Raccolgo volentieri l’invito di Identità Golose a raccontare uno dei migliori pasti mai fatti. Quest’inverno, nei giorni di chiusura del Refettorio al Monastero di Santa Rosa, sono stato diversi giorni a New York. Ho mangiato da Eleven Madison Park, Momofuku Ko, Blue Hill at Stone Barns, Masa, Per Se. Ma è un altro ristorante ad avermi entusiasmato: Chef’s Table at Brooklyn Fare, trasferito di recente da Brooklyn a Manhattan.
Per cenare da César Ramirez devi prenotare telefonando un mese e mezzo prima, il lunedì mattina, dalle ore 10.30. Scegli il giorno e comunichi gli estremi della tua carta di credito. Sette giorni prima del pasto, ti addebitano 385 dollari, il costo del menu degustazione, unica scelta possibile. Il giorno del pasto non sono ammessi ritardi: in America, andare a mangiare in certi ristoranti è come andare a teatro o al cinema, meglio arrivare puntuali.
Chef’s Table è dentro a un supermercato. Non è il classico, gigantesco mall americano ma un minimarket. Vende alimenti ricercati, con prodotti interessanti. A un certo punto si nota una porta senza insegna. C’è un dress code che impone giacca e camicia ma è solo per non fare confusione tra gli ospiti del ristorante e i clienti del supermercato.

Riccio, panbrioche e tartufo
Le gentili ragazze del counter ti fanno accomodare. In sottofondo, diversamente da tutti i 3 stelle Michelin che ho visitato, non c’è musica classica ma David Bowie e Talking Heads. Un’atmosfera molto frizzante e informale. Mi sento a casa.
Del ristorante, qualche tavolo e un bancone di poche sedute, colpisce subito l’arredo: nessuna mise-en-place o posate importanti, niente orpelli superflui. Dietro al bancone lavorano 5 persone, non 25 come nelle brigate di pari livello. Sono quelle che lavoreranno alla tua cena. Non noteremo mai un attimo di deconcentrazione: sanno tutti, in ogni momento, esattamente cosa fare. Tra loro c’è lo chef, di origini messicane. Lavora con una cucina Molteni, una piccola piastra stile giapponese e un forno Rational. Stop.
La cucina mette mano con efficacissima semplicità ai migliori prodotti del mondo. Scampi, ricci di mare, wagyu marezzatura 8, anatre… è tutto cucinato e impiattato davanti agli occhi del cliente, dall’inizio alla fine (uno schema che non troveresti mai in un ristorante blasonato francese: loro sono più gelosi di quello che fanno). Quaglie crude, disossate al momento, grigliate e servite. Il celebre riccio tra panbrioche e tartufo, il suo piatto firma. L’incredibile soufflé gelato al cioccolato. Tutte preparazioni buonissime, di tre gusti semplici, raccolti in un sol boccone. Non sembrava un ristorante di 3 stelle ma un’insegna con l’entusiasmo di un neofita.

César Ramirez e Christoph Bob
Si dice che
Ramirez non brilli di simpatia. Ma quale cuoco è simpatico quand’è al lavoro? Nessuno, credetemi. Con me, cliente, è stato invece molto educato e intelligente. Non dev’essere facile oggi per un messicano lavorare negli Stati Uniti. Ma
Trump dovrebbe sapere che questo signore ha preparato uno dei pranzi più incredibili della mia vita.