La formula del pane (Giunti, 287 pagg., 24 euro) è il nuovo libro della giornalista Laura Lazzaroni, premiata dalla Guida di Identità Golose 2015 come miglior food writer dell'anno. E' il secondo volume firmato da Lazzaroni sul tema della panificazione: per Guido Tommasi era infatti uscito nel 2017 Altri grani, altri pani, che raccontava le sue prime esperienze tra farine e impasti, l'origine della sua passione e gli incontri con diversi professionisti della materia che l'avevano ispirata, le tipologie di grani con cui aveva iniziato a sperimentare.

Laureata in biologia, giornalista, è stata caporedattore attualità della rivista L’Uomo Vogue, ha lavorato a New York come inviato di D-La Repubblica delle Donne. Sempre a New York ha seguito il rilancio, in qualità di direttore, dell’edizione americana de La Cucina Italiana, ed è stata co-direttore della prima edizione italiana del magazine Food&Wine. Pochi mesi fa ha firmato, in inglese, il libro The New Cucina Italiana, pubblicato da Rizzoli New York
Anche in
La formula del pane l'autrice ripercorre gli inizi della sua esperienza da home baker, che poi l'ha portata a diventare una panificatrice esperta, che si è dedicata nel tempo a diverse consulenze con forni e ristoranti (
Gabriele Zanatta aveva raccontato in questo articolo la sua collaborazione con il locale milanese
Forno Collettivo). Ma c'è un approccio nettamente diverso in questo nuovo libro, che possiamo raccontare partendo da una parola che troviamo nel suo sottotitolo:
Il metodo per imparate l'arte della panificazione domestica.
La parola è metodo, un termine che ricorre sin dalla Premessa: «Il metodo è il motivo per cui ho scritto questo libro. Affinché ognuno di voi possa trovare la propria formula del pane», spiega Laura Lazzaroni a pagina 13.
«Ho cominciato a ragionare sul concetto di metodo - racconta invece a
Identità Golose - quando ebbi l'occasione di parlare con
Michael Pollan: dopo aver letto il suo libro
Cotto, rimasi colpita dal capitolo sulla panificazione, che aveva come protagonista
Chad Robertson, di
Tartine a San Francisco. Fu
Pollan a mettermi in contatto con
Robertson: nel periodo in cui stavo facendo interviste per presentare
Altri grani, altri pani, ho anche avuto l'occassione di andare a San Francisco e passare una giornata con lui. Il libro
Tartine Bread, ma anche gli altri firmati da
Robertson, sono basati sul grande metodo del
sourdough country loaf: è forse il metodo per antonomasia, sicuramente il più conosciuto e utilizzato nel mondo, e anche quello che usai per cominciare a fare il pane in casa, quindi all'inizio inconsapevolmente, poi con sempre maggior coscienza. Di fatto ho iniziato a fare il pane attraverso un metodo: poi, cominciando a lavorare con i professionisti, soprattutto nei laboratori di panificazione e nei forni, ho capito che il metodo i
pro lo usavano praticamente sempre».
Questo libro parte però dalla volontà di trasmettere l'idea di metodo ai panificatori amatoriali, domestici: «Mi sono chiesta perché nessuno spieghi questo concetto alle persone che panificano in casa. Così, quando con
Marco Bolasco di
Giunti abbiamo iniziato a pensare a un libro sul pane, gli ho subito detto che volevo lavorare sull'idea di un manuale, quindi tecnico, ma dedicato a chi vuole fare il pane a casa. Poi può essere sicuramente usato anche da chi panifica professionalmente, ma per me è nato con l'home baker in testa e nel cuore, con l'obiettivo di trasmettere l'idea del metodo. Cos'è il metodo? E' qualcosa che va al di là e sopra la ricetta, è il processo lungo e approfondito che analizza tutte le variabili che si possono verificare durante la panificazione. La chimica, la microbiologia, i segni da cercare quando osservi, tocchi, leggi l'impasto. Le scorciatoie e i trucchi, i problemi che possono sorgere e come affrontarli. Il metodo è un grande condensato di tutto ciò che ho imparato in questi anni, che oggi ripropongo pensando alle problematiche della panificazione domestica. Il metodo soprattutto è ciò che, una volta assimilato, permette di emanciparsi dalla ricetta, perché contiene in qualche modo tutte le ricette del mondo».

Ne parliamo al singolare, ma in
La formula del pane Laura Lazzaroni ne propone tre, che chiama "master": 1 - Pani in stile sourdough, 2 - Impasti ad alta idratazione, 3 - Impasti arricchiti.
«L'idea che volevo raccontare è quella di una visione di insieme: tra i diversi prodotti della panificazione, ci sono parentele, elementi comuni. Quando cogli queste parentele, capisci che invece che imparare una singola ricetta, puoi apprendere un metodo. Nel libro ne presento tre, partendo dai quali, applicando delle piccole modifiche in alcuni passaggi chiave, si ottengono prodotti diversi. L'esempio forse più immediato è quello del metodo 2, degli impasti ad alta idratazione: il primo prodotto che racconto è la Ciabatta, a cui mi sono molto appassionata. Ma in pochi credo sappiano che con lo stesso impasto della ciabatta si possono ottenere focacce, pizze in teglia e perfino le pizze tonde. Lo stesso impasto: io lo faccio fermentare per due giorni, poi il giorno in cui si va in cottura, all'ultimo momento, si può decidere cosa ottenere. Cambia solamente la chiusura del processo, ovvero come lo stendi, come lo cuoci».
E' certamente un manuale tecnico,
La formula del pane. Ma, anche per la scrittura sempre scorrevole, limpida, immediata di
Laura Lazzaroni, lo si può leggere senza alcuna difficoltà anche non desiderando, il giorno dopo, di mettersi alla prova con lieviti, farine e impastatrici. E' una lettura invece utilissima a comprendere quanto sia ricco e profondo il lavoro dei panificatori. Ad apprezzarne meglio i frutti e a cogliere quei collegamenti, quelle "parentele", tra diversi prodotti, che danno nuova consapevolezza su molte bontà radicate nella memoria gustativa di tutti noi.