Domenica importante quella del 22 giugno: giusto un mese fa, si svolse a Milano, al Joia, il ristorante di alta cucina naturale di Pietro Leemann in via Panfilo Castaldi 18, telefono +39.02.29522124, la prima edizione di The Vegetarian Chance. Il concorso andava in verità ben oltre i confini del mondo vegetariano. I piatti, due a testa, otto in tutto i concorrenti, dovevano infatti essere vegani tanto che il tutto fu presentato quel giorno come il primo Vegan Cuisine Contest anche se ricordo in una preparazione il miele, per la precisione miele d’acacia da parte di Mario Gagliardi del Cascinale Nuovo a Isola d’Asti.
Nel sito di Identità abbiamo già scritto tanto, sia io (cliccare qui per favore) sia Lisa Casali (qui) piuttosto che la vincitrice, Daniela Cicioni, che l’11 luglio ha pubblicato la ricetta del suo superbo cous cous. Mancava però ancora un passaggio: le foto e un commento a tutto quanto la giuria, quindi pure il sottoscritto, ha assaggiato e giudicato.

Manuela (a sinistra, con gli occhiali) e Daniela Cicioni, sorelle gemelle, al lavoro durante la prima edizione di The Vegetarian Chance il 22 giugno al Joia di Pietro Leemann a Milano. La foto è di Giovanni Panarotto
Giornata importante ho scritto perché gli assaggi hanno confermato che per cucinare vegano non basta eliminare ogni ingrediente di natura animale. Prima di ogni altra cosa, bisogna ragionare in maniera vegana e non è affatto facile per chi non lo è abitualmente. Non a caso ai primi due posti si sono classificate due cuoche vegane anche nella vita quotidiana, la
Cicioni, quindi l’olandese
Femke van den Heuvel, terza l’onnivora
Antonia Klugmann che ha dato una visione assolutamente nuova.
Non verrà ripetuto mai abbastanza: ci sono già tante bontà vegane, in un certo senso a loro insaputa perché chi le gusta non lo fa per cambiare o almeno entrare in un nuovo mondo. Se ad esempio andiamo in pizzeria, e ordiniamo una marinara (pomodoro, aglio, origano e olio), mangeremo vegano così come se ci prepariamo un piatto di spaghetti pomodoro e basilico o una ricca insalata mista. Sul momento ci sta, ma non esiste una vita così.
Io che vegano non sono - e che difficilmente lo diventerò -, penso che il futuro della cucina abbia tre orizzonti interscambiabili tra loro. Agli estremi, da una parte i vegani e dall’altra chi adora mangiare la carne, indiani e argentini guardando a questi popoli come a esempi ben precisi.
E in mezzo? Mare, fiumi e laghi, chi insomma consuma pesce ma si è lasciato alle spalle la carne e spesso si professa pure vegetariano, per me una posizione da fariseo perché troppo comoda.