Era il 2002 quando a Londra si vociferava, per le cucine del Santini Restaurant vicino a Victoria Station, di questo ristorante in Spagna considerato il numero uno al mondo. El Bulli. Così per conto mio, cominciai la ricerca nell'internet café di Oxford Street, perché all'epoca con i telefoni si poteva solo chiamare, al massimo messaggiare, ma tutto il resto appariva solo da dietro quello schermo ancora così mistico, affascinante, impenetrabile.
Di giorno in giorno alimentava la mia curiosità, tanto da provare ogni possibile soluzione per arrivare a fare parte di quella brigata. Un curriculum fatto a menù con Lobster Telephone di Dalì in copertina, una lettera firmata dal mio chef Michel Roux Jr del Gavroche, un profilo completo consegnato a mano proprio ad Albert Raurich, lo chef di cucina di El Bulli in occasione di una fortunata cena nel 2004, proprio lì, tra sala e cucina, in quella che era diventata oramai una missione.
Ma nulla. Silenzio assoluto. Fino a quella email ricevuta mentre ero in pausa natalizia dal Louis XV di Montecarlo. "Sei stato selezionato per far parte della nostra brigata". Prendere o lasciare. E così giunse il marzo 2005, puntuale in Cala Montjoi, con il benvenuto proprio di Raurich: pulire sotto le pietre dell'immenso giardino, il loro battesimo.

Ferran Adrià in cucina a El Bulli
Al terzo giorno, al suo ritorno dall'America dalla cena dei cento uomini più influenti del pianeta,
Ferran per la prima volta mi rivolse la parola: «Chi di voi ha già lavorato in un tre stelle Michelin?». Una decina dei trenta cuochi alzarono la mano, io compreso. Ognuno disse dove aveva lavorato, fino al mio turno. E lui poi: «Chi ha lavorato al
Louis XV?». Risposi: «Io».
«Bene, da
Ducasse si faceva creatività?».
«No», risposi.
«Ecco, noi ogni mattina offriamo la possibilità, a chiunque abbia voglia, di partecipare alla fase creativa qui in cucina con
Oriol, questo non è da tutti». Infatti poi fu come interrompere con tutto quello che avevo appreso prima, nemmeno l'impostazione della cucina era quella classica. Tutto quello che mi avevano inculcato i francesi venne eliminato in un secondo.
La creatività al mattino appunto, le uscite nel parco naturale alla ricerca di more, mandorle, pigne novelle, finochietto selvatico e fiori; in bilico tra gli scogli con secchi d'acqua ddi mare per sbianchire gli astici o per pulire il midollo di tonno, migliaia di ricci di mare da passare in ghigliottina, i capretti da cucinare al Roner, l'acqua affumicata per le perle d'ostrica, sifoni, gelatine e arie ovunque, bilancini al decimo di grammo, spatolina in tasca, termometro al laser e poi ancora
Ferran al pass, o mentre tagliava le figurine per la bozza del suo prossimo libro, con lo sguardo vigile sul servizio, o mentre andava via di testa per una goccia d'acqua caduta nel pavimento.

Lo staff de El Bulli fotografato nel 2007
La maestria nell'accoglienza del vero padrone di casa di
Juli, l'estro creativo e la simpatia di
Oriol, la serietà di
Eduard, la goliardia di
Raurich, la velocità di
Mateu, la bravura immensa di
Albert, le foto di rito dei clienti in cucina con
Ferran,
Juan Mari Arzak che prendeva appunti in cucina da noi su un piccolo quaderno, i miei carciofi torniti alla perfezione per
Heston Blumenthal, le mille star della gastronomia mondiale fino ad allora lette solo nei libri che passavano di lì, chi per cenare, chi per uno stage anche di un giorno, ma con il fine di portare a casa qualcosa da quel tempio.
Ma anche la cena del personale composta da 60 anime che ingoiavano frettolosamente il loro pasto per godersi pochi minuti di libertà davanti al mare prima del servizio, la competizione in cucina gomito a gomito, i " km" percorsi a passo sostenuto ogni giorno in quell'immensa cucina rivestita di marmo, tanto bella quanto poco convenzionale, e poi le serate con i colleghi italiani e da tutto il mondo tra le spiagge del Mediterraneo e cale scoscese nei luoghi di Dalì.

Nicola Dinato con Elodie Dubuisson, conosciuta a Londra, ai tempi di Le Gavroche: è sua compagna nella vita e nel lavoro
Quel velo di follia costante che aleggiava nell'aria dalla plonge fino alla pasticceria, tra urla di "QUEMÓ", molle di zucchero e gocce di isomalto con olio di semi di zucca. Il teppanitro, la stanza con il prototipo di liofilizzatore e poi i prodotti da tutto il mondo, germogli e crescioni di ogni tipo, la nascita di Texturas, il design spettacolare delle stoviglie, il primo approccio con l'azoto liquido, la macchina dello zucchero filato in cucina così come mille altre attrezzature e tecniche all'avanguardia, sperimentazioni, provocazioni e perfino ironia servita su dei vassoi d'argento.
Un'apertura di mente tale che perfino l'ultimo degli stagisti arrivati poteva dire la sua su un dettaglio di un piatto, per migliorarlo, per dargli l'ultima possibilità prima di archiviarlo. Queste sono le mie fotografie di un Bulli nel 2005 all'apice della creatività. L'ultima immortala quei 7 km di una minuscola strada, sospesa tra mare e monti, che ti rimetteva in connessione con il mondo reale ma che durante il tragitto ti faceva riflettere, meditare e sognare ancora.