L'India è sempre più al centro degli obiettivi di esportazione delle eccellenze agroalimentari italiane, a cominciare dall'olio d'oliva. Il Subcontinente è infatti il primo importatore a livello mondiale e il terzo maggior consumatore di olio, ma va detto che il dato si riferisce in generale all'olio commestibile. Il prodotto più usato nel Paese, per le abitudini alimentari locali, rimane l'olio di colza mentre la quota di mercato dell'olio d'oliva ha ancora dimensioni contenute con lo 0,1% dei 3,5 milioni di tonnellate di olio totali.
Tuttavia, l'India presenta ampie possibilità di crescita – con un andamento del +40-50% negli ultimi 3 anni – secondo i dati presentati lo scorso novembre nella conferenza stampa “Olio d'Oliva: il futuro nei consumi e nell'export indiani tenuta dal Ceq-Consorzio Extravergine di Qualità presso il ministero delle Politiche agricole in occasione della presentazione conclusiva di Oliveitup, campagna triennale finanziata dall'Unione Europea e realizzata dal Ceq per la promozione dell'olio d'oliva europeo in India in collaborazione con il Mipaaf.

Oliveitup è una campagna triennale finanziata dall'Unione Europea e realizzata dal Ceq per la promozione dell'olio d'oliva europeo in India
Sumit Saran, dell'ente esecutore in India della campagna, ha spiegato che il mercato alimentare indiano raggiungerà nel 2020 un valore di 900 miliardi di dollari (rispetto ai 330 attuali) e che entro il 2015 il consumo di olio in India – totalmente dipendente dalle importazioni - dovrebbe toccare i 25 milioni di tonnellate. Fattori avversi sono la preferenza per la sansa e, soprattutto, i prezzi troppo elevati per i consumatori medi. «Serve molta convinzione nel creare la giusta consapevolezza nella popolazione che l'olio d'oliva è una alternativa sana alla cucina indiana - afferma
Elia Fiorillo, presidente del
Ceq - In questi tre anni abbiamo lavorato in questo senso, per promuovere abitudini di vita sane e diffondere una corretta conoscenza delle fantastiche proprietà dell'olio».
E la promozione di un prodotto come l'olio non può prescindere dalla conoscenza del territorio stesso. Così anche nel 2012 alcuni giornalisti indiani sono stati ospiti delle maggiori aziende olivicole italiane associate al
Ceq visitando oliveti, frantoi e oleifici nel momento della lavorazione, per conoscere da vicino la filiera olivicola assaggiando e partecipando a mini corsi di cucina per la preparazione di piatti indiani con l'extravergine. Per la prima volta, si sono uniti anche due giovani chef indiani vincitori di un concorso nazionale organizzato dal
Ceq.
Soddisfatto il presidente degli industriali indiani
Vn Dalmia: «Il Consorzio ha svolto un ottimo lavoro nel far conoscere in India l'olio d'oliva, come testimonia l'aumento delle importazioni che nel 2012 sono cresciute del 42% rispetto all'anno precedente. Gli oli d'oliva europei continuano a dominare le importazioni con una quota dell'85%, di cui il 47.57% dalla Spagna e il 35.81% dall'Italia».
L'aumento dei consumi di olio d'oliva – anche se non sempre extravergine – in India ha un risvolto sociale, oltre che economico. L'India infatti detiene il poco invidiabile primato di pazienti cardiaci, circa il 10% della popolazione (oltre 100 milioni di abitanti). Secondo i dati della
World Health Organization nel 2015 le malattie cardiache saranno la prima causa di decessi nel Paese, dove sono in crescita obesità, diabete e pressione alta. L'olio d'oliva – che con i suoi alti contenuti di grassi mono-insaturi e antiossidanti può sostituire altri oli meno salutari nella cucina indiana – rappresenta un ottimo strumento per migliorare la salute della popolazione indiana, oltre che quella dell'economia europea.