08-10-2024

Storia del Pane, una lettura dissacrante sull'alimento simbolo del nostro tempo

Gabriele Rosso ci conduce in un viaggio appassionante dalla Mesopotamia ai giorni nostri. Con un registro scettico e ironico

La copertina del libro e il suo autore. Il volume

La copertina del libro e il suo autore. Il volume (184 pagine, 17 euro) si può acquistare online

 “Storia del pane. Un viaggio dall'Odissea alle guerre del XXI secolo”, appena uscito per i tipi del Saggiatore, è un testo che, a prima vista, mette in fila la crono-sequenza dalla comparsa del «proto-pane» della Mesopotamia alla «rivoluzione del pane artigianale» dei giorni nostri.

Apparentemente, è un diario di viaggio che racconta le mille avventure «Del cibo che ha creato più linguaggio, più intelligenza e più civiltà di tutti, popolando i testi religiosi e gli universi teologici, abitando i miti, identificandosi con i popoli, scatenando rivoluzioni e decidendo le sorti delle guerre». Un’epopea che attraversa le civiltà egizie, greche e romane; le carestie e gli assalti ai forni del Medioevo, i tumulti dell’età moderna e la controversa diffusione del wonder bread della contemporaneità.

È il racconto «di una grande invenzione», che chiama in causa fonti molteplici e testimoni illustri o semi-sconosciuti: Rodolfo il Glabro e Francesco Petrarca, Otto Frederick Rohwedder​ e Alessandro Manzoni, Omero, Michael Pollan fino ai due artigiani visionari della nostra epoca, «l’eremita» Eugenio Pol e «l’evangelizzatore» Davide Longoni.

Il titolo del libro, la sinossi ufficiale o quel che si legge nell’aletta del libro, non tengono però conto del punto di vista particolare che l’autore assume, la vera forza del libro a nostro avviso. Cuneese classe 1979, Gabriele Rosso è un ragazzo che «scrive, corregge e beve» per la rivista L’Integrale, la guida Slow Wine di Slow Food (di cui è vice-curatore) e la distribuzione vini L’Etiquette. È uno studioso animato da uno «scetticismo agnostico e radicale» che gli consente di inquadrare il nostro ingrediente senza alcuna adorazione preventiva.

È una storia “critica” del pane, diremmo, perché non adotta nemmeno una visione tecnica («Il pane non lo so proprio fare, non l’ho mai fatto e probabilmente non lo farò mai», confessa Rosso) e questo genera però nell’autore quel distacco sufficiente per affrontare – e in qualche caso validare - affascinanti ipotesi revisioniste e provocatorie: «Per diversi studiosi, l’adozione dell’agricoltura, a partire all’incirca da 10.000 anni fa tra Mesolitico e Neolitico, fu addirittura il peggior errore nella storia della razza umana», per esempio. Oppure, «Dovremmo iniziare a pensare al pane come al cibo che ha contribuito a ridurre in schiavitù l’umanità?».

Un non-conformismo dissacrante che rende il nostro testo una lettura godibilissima, che non assolutizza alcuna tesi, mossa da una concezione della storia che non è un sentiero che conduce per forza il pane a miglioramenti inesorabili, anzi, è solo il prodotto di moti accidentali e discontinui, che non seguono una direzione divina ma ascese e tonfi imprevedibili. Tutto tranne quello che ci si aspetterebbe da un libro “storia di…”, non una collezione di dogmi accademici ma una scrittura ironica e materialista su «un soggetto vivo e multiforme», come lo stile dell'autore.

Un lavoro piuttosto originale perché spoglia il pane dai sovraccarichi mistici e simbolici in un certo senso responsabili di quel prodotto «anonimo, privo di sapore, in grado di conservarsi a lungo e di portare al massimo guadagno in poco tempo» dei nostri tempi. Con la conseguenza che, avverte Rosso: «Se nel 1980 in Italia si consumavano circa 84 chilogrammi di pane pro capite all’anno, nel 2024 siamo scesi a 30». Ma nulla è perduto perché «Il pane è morto» e dunque «lunga vita al pane».


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Gabriele Zanatta

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Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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