Nella foto, vedete un dessert… di pasta, Spaghetto con la Strummula. L’ha presentato lo chef Santino Corso, palermitano classe 1988, a una gara tra giovani chef siciliani tenutasi sull’Etna. A vederlo sembra bello e curioso, ma è anche decisamente buono, tanto da convincere appieno la giuria e vincere così il primo premio della Gara di Gusto, la sfida che valorizza i talenti del Centro Sud Italia (in questo caso si trattava della pre-selezione siciliana). Ci ha incuriosito al punto da meritarsi un racconto, che è quello che state leggendo. Con una premessa doverosa.

Agatino Bruno, Peppe Torrisi, Joseph Micieli, Gabriele Di Vincenzo, Santino Corso
E’ stato intelligente da parte di
Fabrizio Carrera, direttore di
Cronache di Gusto, proprio alla vigilia del
World Pasta Day (leggi anche:
World Pasta Day, a San Paolo la grande festa di spaghetti & co.) assegnare “lo spaghetto” come tema della competizione, che vedeva concorrere cinque volti nuovi della cucina isolana. Brillanti gli esiti generali: nessuna banalizzazione, nessun
vorrei-ma-non-riesco.

Spaghetto affumicato allo scoglio di Agatino Bruno
Interessante ad esempio lo
Spaghetto affumicato allo scoglio di
Agatino Bruno, sous chef dello
Zash di Riposto, in provincia di Catania: una interpretazione vecchia-nuova del classico piatto marinaro, in cui al fumetto di pesce viene sostituito un dashi con sentori affumicati e a pesci e crostacei tradizionali qualcosa di alternativo. Il
mauru ad esempio, alga marina dai lunghi filamenti callosi, che fino a qualche decennio fa cresceva spontaneamente lungo le coste laviche catanesi (veniva consumato crudo, oppure appena condito con sale e limone, o ancora saltato in padella) e che ora è invece una rarità. Poi patelle,
occhi di bue, vongole veraci e spugna al nero di seppia.

Lo Spaghetto… un giro per la Sicilia di Peppe Turrisi
Intrigante anche
Lo Spaghetto… un giro per la Sicilia di
Peppe Torrisi, chef del
Talé di Piedimente Etneo: la pasta condita con una combinazione di tre tipi di pomodoro (piccadilly, datterino, giallo di Scicli) cucinati in modo diverso, il primo confit, il terzo in polpa, mentre dal secondo si è ricavata l’acqua. A racchiudere il nido di spaghetti, una corona di formaggio realizzato con latte d’asina e mandorle d’Avola. E poi ancora i tanti gusti di Trinacria a rendere diverso ogni boccone: alici di Sciacca, arancia candita,
masculini da magghia, caviale di lime (che cresce spontaneamente nei giardini del
Talé)…

Spaghetto aglio, olio, peperoncino, gamberi e fagiolo cosaruciaru di Scicli di Joseph Micieli

Spaghetti con crema di senape selvatica, gambero, bottarga, pomodoro secco, limone e acetosella di Gabriele Di Vincenzo
Bene anche le altre proposte:
Spaghetto aglio, olio, peperoncino, gamberi e fagiolo cosaruciaru di Scicli, un mix di sapori di terra e di mare dello chef
Joseph Micieli del ristorante
Scjabica di Punta Secca, in provincia di Ragusa. E gli
Spaghetti con crema di senape selvatica, gambero, bottarga, pomodoro secco, limone e acetosella di
Gabriele Di Vincenzo, chef del
Mandranova a Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento.

Spaghetto con la Strummula
Ma ha vinto l’idea di
Corso, un dessert di pasta che rivisita la cassata e ha la forma di una
strummula, ossia di una trottola: prima ha stupito, poi ammaliato. Si tratta di una sfera realizzata con spaghetti di pasta fresca (acqua, farina e sale) al pistacchio, cotti in una soluzione di acqua, chiodi di garofano, anice stellato e zucchero. Si dà loro una forma sferica sigillandoli con cioccolato bianco al pistacchio, dopo averli abbattuti e cotti al forno; racchiudono un ripieno di ricotta dolce montata col sifone che nasconde a sua volta una pralina di cioccolato a racchiudere, in un gioco di
matrioske golose, il succo delle prime arance di Ribera. A completare l’idea, una ciliegia aromatizzata al maraschino e crumble al cioccolato che riproduce il terriccio su cui terminano il loro vortice le trottole vere.
«Io abito a Bagheria – ci ha raccontato lo chef – Mi trovavo in un caffè in città e c’erano da una parte le cassatine fresche, dall’altro dei quadri che raffigurano le
strummule. L’idea è nata così» ed è già in carta al
Charleston, lo storico ristorante palermitano dove
Corso è chef da soli tre mesi.
E davvero si può parlare di
nuovo corso per il locale che ha fatto la storia dell’alta cucina a Palermo e proprio quest’anno compie 50 anni di tanti successi, più lontani nel tempo, e qualche traversia più recente. Ora cerca il rilancio: l’attuale patron è
Mariella Glorioso, una donna determinata, figlia di quel
Nino Glorioso che con
Angelo Ingrao fondò il locale il 21 ottobre 1967; primo chef fu
Rosario Guddo, cui succedette un ragazzo allora in brigata,
Antonino Tantillo, fino al 2008 protagonista della cucina così come
Carlo Hassan lo è stato in sala. La prima stella Michelin arrivò nel 1973, l’anno successivo la seconda facendo entrare il
Charleston nell’Olimpo dei buongustai” come scrisse
Edoardo Raspelli sul
Corriere della Sera rimarcando che questo fosse “l’unico ristorante meridionale con il massimo punteggio italiano”, anzi il solo di tal livello da Firenze in giù. Il successo è stato duraturo, quasi un quarto di secolo, cui sono seguiti tempi più complessi. Un po’ la storia del
Savini di Milano, per dire, ma con prospettive ora diverse.

In occasione dei 50 anni del Charleston, in attesa della festa ufficiale che si terrà il 13 novembre quando sarà presentato anche un libro sul mezzo secolo di vita del locale, sono state organizzate serate speciali con grandi chef ospiti. Nella foto, quella del 29 giugno scorso, che vedeva ospite Enrico Bartolini, il primo da sinistra. Con lui lo chef uscente, Angelo Gervasi, e quello nuovo, Santino Corso
Santino Corso è infatti il ragazzo su cui si scommette per il futuro. Ha le carte in regola: «Già al secondo anno di Alberghiero alternavo lo studio col lavoro, alla
Scuderia di Palermo, allora un locale prestigioso». Vi è rimasto otto anni prima di passare proprio al
Charleston (per tre anni, chef era il successore di
Tantillo,
Angelo Gervasi) e poi emigrare in Inghilterra, nelle brigate di indirizzi eccellenti, come quella di
Michel Roux Jr, dove è stato junior sous chef. «Sono felice di essere tornato a casa – confessa
Corso – Vogliamo fare le cose in grande», a partire dal prossimo menu, «cambierà a giorni», il primo della nuova avventura che vuole riaffermare il
Charleston come tempio dell’alta cucina, in una Palermo capace finalmente di crescere bene: parleremo presto di un’altra bella storia di nuova dinamicità, quella di patron
Franco Virga e chef
Gioacchino Gaglio.