Senza consapevolezza della propria storia, il presente è fragile. Vale anche nel microcosmo italico della gastronomia, sia per chi sta dietro, sia per chi sta davanti ai fornelli. Si vive, ancora troppo spesso, di fascinazioni effimere dell'ultima ora, di neologismi gretti, di superficialità, di fasulli simulacri di buona tavola. Succede perché fuori dal club, nel mondo reale, la cucina non è ancora un vero e proprio fatto culturale. Per far sì che lo diventi, bisogna restituire idee e primati ai legittimi proprietari, ritrovare le radici e l’evoluzione, tracciare un percorso.
Bisogna, insomma, iniziare a mettere un po’ d’ordine. Un primo, felice, tentativo l’hanno fatto Marco Bolasco, curatore della guida Osterie d’Italia di Slow Food (e autore del blog Cibario) e Marco Trabucco, giornalista di Repubblica, con Cronache Golose (Slow Food Editore, 288 pagine a 14.50 euro), un godibile racconto attraverso 50 anni, 50 cuochi e 50 ricette. Non certo un manuale di storia ma, appunto, un percorso tra storie, ristoranti e aneddoti. Come quello raccontato nell’introduzione: nel 1982, in via Bonvesin della Riva, un gruppo di amici - tra cui Antonio Santini del Pescatore - in trasferta a cena da Gualtiero Marchesi s'improvvisano camerieri perché il personale di sala del Maestro è rimasto bloccato in un incidente. È nel dopocena che si comincerà a parlare dell’associazione di ristoratori Le Soste.

Gli autori Marco Bolasco e Marco Trabucco (foto Porzioni Cremona)
Storie anche d’amore: quella di
Lidia e
Guido Alciati. Nel 1961, innamorati, aprirono un ristorante in un seminterrato di Costigliole d’Asti che riuscirà, primo in Piemonte, a ottenere le due stelle Michelin. Una piccola rivoluzione del plin (prima di loro l’agnolotto era solo quadrato). E ovviamente storie di ingredienti, intuizioni e ricette rivoluzionarie: il carpaccio che
Giuseppe Cipriani inventò nel 1950 all’
Harry’s Bar per la dieta di una contessa veneziana, gli
Spaghetti alla lampada di
Angelo Paracucchi, i Bignè fritti caramellati del
Trigabolo di
Igles Corelli, la
Passatina di ceci con gamberi di
Fulvio Pierangelini.
Dai primi, grandi maestri, come Nino Bergese, agli anni Novanta con gli exploit (anche nei salotti televisivi) di Gianfranco Vissani e Antonello Colonna, alle avanguardie degli ultimi anni: Carlo Cracco, Massimo Bottura, Paolo Lopriore. Chiude Niko Romito con il suo Assoluto di cipolle. Non a caso: è forse da Castel di Sangro – ci vogliono dire gli autori – che sta passando la strada più nuova, ma più italiana, della nostra cucina.