In Francia, che vuol dire soprattutto Parigi, c’è aria di rinnovamento. Ed è un lento processo che dura ormai da tempo e non riguarda solo i cosiddetti interpreti della celebrata bistronomie, ovvero quegli attenti discepoli di Inaki Aizpitarte fuoriusciti da una delle cucine europee più estrose per provare a seguire la propria strada creativa. Anche i nomi altisonanti della cuisine d’oltralpe hanno avviato un percorso interessante teso a proporre nuove formule o a rilanciare la cucina tradizionale presso una clientela più moderna.
Premesso che si sta parlando di Parigi, una città che vive di un turismo massiccio 365 giorni all’anno (quindi con un bacino di clienti molto più esteso e vario rispetto a buona parte delle capitali europee), vale la pena di fare qualche esempio.

Uno dei piatti del Lazare di Frechon: Saint-Jacques adagiate su un letto di riso al pistou
Il primo, e tra i più interessanti, è quello di
Lazare, la nuova
brasserie (ha aperto a settembre 2013) a firma di
Eric Frechon, il cuoco stellato del
Bristol e del
Palais. Ospitato all’interno della rinnovata e lucente
Gare Saint-Lazare, il locale, che supera i cento coperti, è diventato in breve tempo uno dei punti di riferimento parigini del mangiare bene a prezzi più contenuti (ricordiamolo, significa pur sempre mettere in preventivo una spesa che si aggira sui 50 euro), approfittando di una cucina ricca, gustosa e capace di mettere in tavola piatti sinceri e molto “francesi” in un ambiente meno formale.
Il menu, organizzato come un foglio di giornale, recita piatti del giorno, chiamati
“Les Petites Annonces de la Semaine” come le
Quenelles de brochet con salsa nantua, la
Fricassea di volatili, il
Boeuf della borgogna e la
Brandade di merluzzo gratinato. Senza contare qualche delizia più gourmettara, come le
Escargot gratinate al pomodoro, l’
Agnello cotto sette ore (confittato al limone e con olive), le inevitabili
Saint-Jacques al pistou (con la sorpresa che le capesante sono adagiate su un letto di riso al pistou!), o dolci sensuali come la
Crepe suzette e l’
Ile Flottante alla violetta.

Escargot gratinate al pomodoro
Noi siamo capitati un martedì sera, a sette mesi dall’apertura, e il
Lazare non contava una sola sedia libera. Con la danza senza sosta dei camerieri in sala (tra qualche difficoltà vista la vicinanza dei tavoli) a lasciare intendere che da queste parti la crisi è un ricordo ben lontano, per non dire quasi fastidioso perfino da ricordare. E il
Lazare funziona per tutto il giorno, dalla colazione ai the pomeridiani, fino al dopo cena, visto che il banco del bar che si apre agli occhi entrando indistintamente dall’interno della stazione dei treni o dalla piazzetta esterna, invita alla sosta.
La carta dei vini (nella quale è praticamente impossibile restare sotto i 30 euro a bottiglia) recita una litania di nomi più da grande ristorante che da brasserie (non ricordo di aver visto in giro molte brasserie con un
Margaux Cantenac-Brown o un
Batard-Montrachet…), ma volendo ci si può affidare a bevande meno onerose come il sidro di Normandia firmato
Le Pere Jules o la birra
Pelforth Brune.
1. continua