto territoriale. Nulla di che, in un’area che peraltro offre pochissimi spunti al racconto dell’alta cucina.
Questo, più o meno, il dialogo tra
Schingaro e la
Vittore, che si erano conosciuti per caso poco tempo prima, ma erano rimasti in contatto: “
Domingo, voglio rilanciare la nostra offerta, creando un nostro ristorante gastronomico interno. Mi serve la persona giusta: sai indicarmi uno chef giovane, capace e volenteroso?”. “Ma certo,
Sabrina”.
Il pensiero di Schingaro era andato subito a un collega dalla professionalità inattaccabile, ma che è anche suo grande amico: Maurizio D’Andretta, classe 1984 da Angri, provincia di Salerno. Figlio d’arte, il papà Giovanni aveva lavorato col babbo di Antonino Cannavacciuolo. Mamma Angela era però d’origine piemontese, la famiglia si era trasferita a Valenza Po, il fratello Diego conduce ad Alessandria il ristorante DaDiego, cucina di pesce. Maurizio non era passato per la trafila dell’Alberghiero, ma era stato catapultato direttamente a Villa Crespi, nel 2001, grazie al rapporto tra le due famiglie.

Lo staff del ristorante a Sillavengo. Primo da sinistra il maître-sommelier Roberto Tronconi, seconda da destra Sabrina Vittore
Da lì, un gran girovagare utile ad acquisire sempre maggiori competenze:
Grand Hotel Palazzo della Fonte a Fiuggi,
Hotel Monaco & Grand Canal a Venezia, quindi Parigi, per un anno, nel locale di
Gualtiero Marchesi. E ancora in Sardegna all’
Hotel Capo d’Orso, in Toscana, in Alto Adige al
Tyrol di Selva... «Eh sì, ho cambiato spesso». Era il 2008 quando il suo peregrinare lo aveva riportato a casa, ad Alessandria, a
I Due Buoi, come secondo di
Schingaro: ne è nato un legame forte,
Domingo sarà presto padrino al battesimo di
Sofia Maria, primogenita di
Maurizio, ora ha 4 mesi, se abbiamo fatto bene i conti.
Fattore decisivo – non il battesimo, ma l’amicizia – come abbiamo visto, per portare nel febbraio scorso D’Andretta a Sillavengo, dopo tre anni trascorsi come sous chef presso il Rosewood Castiglion del Bosco, con Enrico Figliuolo. Chiaro il mandato dei Pappalardo: «Vogliamo un cambiamento radicale della cucina». Lo chef sviluppa maggiormente il concetto: «L’idea è comunque quella di non snaturarmi. Certo, di ricercare un legame col territorio, non necessariamente il solo Novarese (al di là di riso e gorgonzola), ma anche il Piemonte tutto». Però di andare anche oltre, senza paraocchi né barriere mentali. E senza inseguire necessariamente scorciatoie piacione.
A pochi mesi di distanza dalla svolta, il risultato ci è apparso già davvero soddisfacente all'assaggio. Raccontiamo la nostra cena nella fotogallery firmata
Tanio Liotta, ma già anticipiamo: abbiamo mangiato buoni antipasti, primi piatti molto buoni, secondi ottimi, dessert eccellenti, in un crescendo inatteso, invero piuttosto insolito, capita molto più spesso il contrario. Lo stile è ben strutturato, c’è un bel bilanciamento del gusto, un’armonia generale che indica buona mano e ottima tecnica (e non potrebbe essere altrimenti: in caso contrario, la parte dolce dovrebbe essere deludente, mentre è esaltante). Siamo solo all’inizio di un percorso interessante: a breve arriverà anche una nuova, grande cucina, firmata
DeManincor. Insomma, si sta costruendo qualcosa di importante. Anche in sala, gestita dal maître-sommelier
Roberto Tronconi, un professionista serio.

Il sacrario militare italiano Quota 33 a El Alamein
Un’ultima annotazione: il ristorante gastronomico guidato da
D’Andretta nel
Tenimento al Castello si chiama
Q33; l’insegna deriva dalla storia personale di
Paolo Caccia Dominioni, ultimo discendente della famiglia cui appartenne il castello: ingegnere ed eroe di guerra, scampato al disastro di
El Alamein durante la Seconda Guerra Mondiale, si occupò in seguito di sistemare il sacrario militare là creato e denominato
Quota 33, vi riposano i resti di 5.200 soldati italiani e di 232 ascari libici.
Caccia Dominioni riportò poi in patria, a Sillavengo, molto materiale che documentava quell’evento, che ora è in mostra nelle stanze del castello.
Q33 al Tenimento del Castello di Sillavengo
via S. Giuseppe 15, Sillavengo (No)
Tel. +39 0321 824221
alcastello.it
Prezzi medi: antipasto 19 euro, primo 18, secondo 28, dessert 11
Aperto da martedì a domenica, a cena; sabato e domenica anche a pranzo