Nicola Portinari scava nei ricordi: «La prima volta che abbiamo preparato un piccione al sangue, me l’hanno lanciato dietro!». Era difficile proporre alta cucina, se si stava in periferia, trent’anni orsono. Tre decenni dopo, invece, è tempo dei compleanni, e dei complimenti: La Peca taglia l’importante traguardo, illuminata dalle due stelle, senza patire il trascorrere del tempo, «merito anche della nostra brigata, che è giovane e molto stimolante (i sous Fabio Chilese e Marco Faedo hanno rispettivamente 34 e 30 anni, per dire, ndr)».

Nicola e Pierluigi Portinari, con Cinzia Boggian, moglie di quest'ultimo e gran signora della sala, in una foto del 1999
“
La Peca, il nuovo ristorante di Lonigo. La città si arricchisce di un ambiente raffinato situato sulla prima rampa dei Colli leoniceni – La premesse per lasciare veramente il segno – Che cosa ne dicono i giovani proprietari e gestori”: così titolava un articolo de
Il Giornale di Vicenza, datato 14 febbraio 1988, ossia poche settimane dopo l’apertura, nel dicembre precedente. E il segno l’hanno davvero lasciato, i fratelli
Portinari, anzi l’impronta (questo è il significato della parola “
peca”, in veneto): nome perfetto perché, come abbiamo scritto ne
100 Chef x 10 Anni (
Mondadori) “è come se loro – umili quanto capaci – facessero un passo indietro, ambissero soprattutto ad amplificare il ricordo degli aromi che respiravano (e gustavano) fin da bambini, quando nella grande cucina della casa di famiglia venivano sfamate 15-20 persone per volta, il loro papà è stato proprietario per 55 anni di una macelleria-rosticceria e sapeva il fatto suo...”.

Nicola Portinari e la prima stella Michelin, anno 1995

Nicola e Pierluigi Portinari in una foto quasi dell'esordio, l'anno è il 1988
Nicola Portinari, classe 1964, quando
La Peca aprì aveva 23 anni. Il fratello
Pierluigi soli 3 di più. Sono partiti da zero, si sono rimboccati le maniche, anche se avevano pochissima esperienza, anzi peggio: «All’inizio non avevo nessuna preparazione, però ho potuto imparare dai cuochi che si sono avvicendati a
La Peca dall’87 all’89, quando sono diventato lo chef». A da lì è stato sempre un migliorarsi.
Pierluigi ha sviluppato poco a poco una delle migliori cantine d’Italia come profondità e modernità, proponendo prima e meglio degli altri anche la nuova galassia dei vini naturali.
Nicola non ha mai smesso di cucinare e imparare, insieme, fondamentale in questo senso l’esperienza fatta da
Juan Mari Arzak, nell’anno di grazia 2002, «lì ho capito una cosa fondamentale, cioè che è necessario fare gruppo, nella tua struttura ma anche nel rapporto tra colleghi».
Chiediamo a
Nicola: ma come si fa a tenere alta la barra della qualità (e i conti floridi) per trent’anni di fila? La sua risposta è articolata: «Due cose le ho già dette: fare gruppo e creare una brigata giovane e affiatata, che sia continua fonte di stimoli. Poi aggiungo: innanzi tutto, rassicurare la clientela, che alla lunga non apprezza piatti troppo sperimentali, estremi. Serve equilibrio, partendo da una base storica», il che non vuol dire fermarsi al passato, nella nostra degustazione l’anguilla e l’agnello sono piatti del 2015, gli spaghettoni e il guancialino idee di quest’anno…

Lo chef davanti all'entrata de La Peca
Poi, incalza sempre il
Portinari più giovane, occorre proporre grande materia prima: «C’è una signora che tra qualche giorno mi porterà 40 germani, favolosi. Gli agnelli li prendo da un piccolissimo allevatore di Enego, il maialino da un contadino che abita qui vicino». Se hai questi prodotti, qualche idea, le necessarie tecniche («Magari anche copiate da altri Paesi, perché no?») e una brigata affiatata, il 90% del lavoro è fatto, «perché tutto ciò ti regala personalità, e avere quest’ultima è fondamentale per il successo».

Nicola Portinari a Identità Expo nel 2015, con Gabriele Boffa
Sempre antipatico (e/o noioso) chiedere bilanci, in scadenze come questa: è in agguato l’effetto epitaffio.
Nicola Portinari risponde però con la consueta intelligenza: «Nel mio piccolo, penso di aver contribuito, con la storia de
La Peca, a valorizzare questo territorio. Mi ricordo che, quando aprimmo, non vi era certo la cultura e il rispetto per il cibo che esiste adesso. Qui da noi era pieno di trattorie e agriturismi alla buona, a certi livelli si trovava solo il
Casin del Gamba, che aveva già allora la stella Michelin».
E' cambiato il territorio, ma anche la clientela: «Oggi è molto più attenta, preparata, bada a ciò che mangia, cerca le verdure e molto pesce, più della carne (70%-30%,
ndr) e per me è un po’ una sofferenza, siamo pur sempre nati macellai. In compenso chiede sempre più spesso cacciagione. E devo dire che, dopo alcuni anni di sofferenza dovuta alla crisi, oggi è tornata un’ottima disponibilità a spendere, ma purché vi sia la qualità».
La Peca capita a fagiolo.
Insomma: buone notizie, da Lonigo. (E persino ottime dalla tavola, dove abbiamo gustato una cena di grandissimo livello. La raccontiamo nella fotogallery, grazie agli scatti di Tanio Liotta).