Come attaccare un pezzo su una festa dedicata al bitto? Un caro amico – gran pizzaiolo – mi suggerisce: “Si narra che i Celti, dopo essere stati cacciati dalla pianura, trovarono rifugio in Valtellina. Esperti pastori e casari, per conservare e trasferire le proprietà nutritive del latte nel tempo, iniziarono a produrre formaggi a lunga conservazione…”. Insomma, la prende un po’ lunga, ma in fondo è efficace. Perché, qualcosa più di due millenni dopo, il bitto continua a essere prodotto da queste parti, come da antica tradizione: scende dagli alpeggi valtellinesi… ma diventa anche crema, spuma, torta, zabaione, gelato.

Gianni Tarabini coordina i lavori in cucina
La versatilità dello squisito cacio è la stessa che hanno dimostrato i quindici chef protagonisti de
Il bitto e le stelle, terzo appuntamento con le variazioni più originali del prodotto dei caseifici valligiani, una vera e propria festa organizzata – proprio quando le forme arrivano dagli alpeggi della Valgerola – ancora una volta da/a
La Fiorida, fiorente e accogliente azienda agrituristica che sa coniugare le pratiche tradizionali dell’allevamento e dell’agricoltura, però declinate nella modernità, con la migliore ospitalità, grazie alle 29 ampie camere e alla spa, e l’eccellente ristorazione, sia
nei tavoli che offrono le tipiche specialità locali, sia in quelli stellati e gastronomici de
La Preséf, indirizzo che vanta due-gran-chef-due, trattasi di
Gianni Tarabini e
Franco Aliberti, diversissime facce della stessa medaglia.
Ovvio che entrambi fossero tra i protagonisti della kermesse: ma insieme a loro, tanti colleghi e amici di ogni provenienza geografica, da
Alessandro Negrini (peraltro originario della zona) all’abruzzese
Marzia Buzzanca (ne abbiamo
parlato recentemente qui), dal campano in trasferta a Bormio
Antonio Borruso a quello di stanza Monza
Fabio Silva (ne abbiamo
parlato recentemente qui), poi il pesarese
Stefano Ciotti e ancora
Eugenio Boer, Marco Valli, Giancarlo Morelli, Maurizio Santin, Roberto Tonola (che poi è il
Tonola jr della
Lanterna Verde, ndr),
Tommaso Arrigoni, Filippo Sinisgalli, Enrico Derflingher.
Grazie a loro, il bitto ha acquistato nuove forme e fascino, proprio nelle settimane in cui si è sancita la definitiva separazione tra le forme dop tutelate dal
Consorzio e quelle già “Bitto Storico”, oggi “
Storico Ribelle”; ognuno prende la sua strada con la benedizione anche delle istituzioni, era presenta a
La Fiorida anche l’assessore lombardo all’Agricoltura,
Gianni Fava, che si era chiaramente già espresso sul tema, a lungo scottante e irrisolto: «Il cambiamento di rotta a questo punto è conveniente. Se la scelta sarà quella di un nuovo marchio, la Regione Lombardia è pronta a sostenerli», riferendosi ai cosiddetti “ribelli”.
Auguri a tutti, ognuno ha le proprie ragioni. Le nostre sono quelle del buongustaio che ha apperzzato la capacità degli chef di declinare il bitto dop in tanti piatti d’alta gastronomia. Ve li raccontiamo nella fotogallery sopra.