E' sulla bocca di tutti. Negli impasti di molti. Ma forse, conosciuta per davvero, ancora da pochi. La pasta madre. Una moda figlia dei nostri giorni, affamati di cibi cool, genuini sì ma anche ricercati, alternativi, raccontati e sezionati da orde di food blogger? Oppure l'emergere di una necessità, di un bisogno arcaico che riaffiora nella nostra coscienza collettiva di ex coltivatori, un inevitabile ritorno alle origini, ai gesti lenti e segreti tramandati di madre in figlia?
Personalmente, come pizzaricercatore spero sia una sorta di pacifica rivoluzione culturale: pasta madre, non solo come parte di un sano nutrimento quotidiano, ma soprattutto come modello di un nuovo - e tuttavia antichissimo – modo di vivere il nostro rapporto con il cibo. Calmo, lento. O, per usare un termine ancora più calzante, slow. Perché la pasta madre è il risultato di un processo che richiede attenzioni e cure costanti, tempi di lavorazione e lunghi periodi di riposo (oltre, naturalmente, a tanto, tantissimo amore).

Renato Bosco, 47 anni. Ha appena aperto una seconda insegna a Verona: si chiama LaTorre#1, indirizzo stradone S. Maffei 1, e propone pizza, pane e dolci
Ma, prima di metterci sulla spianatoia con farina ed acqua ad impastarla, rinfrescarla, lavorarla e lasciarla serenamente lievitare perché non definire, una volta per tutte e a beneficio di tutti il significato di pasta madre? Perché non darci una vera e propria regolata, istituendo un'associazione di professionisti, senza scopo di lucro, ma con uno statuto e delle norme che spieghino cos'è la pasta madre attiva e come si deve lavorare per poterla definire così?
Allo scorso
Taste di Firenze, invitato a dibattere su questo fragrante tema insieme a un gruppo di artigiani ed esperti del settore, ho avvertito chiaramente questa necessità. Non tanto a beneficio di noi addetti ai lavori, che maneggiamo farine e lieviti ogni giorno e viviamo in una naturale intimità con l'arte bianca, ma soprattutto dei nostri clienti e di tutti i consumatori: li immagino al supermercato con in mano una bustina che recita la contraddittoria (e a mio avviso quasi fraudolenta) dicitura “pasta madre essiccata”, o al bar davanti ad un cornetto “a lievitazione naturale” a domandarsi cosa sia, oppure su Internet a leggere le ultime, ringhiose accuse contro il - povero e recentemente sempre più bistrattato - lievito di birra. Trovo ingiusto che scaltri ragionamenti di mercato generino tanta confusione e paura a scapito della buona fede degli ignari consumatori.

Per questo, vorrei lanciare un appello a tutti i colleghi che, come me, lavorano ogni giorno con coscienza e con passione, cercando di utilizzare nel modo più adeguato ogni materia prima, ogni farina e ogni lievito a seconda della tipologia di impasto da creare. Perché non ci mettiamo a tavolino e scriviamo tutti insieme le regole del buon panificare?
Da qui è nata l'idea di istituire
Figli di pasta madre, denominazione intesa sia come associazione che come marchio di qualità da apporre ai prodotti che preparo con il lievito madre: si tratta una proposta che estendo con entusiasmo a tutti i colleghi disponibili ad accoglierla e a diventare
Figli di pasta madre insieme a me, affinché possiamo crescere, anzi lievitare e creare nuovo, sano, vivo fermento nel meraviglioso mondo della panificazione.
1. continua